La teoria del tutto (The Theory of Everything, James Marsh, 2014)
Non ci dovrebbero essere limiti alla ricerca umana.
Siamo tutti diversi. E per quanto la vita possa sembrare cattiva,
c’è sempre qualcosa che si può fare e riuscirci.
Presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival, “La Teoria del Tutto” è un film diretto dal premio Oscar James Marsh e interpretato da un irriconoscibile Eddie Redmayne e da una notevole Felicity Jones. La storia è ispirata al libro “Travelling to Infinity: my life with Stephen” – in italiano “Verso l’Infinito” – scritto dalla stessa ex moglie del fisico, Jane Wilde Hawking.
La vicenda racconta con forza la vita che Stephen Hawking, uno dei più grandi cosmologi viventi al mondo, ha dovuto affrontare, da quando, all’età di ventuno anni, i dottori gli diagnosticarono l’ASL (allora nota come malattia dei motoneuroni), altrimenti nota come atrofia muscolare progressiva, una malattia che colpisce tutto il sistema motorio, rendendo impossibile, con il tempo, il movimento di ogni singolo muscolo del corpo. Ma se il corpo progressivamente si atrofizza, il cervello rimane perfettamente funzionante, il che porta Hawking a non arrendersi e a continuare, sostenuto da una moglie coraggiosa, l’elaborazione di teorie riguardanti un’equazione in grado di spiegare la nascita dell’universo alle origini del tempo.
Stephen: Ciao!
Jane: Ciao!
Stephen: Scienze…
Jane: Lettere…
Stephen: Sono un cosmologo, studio la relazione tra spazio e tempo…
Jane: La coppia perfetta…
In quasi due ore di film veniamo proiettati nella difficile vita di uno scienziato e ancora prima di un uomo che ha saputo affrontare e superare tutte le sfide che il destino gli ha posto innanzi.
Puro, commovente, dolce, sensibile, delicato e prelibato. Una centrifuga di sensazioni ed emozioni accompagnate dalle musiche originali create dal nominato all’Oscar Johann Johansson. La melodia riempie i momenti caratterizzati da una semplice intesità di sguardi, momenti in cui la parola avrebbe rovinato la magia delle emozioni che i personaggi provano e manifestano.
A ricoprire un ruolo fondamentale nella vita di Hawking è proprio l’attuale ex moglie Jane, che, nonostante le enormi difficoltà, decide di affrontare il problema e cominciare a gestire una nuova vita fatta di sacrifici e rinunce, ma anche di condivisione della gioia, dell’amore e della nascita di una famiglia. Jane è probabilmente il punto di riferimento di Stephen: è una donna che si occupa di un uomo che non è neanche in grado di lavarsi i denti da solo, con tre figli a carico, con dei sogni che, man mano che passa il tempo, vede sfumare davanti ai propri occhi, ma che nonostante tutto, con la forza dell’amore, della pazienza e della tolleranza, mantiene unito ciò che agli inizi era stato dato per perso. I dottori avevano dato a Hawking solo due anni di vita. Jane, dopo questa notizia, si è rimboccata le maniche e ha deciso di sostenere il marito in ogni istante, aiutandolo persino quando la loro relazione aveva ormai perso la magia di quel giovane amore universitario. Lei era la sua speranza di vita.
Una nota di merito va quindi all’attrice Felicity Jones, la cui recente candidatura all’Oscar come miglior attrice protagonista, potrà esserle d’aiuto per un futuro interessante nel mondo del cinema.
Ma ciò che più stupisce di questo film è l’incredibile interpretazione dell’attore londinese Eddie Redmayne. Volto noto nel mondo del cinema, soprattutto a partire dalle pellicole da Oscar come My week with Marilyn e il più recente Les Miserables, in cui ha dato prova del suo talento canoro. Redmayne si è letteralmente trasformato per il ruolo di Hawking. Se pensiamo che il film non è neanche stato girato seguendo l’ordine naturale del progredire della malattia, la sua interpretazione è ancora più notevole. L’attore si è ritrovato ad avere una visione frammentata: un giorno era lo Stephen Hawking oramai incapace di parlare, il giorno dopo il brillante studente universitario ancora ignaro del proprio futuro “disabile”. Ci sono voluti quattro mesi per preparare il ruolo, lasciando alle spalle se stesso per diventare l’Hawking che vediamo nel film: spaventosamente somigliante al reale.
Redmayne ha dichiarato di aver passato del tempo presso la ALS Clinic di Londra per apprendere al meglio la problematica che colpisce le persone affette da questa terribile malattia e soprattutto per imparare ad assumere, in modo verosimile, la fisionomia e la postura causate, in questi malati, dall’impossibilità della contrazione di ogni singolo muscolo.
Nominato all’Oscar come miglior attore protagonista, Eddie Redmayne ha già vinto un Golden Globe come miglior attore in un film drammatico, e il SAG Award nella medesima categoria. La Teoria del tutto concorre all’ 87esima edizione degli Academy Award con ben 5 nomination tra cui quella per miglior film. Mentre ai BAFTA (British Academy Film and Television Awards), i cosiddetti “Oscar Inglesi”, guida con ben 10 candidature.
“Non devono esserci limiti agli sforzi dell’uomo. Per quanto sembri brutta la vita, finchè c’è vita, c’è speranza”. Un messaggio ben preciso quello che il cosmologo/Redmayne vuole lanciare al pubblico: non bisogna arrendersi di fronte agli ostacoli che possiamo incontrare nel nostro cammino della vita, piuttosto guardare in faccia la realtà e combattere per i propri sogni e i propri valori perchè un giorno avremo la nostra rivincita, come Hawking ha avuto la sua.
E ciò è possibile, senza retorica o patetismo, che il film evita accuratamente, solo se si sa dire grazie a chi ci ha dato la mano per combattere le nostre battaglie, per non rinunciare ai nostri sogni.
La Teoria del tutto non vuole strappare a tutti i costi lacrime facili e se ci riesce è perché con sublime verità ci dice che non sempre la vita è facile e che non sempre è l’amore a trionfare su tutto, ma ciò che non ci priva del senso ultimo dell’esistenza è la speranza, la fiducia in se stessi e la voglia di vivere.
“Grazie”
“Scusa, hai detto qualcosa?”
“Ho detto…Grazie.”
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