Intervista con Jan Švábenický, saggista di cinema
Intervistare l’autore di un libro-intervista è un’assurdità? No, se il libro in questione aiuta a ricostruire il percorso cinematografico, e anche umano, di due personalità come Aldo Lado ed Ernesto Gastaldi. Autore del libro è lo storico del cinema, proveniente dalla Repubblica Ceca, Jan Švábenický e il libro è intitolato Aldo Lado & Ernesto Gastaldi – due cineasti, due interviste, pubblicato dalle Edizioni Il Foglio nell’Ottobre 2014.
D: Ciao Jan, benvenuto sulle pagine di TuttoMondo. Ci puoi raccontare qual è stata la scintilla che ha fatto scattare in te la passione verso il cinema popolare italiano, quello prodotto dagli anni ’50 agli anni ’90?
R: Ciao Tomas! Ti ringrazio molto del tuo invito sulle pagine di TuttoMondo! È veramente un grande piacere ed onore per me. La mia passione verso il cinema popolare italiano proviene dal periodo della mia infanzia. Quando ero un piccolo ragazzo, avevo circa dieci o undici anni, mi ha impressionato molto un film che stimo profondamente ancora oggi. Si tratta del western Il grande silenzio (Sergio Corbucci, 1968), in cui la storia si sviluppa in un ambiente poco comune per il genere western con paesaggi d’inverno pieni di neve, gelo e freddo, che ho visto in un nostro canale televisivo, un anno o due anni dopo la caduta del regime comunista. Posso dire che da questo momento è cominciato il mio grande interesse verso il cinema italiano ma devo spiegare la vera ragione di questa mia inclinazione personale per questo tipo di film. Uno degli elementi che mi ha colpito molto in questa pellicola erano le musiche di Ennio Morricone (dirette dal suo collaboratore di fiducia, Bruno Nicolai). Dopo qualche tempo non ricordavo tutti i dettagli di questo film, soltanto alcuni frammenti di alcune situazioni realistiche e violente, in particolare le atmosfere cupe, ma avevo sempre nella mia testa la colonna sonora molto suggestiva di Morricone, soprattutto il tema principale che accompagna i titoli di testa. Da questo momento ho iniziato a cercare tutti gli altri film con le colonne sonore composte da Morricone. Quindi posso affermare che Morricone è stata una delle mie ragioni principali per il mio interessamento al cinema italiano. Durante il regime comunista, negli anni Ottanta, ho visto anche alcuni film italiani su VHS non ufficiali, spesso con il doppiaggio tedesco e sottotitoli greci o asiatici, perché questi film erano assolutamente sconosciuti da noi e vigeva il divieto di distribuzione. Si trattava spesso di film d’azione ed horror girati per il mercato internazionale, dove registi, produttori e cineasti spesso usavano pseudonimi inglesi. Per questa ragione pensavo che si trattasse di film americani, non sapendo in realtà che fossero italiani. Questo l’ho scoperto dopo alcuni anni, quando iniziavo interessarmi al cinema italiano come storico, saggista, ricercatore e pubblicista. All’inizio degli anni Novanta, verso il 1991, con l’arrivo delle prime videoteche ufficiali nel nostro paese, sono arrivati nella nostra distribuzione con grande ritardo molti film italiani dei vari generi popolari: dai western all’italiana al cinema d’azione ed erotico che erano quasi sconosciuti ai nostri spettatori.
D: Visto che sei nato nel 1981 e avrai vissuto il tuo periodo di formazione (i primi anni ’90) in un periodo non proprio “multimediale”, come sei riuscito, dalla Repubblica Ceca, a visionare questa fetta del cinema italiano? Colgo l’occasione per chiederti se le biblioteche statali ed universitarie della tua patria ti sono venute in contro fornendoti materiale audiovisivo.
