Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
(Dante Alighieri)
Incipit: terza persona singolare del verbo latino incipere che sta per l’italiano iniziare.
Siamo appena entrati in una libreria alla ricerca di una nuova lettura, migliaia di titoli affastellati sugli scaffali. Ed ecco il solito dilemma: cosa scegliere? Una copertina dai colori forti ha attirato la nostra attenzione,ci avviciniamo, prendiamo il libro, lo apriamo distrattamente, sfogliando le pagine in ordine sparso.
Il palmo della mano accarezza la carta ed ecco il nostro occhio cade sulle prime righe, sperando che bastino a dirci che, sì, quello è esattamente il libro di cui avevamo bisogno.
Poche parole a racchiudere un mondo o forse a lasciarne fuori infiniti altri possibili: questa è la sfida e la missione di ogni incipit nella storia della letteratura. L’inizio è sempre una fase cruciale e delicata, è quel preciso momento in cui si decide di mettersi in discussione, di mescolare le carte in tavola per farsi largo nel mondo.
E questo vale ovviamente anche nel molteplice universo della narrazione.
Dal C’era una volta in un paese lontano, lontano…, formula rituale dei nostri sogni di bambini, agli incipit dei grandi romanzi, nulla di quelle parole, con cui prende avvio una storia, viene mai lasciato al caso. L’incipit è come un’essenza concentrata, c’è già tutto; e poche righe, a volta una sola frase, bastano a evocare un intero mondo narrativo, che magari si dipana per centinaia e centinai di pagine. Certo l’Incipit non è tutto e, da solo, non basta a decretare il successo o meno di un buon libro, ma, come si dice, chi ben comincia è a metà dell’opera e il buongiorno si vede dal mattino.
E un buon inizio è spesso la carta vincente affinché il lettore vada avanti con la lettura, senza aggiungere quel libro tra i tanti iniziati e mai finiti.
Pensateci bene, quante volte un incipit fiacco vi ha spinto a chiudere il libro e a metterlo nel dimenticatoio?
L’Incipit è fondamentale. Come in musica la tonalità permette di determinare il ritmo di un’intera sinfonia, così l’attacco di un romanzo diverrà per il lettore la chiave musicale per capire la melodia dell’intero racconto.
Ma non finisce qui.
L’incipit è anche il momento in cui lo scrittore decide di rinunciare agli infiniti mondi della sua fantasia per determinare quello da plasmare con le parole. Iniziare significa scegliere la grammatica della propria fantasia, trovare il modo, di esprimere la vastità del pensiero, nella forma oggettivata della parola.
Arriva il punto nel quale chi scrive deve scegliere cosa raccontare. Ma allo stesso tempo ogni inizio ha già qualcosa alle sue spalle, esso si riferisce a un mondo che esiste già da prima e al di fuori dalla pagina scritta e che da esso trae la propria linfa.
Cosa significhi la parola inizio, lo spiega molto bene Italo Calvino in appendice alle Lezioni Americane, dove scrive: “Fino al momento precedente a quello in cui cominciamo a scrivere, abbiamo a nostra disposizione il mondo (…), senza né un prima né un poi, (…). Ogni volta l’inizio è quel momento di distacco dalla molteplicità dei possibili: per il narratore è l’allontanare da sé la molteplicità delle storie possibili, in modo da isolare e rendere raccontabile la singola storia che ha deciso di raccontare”
Iniziare, per uno scrittore, significa rinunciare a tutte le storie possibili per decidere di raccontarne una, un pò come il bambino davanti al banchetto dei dolci al Luna Park. Le caramelle, i dolciumi e le leccornie glassate che ha di fronte hanno forme e colori invitanti e vorrebbe assaggiarle tutte. Ma non è possibile, e allora sceglierà con cura quelle da mettere nel sacchetto che gli comprerà la mamma.
Certo, non iniziare significa infinite possibilità narrative, ma per determinarsi ci vuole un atto di volontà. E prima o poi si deve rinunciare, come dice Calvino, con un pizzico di rammarico a quella libertà di cominciare che si può usare una sola volta nella vita (quando il primo libro non è ancora stato scritto), perché il primo libro già ti definisce mentre tu in realtà sei ancora lontano dall’esser definito; e questa definizione poi dovrai portartela dietro per la vita … (dalla prefazione del 1964 a Il sentiero dei nidi di ragno)
Qui Calvino sta parlando dell’odiosa sorte che tocca a molti scrittori, una volta entrati nel mercato della narrazione. Lo scrittore è un po’ come lo studente sui banchi di scuola: se sei brillante dovrai essere bravo, se non a superarti, quanto meno a non deludere le aspettative, se invece non ti sei distinto per brillantezza, dovrai impegnarti il doppio per dimostrare che l’apparenza inganna e che, dietro il tuo italiano disarticolato, si cela in realtà un genio incompreso.
E se pensiamo a quanti inizi memorabili hanno determinato la fama imperitura dei loro autori, queste parole di Calvino potrebbero essere tranquillamente riferite all’incipit.
A rifletterci bene, alcuni grandi nomi della letteratura mondiale vedono il loro nome indissolubilmente legato agli incipit che li hanno resi famosi.
Tutti noi conosciamo l’incipit dei Promessi Sposi di Manzoni con “Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno”; o l‘Infinito di Leopardi con il suo:
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Quanti di noi sanno citare a memoria inizi celeberrimi della letteratura, ignorando, magari, completamente il titolo del romanzo cui appartengono?
Alcuni incipit sono divenuti proverbiali, hanno suggestionato generazioni di lettori, a volte più degli stessi romanzi. Un esempio su tutti: l’incipit con cui l’amatissimo Snoopy apre molti dei suoi racconti battuti a macchina.
Quanti sanno che questa è una frase tratta dal racconto “Paul Clifford” (1830) dello scrittore britannico Edward Bulwe – Lytton?
Ma gli annosi dibattiti sugli Incipit letterari non finiscono qui.
Cosa bisogna intendere per Incipit in letteratura? Dove finisce e inizia la storia?
Se è evidente il momento di inizio, non è altrettanto facile capire dove l’Incipit finisca. Esso coincide con la prima frase fino al punto o si estende per lo svolgersi di un periodo narrativo più articolato?
La risposta è quanto mai difficile da dare. Gli incipit posso estendersi per pagine, o iniziare e finire in una manciata di parole: celebre l’imperativo “Chiamatemi Ismaele” con cui inizia Moby Dick di Melville.
In realtà non esiste un regola universalmente valida per stabilire dove un inizio finisca. L’incipit finisce là dove lo scrittore decide che è ora di dare inizio alla storia.
L’incipit è la mano che ci accompagna dentro al mondo della narrazione e si prolunga fin tanto che lo scrittore non sia sicuro che il suo lettore è ormai in grado di camminare da solo, di lasciare quella mano sicura per perdersi nel mondo virtuale della finzione.
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