La memoria attraverso il cinema
La memoria, recita il vocabolario, è la capacità della psiche umana di riprodurre, di riconoscere l’esperienza passata e collocarla nello spazio-tempo. La memoria è prima di tutto la nostra identità e la nostra storia. La perdita di memoria rappresenta l’evanescenza della propria singolarità, l’incapacità di riconoscersi e di conseguenza la perdita del tempo trascorso. Il cinema si è interrogato svariate volte su questo tema: sulla costruzione di una memoria personale e collettiva, come sulla perdita di quest’ultima. I registi hanno declinato tematicamente e tecnicamente varie tipologie di “memoria” nei film.
In 50 volte il primo bacio (2004), commedia demenziale di Peter Segal, viene raccontata la perdita di memoria di Lucy in seguito a un incidente d’auto. La protagonista è bloccata nel giorno dell’incidente; ogni mattina è convinta di vivere sempre nello stesso giorno che cancellerà una volta andata a letto. Henry, interpretato da Adam Sandler, troverà un modo per aggiornarla di tutto ciò che è successo dopo la perdita di memoria; ogni giorno bisogna fare a Lucy una sorta di riassunto della sua vita post-trauma.
Tralasciando la trama, questo film è interessante perché fa della perdita e ricostruzione delle memoria di Lucy la tecnica narrativa del film. Segal agisce soprattutto sul piano temporale della pellicola in funzione della ritmicità delle giornate vissute da Lucy; per fare questo si avvale di numerose accelerazioni. La prima accelerazione la troviamo all’inizio del film e ci mostra i ripetuti primi incontri tra Lucy e Henry. Le altre due sequenze mostrano l’insieme dei primi baci fra i due protagonisti e il continuo senso di precarietà di Henry difronte alla fragilità di Lucy. Segal usa la perdita di memoria in funzione del continuo rinnovamento della storia d’amore dei due protagonisti.
Lettere di uno sconosciuto (2014), presentato a Cannes nella sezione Un certain regard, è un film del regista cinese Zhāng Yìmóu che racconta la perdita di memoria in seguito a uno shock. Lu è costretto a fuggire di casa in seguito alla rivoluzione culturale cinese. A causa dell’abbandono del marito, Feng inizia a soffrire di amnesie. La donna si ricorda dell’uomo ma non riesce a riconoscerlo, vivendo in un’eterna attesa; una volta tornato a casa, Lu inizierà una riabilitazione psicologica nei confronti di sua moglie.
Il regista cinese racconterà la riabilitazione di Feng attraverso la rievocazione. Dalla musica a svariati espedienti visivi, ripercorre i punti salienti della vita della donna che ha perso se stessa. Uno dei mezzi più efficaci è la lettera; infatti, attraverso la parola scritta Feng riesce a ricordare quei singoli episodi narrati, l’amore per suo marito e sua figlia, gli anni trascorsi a difendersi dagli uomini di Mao Zedong. Yìmóu racconta la rievocazione della memoria che diventa la ciclicità di un tempo ormai perso.
Un film recentissimo che sarà distribuito in Italia dal 4 febbraio prossimo è Remember di Atom Egoyan. Presentato all’ultimo Festival di Venezia, il film del regista canadese racconta anche qui la perdita di memoria in seguito a uno shock ma di natura totalmente diversa rispetto a quello del film analizzato in precedenza.
Zev è un novantenne affetto da demenza senile che vive in una casa per anziani. Il tatuaggio sull’avambraccio ricorda al protagonista che è stato un prigioniero di Auschwitz. Intento a vendicare la sua famiglia, Zev parte alla ricerca del gerarca nazista che l’ha reso orfano.
Questo film gioca su due declinazioni di memoria: la prima è quella di Zev perduta a causa della demenza senile, la seconda è la memoria persa in seguito allo shock dell’esperienza nel campo di concentramento; infatti, si scopre solo sul finale, con un pazzesco colpo di scena, che anche il protagonista è stato un gerarca nazista. Il regista costruisce un film lineare in crescendo che solo sul finale rivela la tragicità dell’esperienza del novantenne protagonista; la brutalità degli atti compiuti ad Auschwitz hanno causato un trauma tale da aver cancellato la sua esperienza da SS. Il punto di vista raccontato da Egoyan è singolare e ricco di non pochi spunti di riflessione.
Si potrebbero fare infiniti esempi di concezione della memoria al cinema, ultimo in questa analisi è Francofonia (2014) di Aleksandr Sokurov. Il regista non narra d’individui alle prese con la memoria ma racconta la storia del Louvre durante l’occupazione nazista. Questo film è l’esempio che non bisogna parlare di memoria in senso stretto per raccontare la memoria. Attraverso una serie di documenti storici che attraversano la vita del museo più grande del mondo, Sokurov ci parla della storia di una città, dell’identità culturale di un popolo e della memoria della Francia stessa.
La memoria al cinema può essere declinata nei più svariati modi e in questo ci aiuta a comprendere eventi storici, personaggi, situazioni e parti recondite dell’individuo. Ancora tante varianti su questo tema saranno dipinte sul grande schermo, perché il cinema a sua volta è memoria.
Antonio M. Zenzaro
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