R: È vero, appartengo alla generazione degli spettatori che si sono formati sulle VHS e nelle videoteche, e sicuramente anche dalla TV, dove dopo la caduta del regime vennero mandati in onda molti film dei generi popolari italiani dai western all’italiana agli horror, passando per i film erotici nella versione soft. Maggiori possibilità di vedere questi film erano date dalle VHS non ufficiali degli anni Ottanta (ma in questo periodo ero veramente piccolo) e poi le prime videoteche che sono arrivate nel 1991. Questo tipo di film ci dava la possibilità di studiare un nuovo modello socioculturale ed iconografico nella costruzione tematica e formale dei generi popolari del cinema italiano. Mi ricordo che mi colpivano i film che sapevano abbinare elementi atipici per il genere o che sviluppavano le atmosfere e le iconografie sintomatiche per un genere in un modo molto suggestivo. I film italiani – con la distribuzione non ufficiale e poi ufficiale– da citare sono tanti. Molti film italiani erano distribuiti su VHS nella prima metà degli anni Novanta da Filmexport Praha o Densy Home Video. I film dei generi popolari erano distribuiti anche negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta nelle sale di cinema, ma non erano numericamente rilevanti come avvenne dopo il 1991.
D: Il libro tratta di due personalità differenti, sia a livello di formazione che di mestiere. Aldo Lado è un regista classico che ha cominciato la sua carriera come aiuto regista in Francia nei primi anni ’60. Gastaldi – come dice lui stesso nelle prime parole del libro – è arrivato al cinema per caso ed è diventato, col passare degli anni, lo sceneggiatore più prolifico del cinema popolare e di genere italiano. A livello umano, invece, quali sono le differenze che hai notato durante gli incontri avuti con loro?
R: Ho incontrato Aldo personalmente per la prima volta nel 2011 a Praga, dove era in visita con la sua compagna Maria Luisa Riva. Tramite Facebook ho contattato Fabio Segatori, regista e sceneggiatore, che ha collaborato con Aldo al film Hollywood Flies (2005), dove Aldo lavorava come soggettista e sceneggiatore. Dopo aver ricevuto tramite e-mail il contatto di Aldo, l’ho contattato immediatamente per chiedergli un’intervista. Durante la nostra conversazione mi scrisse che sarebbe stato a Praga e così abbiamo fissato l’incontro. Sono stato subito d’accordo perché mi sono sempre interessato al cinema di Aldo. Mi interessava molto la genesi del suo primo film, La corta notte delle bambole di vetro (1971), che è probabilmente l’unico film italiano girato nel nostro paese durante il governo comunista. Ho grandi ricordi del nostro primo incontro a Praga, perché Aldo è una persona molto amichevole, socievole, disponibile, intellettuale e umana, con grande spirito e senso dello humour, una persona che ha molto da raccontare sulle sue esperienze cinematografiche, culturali e di vita. Sono molto contento di averlo nuovamente incontrato a Novembre 2014 a Milano, durante la presentazione del mio libro alla libreria Bloodbuster e spero fortemente che ci vedremo ancora appena sarà possibile. Ernesto Gastaldi non l’ho mai incontrato personalmente, purtroppo, lo conosco soltanto dalla nostra comunicazione via Facebook ed e-mail. Anche Ernesto è un mio grande amico con cui ho incominciato ad avere contatti nel 2009, perché in questo periodo preparavo per l’Università di Palacký a Olomouc, insieme con il mio collega Luboš Ptáček, una monografia collettiva dedicata al western per la quale ho scritto i saggi analitici su i western all’italiana nell’opera di Sergio Sollima e Tonino Valerii ed ho curato anche tre interviste con Tonino Valerii, Sergio Donati e proprio con Ernesto. Anche Ernesto è una persona molto amichevole, disponibile, simpatica e umana che ha sempre molto da raccontare, perché ha scritto molti film italiani ed è anche regista di film come Libido (1965). Questo film è molto speciale per me, perché vivo a Příbor, luogo di nascita di Sigmund Freud, e il film che Ernesto ha diretto insieme a Vittorio Salerno è in realtà un’analisi freudiana profonda dell’aggressività e della sessualità umana. Spero che incontrerò Ernesto personalmente un giorno e ci berremo un caffé insieme durante un’altra conversazione sul cinema e sulla cultura italiana. Intervistare le persone del cinema italiano significa per me sempre affrontare una grande avventura dagli orizzonti culturali senza fine.
