Dopo Simone Nardini, Tuttomondonews intervista Ilaria Suss, per parlare della sua carriera nel mondo del musical come performer, coreografa e ballerina.
1. Photo by courtesy of Ilaria Suss.
Ilaria Suss, in seguito alle prime esperienze come ballerina solista nei gala dell’operetta, frequenta e si diploma presso l’accademia professionale MTS Musical! the School. Lavora in televisione per programmi come Ci vediamo su Rai 1 e ottiene piccoli ruoli in spettacoli di prosa.
Come performer Ilaria Suss lavora per varie realtà italiane. Da ricordare sicuramente la lunga collaborazione con la Compagnia della Rancia che porta a show come Pinocchio Il Grande Musical e Cabaret.
È inoltre assistente coreografa in Anything Goes, Toc Toc a Time for Musical, High School Musical, Happy Days, Frankenstein Junior, Cercasi Cenerentola, Newsies, Dirty Dancing-The classic Story on Stage, molti dei quali per la Compagnia della Rancia e in collaborazione con Gillian Bruce.
È coreografa di molti spettacoli presso il Casinò di Campione d’Italia, di Mina Vagante, per la regia di Sandro Querci e del musical Oklahoma!, regia Luca Savani.
A livello internazionale Ilaria Suss, sempre con Pinocchio, vola in Corea e a New York. Firma inoltre le coreografie di Be Italian, il primo spettacolo italiano che debutta in Paraguay nel 2016 per la regia di Giuseppe Fontani.
2. Ilaria, in una scena di Cabaret della Compagnia della Rancia. Photo by courtesy of Ilaria Suss.
Al suo amore per il musical unisce quello del tip tap, diventando uno dei nomi di spicco del panorama italiano, sia come docente che come tapdancer, ad esempio nei Tappers, un gruppo di ballerini di tap tutto italiano.
Ilaria Suss affianca alla carriera di performer e coreografa quella di docente di jazz, tap dance e repertorio musical in molteplici scuole, professionali e non, tra cui MAS Music Arts & Show, STM scuola del teatro musicale e MTS Musical! the School.
Attualmente Ilaria è impegnata, oltre che con l’insegnamento, con progetti artistici come Harp and Tap e The Collective Swing Crew di cui parlerà nell’intervista.
Ilaria Suss, è un grande piacere averla come ospite per questa intervista. Partiamo subito con la prima domanda. Ci racconti un po’ di lei, che cosa le piace in particolare del suo lavoro?
«Grazie a te per l’invito e un saluto a tutti i lettori. Cavoli! Sei “partito subito”… e subito con una domanda da super-premio finale!
La prima cosa che mi verrebbe da dire… e quella che alla fine scelgo di rispondere è “tutto!”. Perché provare ad elencare cosa mi piace – lo stare su un palco, come vedere i miei allievi crescere e salirvi a loro volta; le emozioni che provo, come quelle che sento di trasmettere; l’immensità delle sfaccettature di questo mondo, che permettono di studiare e scoprire cose sempre nuove; la costante condivisione e scambio artistico con i colleghi, sorgente ed essenza della creatività; la libertà di spaziare e di lavorare in ciò che ti appassiona… – sembra suggerire un ordine di priorità e un senso di esaustività che limiterebbe il significato della risposta».
3. I tipi del tap, photo by courtesy of Ilaria Suss.
Quali sono stati i suoi spettacoli preferiti, durante la sua carriera, e perché?
«Una parte della mia carriera professionale è nel mondo del musical e il mio primo musical, Pinocchio della Compagnia della Rancia, è indubbiamente uno di quelli che più porto nel cuore: mi ha immerso in quel singolare ambiente e mi ha portato in giro per il mondo. L’esperienza dei Tappers, perché è stata la prima occasione di sperimentarmi in uno spettacolo interamente di tip tap. Frankenstein Junior, sempre della Rancia, stupenda esperienza che ho vissuto da assistente coreografa. Be Italian, incontro di due mondi e di due modi, quello italiano e quello paraguaiano, di vivere l’opera musicale, che porterò sempre con me».
Ha un ricordo a cui è particolarmente legata nella sua carriera di docente, performer e coreografa e che vorrebbe condividere con Tutto Mondo?
