PISA – Sia che voi arriviate dalla stazione di Pisa Centrale sia che il vostro autobus si fermi in via Cesare Battisti, con molta probabilità vi troverete ad attraversare Piazza Vittorio Emanuele, uno dei punti di passaggio più importanti e frequentati della città. Da qui, infatti, percorrendo tutto Corso Italia, si raggiunge direttamente il Ponte di Mezzo e poi Borgo Stretto, addentrandosi così nella parte più medievale di Pisa.
Ma, prima di gettarvi in mezzo alla folla brulicante che entra ed esce da ogni negozio della via dello shopping, Corso Italia, appunto, magari, dopo, una sosta in uno dei tanti bar di Piazza Vittorio Emanuele, fate una piccola deviazione. Avendo l’accortezza di dare le spalle alla stazione, svoltate a sinistra, in direzione di una fermata dell’autobus che cerca di nascondere, con scarsi risultati, lo sportello di un bancomat e alcune panchine dalla forma ondulata.
Il piccolo spiazzo in cui vi trovate ospita, oltre ad un colorato e simpatico bar e ad una piccola installazione per bambini, l’ultima opera pubblica dell’artista statunitense Keith Haring, datata giugno 1989, nonché l’unica pensata per essere permanente. Il gigantesco murales, circa 10 metri in altezza e 18 in larghezza, è stato intitolato, dallo stesso Keith Haring, “Tuttomondo”.
Le 30 figure, muovendosi, contorcendosi ed allungandosi, ricoprono l’intera parete del convento di Sant’Antonio abate, trovando ognuna il proprio posto, incastrandosi alla perfezione. Allo stesso modo i messaggi che gli omini colorati vogliono veicolare si uniscono fra loro, mantenendo la propria identità ma componendo al contempo qualcosa di più grande ed universale: così la contrapposizione fra la donna azzurra che culla il bambino, rappresentando il ritmo naturale della vita, e l’uomo con al posto della testa un televisore, simbolo invece della tecnologia che lo forza e lo accelera, trovano un senso accanto agli uomini a forma di forbice che tagliano un serpente, simbolo per antonomasia del male, oppure vicino agli animali, un cane, un delfino e una scimmia, con cui l’uomo deve necessariamente rapportarsi. L’opera ispira dunque varie riflessioni su diversi aspetti della vita, dall’ecologia all’etica personale, arrivando però ad una sintesi, espressa proprio dalla scelta compositiva: facciamo tutti parte dello stesso mondo, lo stesso spazio vitale, siamo irrimediabilmente interconnessi e per questo dovremmo collaborare, rimanere uniti, cercando di riempire le distanze, gli spazi bianchi tra una figura e l’altra.
“Tuttomondo” è quasi un passaggio obbligato se vi trovate a Pisa, ma la città non ha da offrire solamente questo famoso e meraviglioso esempio di street art. Negli anni sono stati molti gli artisti che hanno preso come luogo di esposizione delle loro opere i muri e le pareti delle città più conosciute e visitate dai turisti e l’Italia centrale non fa eccezione: Firenze e Bologna in primis, ma anche Pisa è stata toccata, e colorata, dal loro passaggio.
Un esempio, vicinissimo tra l’altro al murales di Keith Haring, è Blub. Comparso per la prima volta in Catalogna nel 2013, l’artista si è poi spostato in Italia, prima a Roma e dopo a Firenze, dove la sua firma è diventata famosa.
I suoi disegni, incollati prevalentemente sopra i pannelli del gas, catturano subito l’attenzione per il tono surreale ma incredibilmente coerente con il messaggio che vogliono veicolare: questi rappresentano personaggi storici, opere d’arte, ma anche attori, cantanti e calciatori con indosso una maschera da sub, e osservano dalla loro finestra sottomarina i passanti. Il significato di questa scelta inusuale è stato spiegato dallo stesso artista in un’intervista di qualche anno fa: “Hai presente il modo di dire che definisce l’essere in difficoltà, “SIAMO CON L’ACQUA ALLA GOLA”? Ecco, da quello: nonostante crisi o difficoltà, l’arte nelle sue più ampie manifestazioni, anche meno artistiche, l’operato umano, sa nuotare, se la cava come ha sempre fatto, dalle caverne fino ad ora.”.
Anche Pisa è stata sommersa dalle sue opere d’arte, che si possono trovare in diversi luoghi della città, a partire da via Riccardo Zandonai, dove si trova l’opera di Keith Haring. Sulla destra del murales, poco più in basso, c’è infatti una “Dama con l’ermellino” immersa nell’acqua cristallina. Ma il dipinto di Leonardo da Vinci non è l’unico a meritarsi le attenzioni di Blub: se procedete scendendo lungo Corso Italia troverete all’altezza della profumeria “La Gardenia” un Galileo Galilei intento a scrutare le profondità marine, mentre poco prima, sul lato opposto della strada, la “Venere” del Botticelli ha fatto ritorno nel mare che le ha dato i natali. Attraversando il ponte e percorrendo Borgo Stretto fino a incrociare la traversa di via San Francesco, potrete trovare addirittura Gesù dotato di maschera e boccaglio.