D: Nell’intervista di Lado viene fuori anche la grande personalità e professionalità di Ennio Morricone. Una storia che poi è finita male ai tempi de La pietra di Marco Polo. Quando chiedevi a Lado di queste collaborazioni sentivi in lui un po’di rancore, dispiacere o solo rimorso per non essere riuscito a coltivare quest’amicizia?
R: Quando eravamo a Praga, durante il nostro primo incontro, Aldo mi raccontò della sua collaborazione con Ennio Morricone e del direttore d’orchestra Bruno Nicolai. Ho fatto molte domande, tramite e-mail, ad Aldo su questo argomento; visto il mezzo non fu possibile registrare le emozioni personali, ma sicuramente la fine di una lunga collaborazione creativa ed amichevole è sicuramente triste e dolorosa. Aldo mi ha raccontato che la vera ragione della fine della loro lunga collaborazione sono state le grande collaborazioni per Hollywood, per cui lavorava spesso dagli inizi degli anni Ottanta. In ogni caso Aldo ha fatto insieme con Morricone nove film tra il 1971 e il 1981 ed appartiene ai registi che collaborava di più con il Maestro. È anche necessario dire che le musiche e le colonne sonore di Morricone usate per i suoi film hanno un grande sfondo culturale e fino ad oggi rappresentano opere molto richieste dai collezionisti e ammiratori del Maestro e anche del cinema di Aldo. Le colonne sonore di Morricone per le pellicole di Lado hanno grande varietà culturale, musicale e stilistica dove possiamo identificare concetti sperimentali e d’avanguardia della cacofonia, parti vocali bambinesche, temi strumentali per la grande orchestra, musica elettronica, elementi moderni jazzistici e pop, canti femminili solisti caratteristici per opera lirica ecc…
(Jan Švábenický insieme al maestro Ennio Morricone)
D: Cosa ne pensi de “Il notturno di Chopin”, ultimo lungometraggio di Lado?
R: Si tratta di un film molto interessante ed è davvero un gran peccato che non ha avuto grande distribuzione nelle sale italiane. Se non sbaglio, è stato presentato soltanto in alcune mostre di cinema ed è uscito soltanto su DVD. Secondo me è un studio psicologico profondo di intimità, emozionalità e sensitività di una piccola ragazzina carcerata da un maniaco in una cantina isolata. In prima istanza posso fare grandi complimenti a Sofia Vercellin per la sua straordinaria recitazione dettagliata e profonda, con un grande senso per la varietà dei vari stati emotivi. Il notturno di Chopin ha secondo me rapporti molto stretti con l’altro film di Aldo, Chi l’ha vista morire? (1972), che sviluppa un tema molto simile. Entrambi i film dimostrano che Aldo lavora bene con attori-bambini (ad esempio Nicoletta Elmi). Devo dire una cosa che mi ha fatto ridere un po’ e che ho dimenticato di menzionare durante la presentazione del mio libro e di questo film a Milano, nella libreria Bloodbuster. Quando ho incontrato Aldo per la prima volta a Praga aveva pantaloni color arancio che fino ad oggi mi sono rimasti impressi. Quando guardavo il film, vedevo che anche il maniaco che ha rapito la ragazzina ha i pantaloni arancioni e mi sono detto: “accidenti, questo deve essere Aldo!”. Comunque Aldo appare in scena iniziale del film nel parco dove siede, legge il giornale e con gli occhi segue tutto che succede nel parco. È una scena molto autoironica che dimostra anche un grande senso per l’ironia nella vita reale “non cinematografica” di Aldo.
