Parla Francesco Noferi, presidente dell’associazione Salviamo la Rocca di Ripafratta
La rocca di Ripafratta è defilata rispetto alle altre bellezze del territorio e del Monte Pisano, ma conserva tutto il suo fascino di antica roccaforte, posizionata peraltro in un punto strategico. Erano altri tempi, molto, troppo, distanti. Esaurita la sua funzione di fortezza medievale, “protegge” dall’alto Ripafratta, la frazione del comune di San Giuliano Terme che confina a nord con la provincia di Lucca.
Da qualche anno, però, la comunità non si rassegna e vuole per la rocca di San Paolino, questo il vero nome, un ruolo di protagonista per il turismo della zona, con inevitabili ricadute positive per l’economia. Ne abbiamo parlato con il presidente dell’associazione che se ne occupa, Salviamo la Rocca di Ripafratta, Francesco Noferi.
La rocca. Cosa è, cosa potrebbe essere per il territorio?
«La Rocca di San Paolino è una fortezza medievale che si trova nel paese di Ripafratta, ultimo borgo pisano prima di Lucca. Contesa per secoli dalle due potenze vicine, è stata protagonista di guerre, assedi, scambi, trattati e tradimenti, dall’alto del suo colle. È un simbolo del territorio del Monte Pisano, è parte fondamentale delle vicende di Pisa e di Lucca, è la chiave per capire la storia di San Giuliano. Per chi vi abita intorno, poi, è parte integrante del paesaggio, è un panorama di cui l’occhio non potrebbe fare a meno. Più concretamente, potrebbe essere un’ambita meta turistica e quindi la chiave per risollevare l’economia di paesi, come quelli del lungomonte, che nonostante la storia nobile e le risorse paesaggistiche, arrancano per non sprofondare nell’irrilevanza. Dico “paesi” perché non mi piace chiamarle “frazioni”, è riduttivo e le fa sembrare “parte minore” di qualcos’altro. È vero il contrario: il comune di San Giuliano, per esempio, così com’è è una realtà piuttosto “recente” e anche poco sentita, a dirla tutta. La vera identità è quella dei nostri borghi, dei nostri paesi, delle nostre pievi, piazze e piazzette, torri, rocche e eremi».
Presentatevi come associazione. Chi siete, cosa fate, da quanto lo fate e perché lo fate.
«Salviamo La Rocca è un’associazione nata nel 2012 con lo scopo di coordinare e promuovere tutti gli sforzi che i ripafrattesi avevano fatto per il recupero della Rocca di San Paolino e per la valorizzazione del suo territorio. Compito difficile perché salvare la Rocca vuol dire finanziamenti e visione politica, due elementi (soprattutto quest’ultimo) sempre più rari».
Il primo pesante stop al recupero è stato nel 2009. Raccontalo in breve e dicci come siete ripartiti.
«Grazie a un comitato civico, i ripafrattesi nei primi anni 2000 erano riusciti a smuovere le acque e l’esito finale era stato un protocollo tra Comune di San Giuliano Terme e Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, in cui quest’ultima si sarebbe fatta carico dell’acquisto del bene dai privati, del restauro completo e della riconsegna al comune. Il quale, da parte sua, doveva prima garantire una strada d’accesso e alcuni terreni. Fallito questo compito da parte del Comune, il protocollo è decaduto nel 2009.
Un colpo durissimo, furono necessari alcuni anni prima che i cittadini si riorganizzassero, fondando la nostra associazione.
I contorni di quel fallimento non sono mai stati chiari. A distanza di anni, possiamo dire di esserci fatti un’idea: non c’era davvero la volontà di procedere. Il progetto era molto ambizioso (un parco archeologico), forse incuteva timore, forse c’erano dubbi sulla gestione, forse non si era all’altezza di questa vocazione territoriale».
La Bocconi, attraverso lo studio del suo Centro Ask, ha detto che un recupero è possibile “ma…”. Parliamo di questi “ma” e di quello che state facendo per eliminarli.