«Beh, giusto per ridere su quanto le emozioni ti possano travolgere in questa professione, non posso non citare la volta in cui, con la collega e amica Nadia Scherani, avremmo dovuto raggiungere Firenze per l’inizio della tournée di Pinocchio, salvo salire sul treno, un diretto per… non ricordo nemmeno dove siam finite… eppure riuscimmo, con mille peripezie, ad arrivare in tempo. Quando ci vediamo, ne ridiamo spesso… che ballerine!».
Ilaria, lei, grazie alla sua esperienza nel mondo del musical è doppiamente legata al tip tap e alla danza jazz. Chi sono i suoi punti di riferimento all’interno di questi due stili?
«Anche qui sono tanti, anche perché credo nel valore della varietà: Bob Fosse, Gus Giordano, Jerome Robbins, Michael Bennett, Gene Kelly, Bill Robinson, Gregory Hines, Liza Minnelli, Judy Garland… e miliardi di altri».
4. Photo by courtesy of Ilaria Suss.
Che cosa significa per lei tap dance e che cosa jazz dance?
«Nella mia esperienza la jazz dance è davvero qualcosa che, come si dice abbia sostenuto Gus Giordano, “richiede la stessa feroce dedizione che ci si aspetta dal balletto, ma emancipa l’anima e libera lo spirito”; la tap dance è l’unione di danza e musica: nel tap balli con il corpo e suoni con i piedi».
Torniamo al musical, qual è o quali sono i suoi musical preferiti?
«Di nuovo sarebbe una lunga lista, ma al primo posto, indiscusso, 42nd Street: poco più che ventenne, ero per la prima volta a New York, a Broadway e vedevo il tip tap – che amavo da sempre – in un travolgente musical. Citarne altri vorrebbe dire far difetto a quelli che non citerei».
Ilaria, lei è stata membro dei Tappers, il primo gruppo di ballerini di tap tutto italiano. Le va di raccontarci qualche aneddoto in merito?
«È stata una bellissima esperienza, che ho appunto citato prima tra quelle che ricordo con più affetto. Come ti dicevo, tutto ruotava attorno al tap ed è stato il mio primo spettacolo integralmente di tip tap. Un aneddoto? Sai, quando si dice che il turnover è arricchente perché porta energie e idee nuove, si dice il vero. Quel che non si dice è che porta anche un sacco di ore di prova in più!».
5. Harp and Tap, Ilaria e Adriano Sangineto, photo by courtesy of Ilaria Suss.
Parliamo adesso di Harp and Tap, uno spettacolo che unisce il suono dell’arpa celtica di Adriano Sangineto a quello derivante dai passi di tip tap e di cui pochi giorni fa è uscito un piccolo estratto su Youtube. Come è nata l’idea di unire questi due mondi?
«Si è creata una curiosa occasione quando un arpista e una ballerina di tap si sono incontrati a una lezione di tip tap. Vedi, come diceva Jason Samuels Smith nella tua intervista, il tap è danza e musica. In Harp and Tap la sinergia tra l’arpista e la ballerina, è anche quella tra l’arpista e la percussionista. Mettici poi che nella tradizione irlandese trovano posto sia l’arpa che parte delle origini del tap e in un certo senso i pezzi del puzzle erano già lì: serviva solo si incrociassero un arpista e una tapdancer».
Non solo tap e jazz ma persino swing. Ci parli un po’ di questo genere, cosa l’ha spinta ad avvicinarsene? Quali sono i suoi progetti in merito? Mi riferisco in particolare a The Collective Swing Crew e il trio, tutto al femminile, Le Vanilla.
«Lo swing è un genere che mi affascina da tempo, non solo come genere musicale, ma anche come stile in senso più generale, senza dimenticare che è un genere che condivide molte radici con il tap. The Collective Swing Crew nasce da un’idea di Matteo Capizzi di riunire un eclettico gruppo di artisti che hanno come denominatore comune lo swing, pur provenendo da variegate precedenti esperienze artistiche. Visto il periodo, in cantiere ci sono ancora molti video, ma in progetto c’è l’idea di uno spettacolo swing per il teatro. Le Vanilla sono l’espressione della complicità e della condivisione che è spontaneamente emersa con Valeria Bonfanti e Nicole Pipino, dopo che ci siamo conosciute nel collettivo. È un progetto incentrato sul confronto, sul reciproco scambio, in cui ci stiamo sperimentando e che promette interessanti sviluppi».