(Jan Švábenický, Aldo Lado, Teresa Avolio durante la presentazione del libro a Milano)
D: Di Ernesto Gastaldi viene approfondita la proficua collaborazione con Sergio Martino (dal thriller, al poliziesco, passando per l’horror e il post-atomico), l’epopea del peplum e del western ma ritengo che la parte più interessante sia quella riguardante i film “perduti” di Gastaldi, come La fine dell’eternità e L’uovo del cuculo. Prima o dopo l’intervista sei riuscito a visionare questi lavori?
R: Purtroppo no. Questi due film che citi nella domanda non li ho mai visti. Non so neanche se sono disponibili le copie di questi film nelle cineteche, videoteche, archivii del cinema o collezioni private di collezionisti in Italia o all’estero. Questo lo sapranno sicuramente Ernesto stesso o Davide Pulici e Manlio Gomarasca della rivista “Nocturno” che sono esperti nella ricerca dei film perduti. Io stesso non sono un collezionista di film, perché non ho così grande spazio per posizionarli a casa ma colleziono i libri italiani che si occupano di cinema italiano, anzitutto di cinema popolare italiano, perché come storico e ricercatore accademico di cinema sono molto interessato a tutto quello che viene scritto su questo tema. Mi interessano anche approcci metodologici e punti di vista analitici che usano storici, ricercatori, teorici o pubblicisti italiani nei loro lavori. Per quanto riguarda la collaborazione di Ernesto con Sergio Martino, si tratta di una lunga simbiosi creativa da cui sono nati molti film interessanti dei generi popolari che sono fino ad oggi richiesti dai collezionisti e ammiratori del cinema e anche citati come riferimenti da parte dei cineasti, anzitutto da Quentin Tarantino. La collaborazione tra Ernesto Gastaldi e Sergio Martino è la prova del modello rappresentativo di come dare alla sceneggiatura una forma cinematografica che come mezzo d’espressione racconta le storie costruite sulla base di vari livelli dei generi.
D: Visto che TuttoMondo è una rivista online che tra i suoi argomenti tratta anche di cinema, ma non è un sito nato per gli addetti ai lavori o per i cosiddetti “nocturniani”, puoi consigliare due titoli di Lado e Gastaldi che potrebbero essere apprezzati anche da un pubblico non abituato al cinema di genere italiano?
R: Scegliere e consigliare i titoli è per me una cosa sempre difficile, perché per ogni film con cui veniamo a contatto e che vediamo, entriamo in un’esperienza personale. Ma certo, sicuramente posso consigliare alcuni film, comunque si tratta del mio punto di vista soggettivo. Di Aldo Lado posso raccomandare per esempio La corta notte delle bambole di vetro (1971), Chi l’ha vista morire? (1972) o L’ultimo treno della notte (1975), perché si tratta di film generalmente noti in ambito internazionale e che dimostrano adeguatamente la capacità creativa del regista di lavorare con livelli di tensione, suspense, paura o ansia nei vari generi cinematografici. Mentre di Ernesto consiglio anzitutto Libido (1965), La lunga spiaggia fredda (1971) o Notturno con grida (1981). Generalmente posso dire che tutta la opera cinematografica di Aldo e Ernesto è molto interessante e rappresenta un’unità socioculturale compatta per quanto riguarda i generi cinematografici, modi di narrazione, costruzione stilistica o la rappresentazione dell’immagine della società italiana e straniera in vari periodi dell’attività creativa di entrambi cineasti.
D: Come sei entrato in contatto con le Edizioni Il Foglio e quali sono state le maggiori difficoltà nel compilare un libro-intervista?