«Tecnicamente è scontato che il recupero sia possibile. La gestione del complesso una volta restaurato, invece, crea preoccupazioni. Lo studio di Ask punta i riflettori proprio sulla necessità di una gestione economicamente sostenibile, che non necessiti di periodici interventi di ripianamento. Secondo loro questa era una criticità, secondo noi si può affrontare tranquillamente, visti altri casi simili. Abbiamo fatto un approfondimento insieme a persone abituate a redigere piani industriali e siamo stati confortati in questo. La Rocca può sostenersi da sola, con introiti derivanti da biglietti, eventi, locazioni, sponsor».
Cosa e quanto serve per recuperare la rocca e quindi l’area?
«Non essendo mai arrivati alla fase progettuale, ahimé, non sappiamo rispondere. Una stima dei costi fatta dalla Fondazione – ma molto di massima – parlava di oltre 2 milioni. Con la disponibilità della Fondazione – semplifico – i costi non sarebbero il problema. Il problema è la parte che concerne il Comune: acquisizione dei terreni adiacenti e di una strada d’accesso, gestione futura. Inoltre la Fondazione chiede al comune delle garanzie economiche prima di procedere, garanzie che il Comune ha difficoltà a dare».
Quali benefici concreti (e non) ci sarebbero per Ripafratta e per il territorio intero?
«Incredibilmente, questo è un calcolo che né Ask né nessun altro ha mai pensato di fare. Cosa potrebbe generare una struttura come quella, se fosse viva e attiva? Che indotto? Quali ricadute economiche, commerciali, sociali, urbanistiche, culturali avrebbe sull’intero comune e su quelli limitrofi? Noi crediamo molte. Ma sarebbe interessante che qualcuno competente in materia potesse approfondire. Forse, alla luce di questo, anche investimenti da parte delle istituzioni (che in confronto a quelli della Fondazione sarebbero una minima parte) apparirebbero più facili da adottare. Sapete quanti esercizi commerciali hanno chiuso a Ripafratta e nei paesi vicini negli ultimi 10-15 anni? Cosa potrebbe significare per un Comune se questa tendenza si invertisse?».
Qual è il sogno dell’associazione? Si accettano esagerazioni.
«La Rocca restaurata, pubblica, visitabile, sede di eventi, rassegne, spettacoli, ma anche e soprattutto di nuovo “casa” per gli abitanti del territorio. E inserita in un sistema storico-turistico che collega tutte le fortificazioni del confine pisano-lucchese (le torri Centìno, Niccolai, dell’Aquila, di Avane, i ruderi degli antichi castelli di Cotone e Castiglioncello, la Rocca “avversaria” di Nozzano). Il tutto, in un sistema Monte Pisano finalmente attrattivo e valorizzato. Immaginiamo Ripafratta come una delle porte di accesso principali a questo sistema: con la sua sentieristica, i suoi beni storici, il fiume, l’itinerario ciclabile Puccini, la stazione… Il nostro sogno è che i visitatori arrivino nel nostro borgo e possano scegliere tra una visita alla Rocca (con uno dei suoi numerosi eventi), l’inizio di un’esperienza di trekking, il rafting e gli sport acquatici in fiume, una bella pedalata lungo Serchio, la visita ai borghi vicini, o semplicemente una passeggiata rilassante nel bosco. Come vedi, sono sogni fino a un certo punto. Tutte le risorse (e spesso le infrastrutture) ci sono già. Serve coraggio e visione nel metterle insieme e investirci.
Le mete turistiche tradizionali andranno esaurendosi: non sarà oggi, non sarà domani ma sara. Come pensano di rispondere i territori che potrebbero essere le nuove mete alternative?».
Che 2017 sarà per Ripafratta, l’associazione e il territorio in generale?
