Il Macbeth di Argento a Pisa
Ho voglia di raccontare le cose assurde che abbiamo dentro di noi, la bellezza, ma anche la bruttezza degli uomini. (Dario Argento)
La città di Pisa lo scorso Marzo ha avuto l’onore di ospitare il maestro del brivido del cinema italiano, Dario Argento.
Il cineasta è arrivato a Pisa in occasione dell’attesissima messa in scena del Macbeth di Verdi che, dopo la rappresentazione a Novara due anni fa, in occasione del bicentenario verdiano, è approdato anche al Teatro Verdi di Pisa a concludere venerdì 27 e domenica 29 Marzo una stagione di assoluto successo.
Dario Argento è giunto in città il 19 Marzo e si è fermato a Pisa per un’intera settimana per seguire da vicino l’allestimento e le prove dello spettacolo fino alla prima di venerdì sera.
Non capita certo tutti i giorni di poter incontrare a spasso per la propria città un nome così noto al grande pubblico come Dario Argento e, per l’occasione, Tuttomondo non poteva certo lasciarsi sfuggire l’opportunità di seguire da vicino la risonanza che la presenza del regista ha suscitato.
A tutti noi Dario Argento è noto per alcune pellicole memorabili, dei veri proprio cult movie, come “L’uccello dalle piume di cristallo”, “Profondo Rosso” e “Suspiria”, che hanno portato alla ribalta in termini di qualità e successo il cinema di genere nel nostro paese.
Inedito è invece vedere il regista alle prese con il teatro e in particolare con l’opera lirica.
Il maestro del brivido ha esordito a teatro nel 2013, portando in scena proprio il Macbeth di Verdi e di recente ha rinnovato la sua passione per l’opera lirica, debuttando nel 2015 al teatro Carlo Felice di Genova con la Lucia di Lammermoor di Gaetano Doninzetti.
Macbeth è la decima opera di Verdi, tratta dal libretto dell’omonima tragedia di Shakespeare, che Dario Argento ha deciso di portare nuovamente sul palco, non tradendo la sua vocazione di regista del grande schermo.
Il maestro del brivido sembra d’altronde essere particolarmente legato a quest’opera verdiana.
Il suo film del 1987, Opera, prendeva avvio proprio alla vigilia del debutto a teatro di una rappresentazione del Macbeth, la cui messinscena si accompagna a ineluttabili sventure.
E in effetti, su ammissione dello stesso regista, il Macbeth, andato in scena al Verdi lo scorso mese, ne ha voluto riproporre in parte atmosfere e ambientazioni.
Dopotutto la più cruente ed efferata tra le opere shakespeariane e la grandiosità delle melodie di Verdi ben si adatta alle suggestioni più care al regista.
E al di là delle critiche che hanno visto contrapposti i conservatori dell’opera e quelli che si aspettavano invece di vedere sul palco un Macbeth più autenticamente argentiano, è indubbio che il regista abbia saputo portare dentro l’opera lirica parte del suo background cinematografico in maniera del tutto riconoscibile.
Almeno due le citazioni dai suoi film negli impiccati sullo sfondo nel primo atto, somiglianti al terrificante bambolotto di Profondo rosso (1975), pellicola al quale il regista sembra aver guardato anche per l’omicidio di re Duncano, la cui immagine, insanguinata dietro il vetro di una finestra, non può non far venire in mente quella dell’assassinio iniziale di Helga Ulmann.
Lo stesso Argento ha dichiarato la sua predilezione per questa tragedia verdiana con le sue atmosfere cupe e mefistofeliche. Macbeth e sua moglie sono una coppia diabolica, capace di macchiarsi di delitti efferati in nome di una insensata sete di potere, divenuta rovinosa ossessione omicida.