Ma Blub non è l’unico street artist ad aver decorato le vie di Pisa: possiamo citarne almeno altri 2, James Boy e Exit-Enter. Entrambi hanno cominciato a Firenze per spostarsi successivamente nel resto della Toscana, ma le somiglianze tra loro finiscono qui.
Il primo è riconoscibile per la figura femminile dalla pelle candida, che permette un marcato contrasto con il nero dei contorni e dei capelli. I corpi nudi sono disegnati in tensione, spesso si intravedono le costole e le braccia appaiono innaturalmente magre. La donna in via San Francesco è accovacciata, mentre, con occhi chiusi, si tocca la nuca. Una freccia nel costato fa pensare al San Sebastiano, ma questa in un primo momento non sembra sofferente, bensì assorta, pensierosa. Diversa è invece la posa della ragazza in Via delle Case Dipinte, vicino alla birreria “Orzo Bruno”: la schiena incurvata verso l’esterno le fa ricadere alle spalle una cascata di capelli corvini, mentre la mano le copre parzialmente il volto. Sfortunatamente questa opera è piuttosto rovinata, ma il senso di strana inquietudine e il fascino non sembrano essere affatto diminuiti.
Completamente diverso è lo stile e i personaggi di Exit-Enter. Non più soggetti femminili, ma composizioni formate da figure umane stilizzate insieme a cuori e palloncini rossi, colore che va ad unirsi alla tavolozza bicromatica già usata da James Boy. Il suo nome d’arte gli deriva dalla scritta “Exit”, presente in moltissimi dei suoi disegni, meta che i suoi omini cercano instancabilmente di raggiungere; talvolta mediante una scala che li conduce ad un grande cuore rosso proprio sotto di essa, come si può vedere sul pannello di legno in via San Lorenzo, o aggrappandosi ben stretti ai filo di un palloncino, grazie a cui librarsi lungo le pareti di via Pasquale Paoli. Ma ogni uscita è anche un’entrata che conduce a qualcosa di nuovo: è questa l’idea dietro i disegni di Exit-Enter. I suoi disegni trasmettono leggerezza, ma non banalità, sanno essere coinvolgenti nel loro minimalismo: succede a tutti di voler cambiare qualcosa nella propria vita, di voler appunto raggiungere quell’uscita tanto anelata dagli omini bianchi, o semplicemente di voler andare via, senza una meta, semplicemente lasciandosi guidare dal caso, o dal vento.
Oltre a questi street artist potremo citare anche il caso di Bigghed, che ha diffuso per la città, sottoforma di simbolo, un volto molto simile a quello dei Moai, le statue dell’Isola di Pasqua, scambiate da alcuni per la faccia di Benito Mussolini. L’artista ha spiegato che il suo intento era quello di sottoporre i passanti ad una sorta di esame di coscienza, una riflessione interiore su sé stessi, davanti allo sguardo criptico, diretto e a tratti severo, del suo simbolo. La scelta di Bigghed ricorda vagamente l’ “Obey Giant” realizzato alla fine degli anni Ottanta da Shepard Fairey, il quale sviluppò questo ormai famosissimo simbolo a partire dal volto di un lottatore di wrestling, soprannominato Andrè The Giant.
A Pisa il volto del Moai si trova, ad esempio ,in via Pasquale Paoli, vicino ad uno degli omini di Exit-Enter. Il logo è dipinto sopra un castello di sabbia fatto da un bambino con indosso una maschera anti-gas, molto probabilmente una critica agli incredibili e pericolosi tassi di inquinamento, che mette a rischio la vita di tutti in ogni momento.
A partire dagli anni 2000 la street art ha cominciato a comparire sui muri delle più diverse città, affrancandosi ben presto dall’idea riduttiva e stereotipata che la vedeva solamente come una forma di vandalismo, basti pensare al risalto mediatico che hanno artisti, ora di fama internazionale, come Banksy e il già citato Shepard Fairey. Questa forma d’arte, incredibilmente giovane, ha dimostrato di avere un messaggio e uno scopo chiaro da comunicare a tutti i passanti, riuscendoci con grande efficacia.
Noi vi abbiamo dato mappe e indirizzi, ma a Pisa ce ne sono anche molte altre opere si di Exit- Enter e di altri interessanti street artist. Vi invitiamo a fotografare e segnalarci ciò che vi sembra interessante.
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Qualcuno conosce l’autore della mirabile opera in via Giordano Bruno, sul muro dell’ex distretto, alias Parco Don Gallo? Pare di leggere come firma “Giulio Ro[ssi?]”, ma il degrado comincia a erodere anche il nome. Se qualcuno di voi ne sa qualcosa, avrei piacere di essere contattato.
Certo Mauro. L’autore è Giulio Rosk. Rosk è un artista siciliano e spesso lavora con Loste. Puoi cercare Rost & Loste.
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