6. il trio Le Vanilla. Da sinistra Ilaria, Valeria Bonfanti e Nicole Pipino. Photo by courtesy of Ilaria Suss.
All’inizio dell’intervista ha accennato a Be Italian, il primo spettacolo italiano che ha debuttato in Paraguay per la regia di Giuseppe Fontani e di cui lei è stata coreografa. Lei stessa lo ha definito come un incontro tra mondi e modi differenti di vivere il teatro, in particolare quello musicale. Quali sono queste differenze e come le ha vissute grazie a questa esperienza?
«Guarda, da quello che ci hanno riportato i componenti paraguaiani del cast, da loro era maggiormente marcata la suddivisione tra ruoli e si sono sperimentati per la prima volta nella necessità, imposta dal teatro musicale, di mescolare più discipline contemporaneamente. Al di là di questo erano davvero due mondi differenti, nella quotidianità. Parte del cast era italiano e parte paraguaiano: lingua, tempi, ritmi, modi, aspettative, cose date per ovvie ma non tali, … piccole e grandi cose su cui era quotidiana la necessità di trovare un punto d’incontro. Per quel che riguarda me, tutte le energie che l’esperienza ha richiesto sono state ripagate al punto che più d’una volta mi son detta “Voglio tornare in Paraguay”».
Con lo scoppio della pandemia, molto del lavoro di docente si è spostato online. Come le nuove tecnologie, in particolare internet, e il nuovo accesso alle informazioni hanno influenzato il suo lavoro?
«La cosa più evidente trovo sia che la tecnologia non riesca ad essere sostitutiva, ma possa fornire efficaci soluzioni ad almeno parte dei problemi conseguenti all’impossibilità di effettuare la didattica in presenza e che senza la tecnologia non avremmo. Se la tecnologia non mi ha, per esempio, permesso di svolgere una lezione di tip tap dalla camera del condominio in cui abito, mi ha certo permesso, costringendomi a farlo, a ripensare la didattica perché fosse utile all’allievo anche nei limiti imposti da questa forma.
Del nuovo accesso alle informazioni, invece, che dire? Nella danza, come in ogni altra disciplina, penso sia un bene che oggi si possa accedere a una quantità di contenuti ieri impensabile, l’importante trovo sia cercare un modo utile per scegliere in questo mare di fonti e contenuti. È qui che torna a galla l’importanza della formazione tradizionale: pone le basi per poter comprendere e discriminare i contenuti e le fonti, nonché, come nella maggior parte delle discipline, a non farsi del male o far danni».
7. Photo by courtesy of Ilaria Suss.
Vista la sua esperienza come docente in materia, cosa suggerisce a chi si approccia al tip tap o alla jazz dance qui in Italia?
«Per questa domanda non posso che accodarmi all’invito che Jason Samuels Smith ha già avanzato “su questi canali”: studiare a proposito del tap e della sua storia. Perché tutta la sperimentazione, tutta la pratica, tutto lo scambio e il confronto con gli atri artisti, stili e generi musicali, non può prescindere dalle radici di questa arte.
E dalle radici, poi non si è mai arrivati: io non ho nessuna intenzione di smettere di studiare, anche a loro consiglio di non smettere mai».
Quali sono i suoi piani per il futuro?
«È da un po’ che chiacchieriamo, il mio piano principale è vedere realizzarsi i progetti di cui abbiamo parlato. E poi, chissà… speriamo vis-à-vis, intanto un saluto a tutti».
Ringraziamo Ilaria Suss per il tempo che ci ha dedicato.
Per ulteriori informazioni e approfondimenti potete trovare Ilaria Suss su Instagram.
Link utili: le pagine Facebook e Instagram di Le Vanilla e le pagine Facebook e Instagram di The Collective Swing Crew.
Photocredits: 1.- 4. e 7. Photographer Marco Rigamonti. 2. e 3. Photographer Photojù Giulia Marangoni. 5. Photographer Lore_txt. 6. Photographer Gianluca Gualtieri (IG: portaitslover).
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