L’opera è stata ambientata dal regista al tempo della I guerra mondiale, il conflitto più feroce e sanguinario, scelta che, con le sue scene di battaglie e bombardamenti proiettati sul fondo, è stata capace di accrescere e aggiungere forza visiva alla violenza che si consumava nel contempo sul palco.
foto di Giulia Ponti
E nonostante gli abiti dei protagonisti, a volte troppo austeri, e certe scelte scenografiche (i bambini impiccati sullo sfondo o il cavallo morto sul palco) non abbiano saputo sempre rendere giustizia alla fisicità degli attori e alle esigenza drammaturgiche dell’opera, Dario Argento è riuscito a portare sul palco del Verdi la sua esperienza di regista cinematografico in modo assolutamente credibile.
Di certo il Macbeth di Argento è diverso da quello che siamo stati abituati a vedere fino a ora.
Lo spirito e le atmosfere che pervadono l’opera sono assolutamente peculiari. Numerosi gli effetti speciali, originali alcune scelte recitative (le tre streghe ad esempio sono tre giovani e gradevoli fanciulle completamente nude sul palco, la cui voce è stata affidata ad un coro femminile collocato alle loro spalle) e tanti i colpi di scena, dall’uccisione di Bancquo alla decapitazione sul palco di Macbeth tra zampilli di sangue.
Foto di Mario Finotti
In effetti lo spettatore ha visto sul palco uno scorrere di sangue, una violenza e una sensualità forse per la tradizione dell’opera lirica.
Elementi che hanno trovato il loro giusto contrappunto nell’esecuzione delle partiture musicali da parte dell’orchestra del Festival pucciniano, diretta, per l’occasione, dal trentacinquenne maestro e direttore Simon Krečič che, con un’ esecuzione precisa e cristallina delle musiche verdiane, ha saputo controbilanciare bene certi virtuosismi visivi adottati da Argento sul versante della regia.
foto di Giulia Ponti
La critica tuttavia non è stata univoca nel recensire la performance di Argento, certi espedienti e alcune scelte stilistiche non hanno convinto fino in fondo.
Resta il fatto però che la prima del Macbeth, preceduta il 25 da un’anteprima riservata alle scuole, ha riempito il Teatro Verdi con un pubblico composto, cosa non così scontata per la lirica, da molti giovani e da alcuni giovanissimi.
Mettiamo in conto che Verdi sia sempre una garanzia e che la notorietà di Dario Argento valga da se l’acquisto di molti biglietti, resta il fatto che, tranne qualche fischio, il Macbeth di Argento non sembra aver deluso il pubblico, il quale per alcuni minuti non ha lesinato applausi agli attori e allo stesso regista arrivato sul palco per ringraziare.
Usciti da teatro i dubbi e le perplessità erano palpabili, ma nonostante ciò il Macbeth di Dario Argento sembra non aver lasciato indifferente il pubblico, almeno a sentire i tanti commenti post spettacolo.
E se vale il detto “Nel bene e nel male, purché se ne parli”, l’eco che il Macbeth di Argento ha suscitato basta di per sé a riconfermare come non sia così scontato il contributo che anche il cinema e i suoi registi siano in grado di dare al mondo, poco frequentato dal grande pubblico, della lirica.
Certo la lirica ha peculiarità e specificità formali che la contraddistinguono, ragione per cui la presa diretta dell’azione, la necessità di organizzare lo spazio scenico in funzione dell’esigenza delle voci sul palco, implicano scelte a volte molto lontane da quelle che consente l’uso della macchina da presa in un film. Ma, a mio avviso, Dario Argento ha saputo sperimentare con intelligenza questo inedito sincretismo di linguaggi e, senza osare troppo (forse consapevolmente), ha cercato di individuare nuovi punti di tangenza tra mondo della lirica e mondo del cinema.
Il che, in una realtà in cui l’arte stessa ridefinisce di continuo i suoi confini, non può che essere un’occasione affinché l’opera non smetta di parlare a tutti noi il linguaggio universale dell’essere uomini
Biancamaria Majorana
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