«Il nostro è un lavoro a lunga scadenza. Sensibilizziamo oggi per avere risultati domani. Non sappiamo se alcuni di questi risultati si vedranno già nel 2017. Forse no, ma di sicuro sarà l’anno in cui smuoveremo di più le acque. Abbiamo appena stabilito una serie di iniziative durante l’anno per far conoscere la Rocca e il suo territorio, gratuitamente. La campagna tesseramento sta andando bene come non mai, e abbiamo messo in piedi una serie di collaborazioni importantissime: con Italia Nostra porteremo la questione della Rocca a Pisa, con un convegno nei prossimi mesi. Con gli amici del castello di Nozzano scriveremo un progetto sul sistema di fortezze di confine Pisa-Lucca. Stiamo rinnovando il sito, e vogliamo che diventi un portale per fare esperienza del territorio. E poi naturalmente stiamo preparando la Festa della Rocca, il nostro appuntamento annuale».
La Festa della Rocca. Com’è nata l’idea e cosa ci aspettiamo quest’anno?
«Ti racconto una cosa di cui non ho mai parlato. La Festa è nata, diciamo così, grazie a una piccola polemica. Nel 2011, per rilanciare il tema della Rocca dopo qualche anno di scoraggiamento, il comitato cittadino del paese (che aveva seguito la cosa fino ad allora) organizzò una piccola iniziativa, un comunicato, una cosa del genere. Mi trovai a leggere un commento online che aveva un tono un po’ polemico, e diceva fondamentalmente che c’erano troppe associazioni a Ripafratta e in questi piccoli paesi in generale, e non si trovavano d’accordo neppure fra loro, figurarsi nel chiedere con forza una cosa come il restauro della Rocca. La cosa mi fece riflettere. Se era vero che occorreva unità di intenti dei cittadini, io non credevo e non ho mai creduto che la pluralità di associazioni fosse un problema, anzi. Così organizzammo per la prima volta una manifestazione da mattina a sera, con il contributo di tutte le realtà della nostra frazione (cosa già di per sé eccezionale: ARCI, ACLI, Pubblica Assistenza, Parrocchia, comitato civico, Filarmonica). Fu un bel successo e una bella esperienza, da lì nacque la decisione di fondare l’associazione, con il contributo di tutti questi soggetti. Ma nacque anche l’idea di ripetere l’esperienza di questa “festa”, coinvolgendo proprio più associazioni possibili per valorizzare non solo la Rocca ma tutto il paese e il suo territorio: fiume, monti, sapori, musica, cultura. E quindi associazioni di escursionismo, rafting, di rievocazione storica, e la collaborazione con Slow Food. Abbiamo sempre voluto differenziarci rispetto alla solita “sagra” o “festa medievale” (che, intendiamoci, mi piacciono tantissimo ma sono settori ormai saturi). Abbiamo voluto inventare qualcosa di nuovo. Da noi si può venire e fare esperienze diverse, scoprire che sul muro di una casa c’è un’iscrizione antichissima legata a una leggenda che si perde nella notte dei tempi, che il fiume che ti scorre accanto può essere anche un modo per divertirsi, che la pace e il contatto con la natura non vanno cercati per forza in qualche luogo remoto ma li puoi trovare anche qui, sui “tuoi” monti, che per assaggiare cibi e sapori genuini non devi andare alle grandi manifestazioni di alta gastronomia. Persino che per ascoltare un bluesman americano non serve andare in America! L’hanno scorso abbiamo avuto il grande Ray Cashman, che quando ha saputo la nostra storia da un amico cantante di qui, il nostro Michele “Matt ” Biondi, ha voluto partecipare e si è esibito gratuitamente!.
Queste sorprese e scoperte sono l’idea di fondo, che svilupperemo sempre di più, anche quest’anno. Se sapeste quante storie hanno da raccontarci i nostri paesi…
Oltre alle conferme degli anni scorsi, quest’anno speriamo di stupire i visitatori con una o due muove iniziative davvero speciali, ma non posso ancora anticipare niente. L’appuntamento è per sabato 10 e domenica 11 giugno».
Si ringrazia l’associazione per la gentile concessione delle foto.
Per seguire l’attività dell’associazione, qui c’è la pagina Facebook, mentre questo è il sito ufficiale sempre aggiornato.
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