R: È una lunga storia, perché con Gordiano Lupi (il direttore de Il Foglio, n.d.r.) sono in contatto dal 2010 già tramite e-mail. In questo periodo ho conosciuto Gordiano come autore di molti libri dedicati al cinema popolare italiano e mi sono interessato al suo lavoro, perché come ho detto prima, mi interessano tutti i libri italiani che si occupano di questo argomento. Con grande entusiasmo ho contattato Gordiano e lui mi ha mandato alcuni suoi libri che ho letto con grande attenzione, interesse e piacere. Devo dire che ammiro molto l’attività professionale di Gordiano e Fabio Zanello, che sono miei grandi e cari amici, perché so bene che oggi pubblicare i libri sul cinema e sulla cultura non è una cosa molto facile. Viviamo in un periodo di crisi che colpisce soprattutto il campo della cultura e del cinema. Volevo sempre scrivere un libro sul cinema italiano e in lingua italiana come prova della mia grande ammirazione e stima per il cinema italiano. Quando è arrivata la possibilità per me di scrivere il libro, Gordiano mi ha comunicato che mi era possibile pubblicare per Edizioni Il Foglio, sono stato molto contento e felice. Visto il mio contatto diretto con Aldo Lado, avendo molte informazioni sulla sua opera cinematografica, ho presentato a Gordiano e Fabio questo progetto. Originariamente volevo scrivere una monografia analitica dedicata a cinema di Aldo ma poi ho cambiato idea perché tutto quello che Aldo mi raccontava nelle interviste era più interessante delle mie analisi. Nello stesso periodo sono stato in contatto anche con Ernesto e quindi è nata l’idea fare il libro nella forma di intervista con Aldo ed Ernesto, anche perché entrambi visitarono la Cecoslovacchia negli anni Sessanta e Settanta. Entrambi hanno anche scritto una loro versione della sceneggiatura per La corta notte delle bambole di vetro. Mentre Aldo ha scritto la sceneggiatura con la collaborazione di Sergio Bazzini, Ernesto ha scritto la sua versione da solo ma probabilmente non è stata scelta dal produttore Enzo Doria. Non so qual è la verità per quanto riguarda la sceneggiatura di questo film. Per ritornare alla tua domanda, sicuramente ci sono stati problemi “tecnici” durante il processo di genesi del libro, perché io non sono Italiano e la mia conoscenza della vostra lingua non è perfetta. Per questa ragione la mia carissima amica Teresa Avolio ha compiuto correzioni grammaticali e sintattiche molto dettagliate e ha dato nuova forma e funzione di struttura linguistica al mio lavoro. Se ho una piccola visibilità in Italia – non lo so – devo tutto a Gordiano, Fabio e Teresa che mi hanno aiutato molto perché hanno grande fiducia in me e nel mio lavoro. Devo dire che i veri autori del mio libro sono Aldo Lado ed Ernesto Gastaldi, perché sono loro i raccontatori autentici delle esperienze e delle loro storie. Questo libro è quindi un lavoro collettivo e io sono molto contento che sia stato possibile realizzarlo, perché si tratta di una grande testimonianza della storia di cinema italiano in lungo periodo, dagli anni Sessanta ai tempi d’oggi, dal punto di vista di due dei suoi protagonisti.
D: Puoi svelare ai lettori di TuttoMondo su quale argomento verterà il tuo prossimo lavoro?
R: Ho in testa molti altri progetti dedicati alla storia del cinema italiano ma non posso rivelare i temi e titoli. È scaramantico non parlare di un lavoro non ancora realizzato. Se sarà possibile realizzare e pubblicare altri progetti che intendo scrivere sarà una sorpresa per tutti i lettori, spettatori, collezionisti e ammiratori di cinema italiano. Questo è secondo me il modo migliore per sorprendere i lettori. Mando grandi cordiali saluti ai lettori di TuttoMondo e ti ringrazio molto delle tue domande e del tempo che hai dedicato a me, Tomas!
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