Il mio tempo Different Shape
Un giovanissimo regista, un gruppo attoriale misto, composto da quattro italiani e quattro giapponesi, una scenografia minimale, un tavolo, qualche sedia, due schermi, uno per la traduzione del testo, l’altro per i titoli dei capitoli che compongono la messa in scena: sono questi gli ingredienti base dello spettacolo IL MIO TEMPO Different Shape della compagnia giapponese Mum&Gypsy, che ha aperto la stagione del Teatro Era lo scorso 23 settembre, dopo i successi europei di Dots, Line and Cube. Per questa produzione si sono aggiunti ai membri della compagnia alcuni attori italiani, selezionati durante le esperienze formative nel corso del tour 2014.
Siamo in un piccolo albergo di periferia, una periferia che in realtà è un non-luogo, appartenente forse più alla mente, ai ricordi.
Qui si incontrano i viaggiatori e i dipendenti dell’albergo.
Ognuno mantiene la propria peculiarità, non ci sono differenze tra italiano e giapponese, la lingua del teatro non crea incomprensioni .
Le storie e i personaggi si mescolano, il tempo scorre quasi senza lasciare traccia. Lo spettacolo è come un libro illustrato da sfogliare: capitolo dopo capitolo si delineano i tratti dei protagonisti. C’è chi è all’albergo da così tanto tempo che comincia a crederlo la propria casa, chi s’innamora, chi ha una perenne tristezza in fondo agli occhi…
Ognuno però è alla ricerca di risposte:-Dove sono? E Quando? Qual’è il mio tempo?- Si chiedono i personaggi. Il consueto, il solito, il quotidiano vanno a braccetto con domande esistenziali e profondissime.
Il tema della ricerca è rappresentato dal viaggio e incarnato nei viaggiatori, nella scelta di un luogo di confine come l’albergo, luogo per eccellenza effimero, mai uguale a sé stesso eppure immobile. Di grande effetto le soluzioni sperimentate dal gruppo attoriale per descrivere, senza l’utilizzo dei veri oggetti, piccole azioni quotidiane, come l’uso dell’ascensore o della bicicletta.
Takahiro Fujita, il giovane regista, classe 1985, intende la pièce come un divenire e non limita il processo di ricerca alla fase creativa, ma lo porta in scena per farne parte integrante della performance di fronte ad un pubblico.
Questo rende lo spettacolo un’ottima prova aperta, che ha ancora spazio di manovra su numerose questioni.
La ricerca di Fujita però non nasce dal bisogno di giungere ad una conclusione, ad una verità, per quanto piccola, ma cerca l’intreccio, il contatto con l’altro, in senso universale, in tutti i modi in cui si è capaci di declinarlo; Una poetica in costante divenire.
Chiara Lazzeri
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