In Thailandia sulle tracce di Tiziano Terzani

 

La Casa della Tartaruga, dove Tiziano Terzani scrisse le pagine di "Un indovino mi disse".

La Casa della Tartaruga, dove Tiziano Terzani scrisse le pagine di “Un indovino mi disse”

Ogni posto è una miniera. Basta lasciarcisi andare. Darsi tempo, stare seduti in una casa da tè a osservare la gente che passa, mettersi in un angolo del mercato, andare a farsi i capelli e poi seguire il bandolo di una matassa che può cominciare con una parola, con un incontro, con l’amico di un amico di una persona che si è appena incontrata e il posto più scialbo, più insignificante della terra diventa uno specchio del mondo, una finestra sulla vita, un teatro d’umanità dinanzi al quale ci si potrebbe fermare senza più il bisogno di andare altrove. La miniera è esattamente là dove si è: basta scavare.

Tiziano Terzani, “Un indovino mi disse”

BANGKOK – Nascosta tra i grattacieli di Bangkok e difficile da trovare come ogni tesoro che si rispetti, c’è una piccola oasi di palme e foresta tropicale. Per raggiungerla si prende uno dei rumorosissimi battelli che scivolano lungo le acque del Khlong Sean Seap, uno stretto canale che attraversa palafitte fatiscenti ed edifici coloniali. È la Casa della Tartaruga, una casa interamente costruita in legno che, tra il 1990 ed il 1994 fu la residenza di Tiziano Terzani, all’epoca corrispondente per la testata tedesca Der Spiegel. Sulla terrazza di teak che affaccia sul grande lago al centro del giardino Terzani scrisse le pagine del suo libro “Un Indovino Mi Disse”, al tempo stesso autobiografia e reportage di un viaggio lungo un anno nel Sud Est Asiatico senza prendere aerei, alla ricerca di una spiritualità, che l’autore sente messa a rischio da un progresso inarrestabile, e di quell’umanità delle persone comuni che sono il vero pilastro su cui poggia ogni nazione.

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Statua di Buddha al Museo nazionale di Bangkok.

La decisione nasce dalle parole di un indovino che nel 1976 avverte Terzani: “Nel 1993 corri un gran rischio di morire. In quell’anno non volare. Non volare mai”. La profezia – a suo modo avveratasi, quando un elicottero delle Nazioni Unite, su cui Terzani si sarebbe dovuto trovare, si schiantò sul suolo della Cambogia – è una scusa per staccarsi dalla routine fatta di sterili aeroporti e passaggi obbligatori nei duty free shops per riuscire a riconnettersi a quella moltitudine che “si sposta carica di panni e bambini, quella cui gli aerei e tutto il resto passano letteralmente sopra la testa”. Ma è anche un modo per avvicinarsi al mondo della magia orientale, fatta di riti, stregoni e spiriti, dove importanti decisioni politiche, agende di appuntamenti, il punto della città in cui costruire un tempio e persino la posizione di un oggetto d’arredamento in casa è scelto con l’aiuto di un monaco o di un dukun, uno stregone che, attraverso la sua arte, è capace di scrutare il futuro e portare consiglio per mantenere stabile quell’armonia naturale in cui il popolo asiatico crede profondamente.

La profezia che mi riguardava mi dava la possibilità di esplorare i vari metodi, di battere nuove vie della conoscenza, e di affrontare questo strano mondo di mistero tante volte intuito, intravisto, sfiorato, ma mai preso abbastanza sul serio.

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Mercato notturno dei fiori a Bangkok

 

Lo stesso Terzani gioca il ruolo dell’indovino avanzando ipotesi sul futuro dell’Asia, alcune delle quali divenute realtà, altre, invece, non realizzatesi. O almeno non ancora. Dal suo viaggio attraverso la Thailandia si intuisce una sorta di odio e amore dell’autore per il paese. Odio verso una mentalità materialistica tipica dell’occidente al quale, primo tra i paesi del Sud Est dell’Asia, la Thailandia si è aperta, ma allo stesso tempo, amore per la genuinità delle persone che la popolano. Il Terzani che scrive si è infatti spogliato della veste di reporter disilluso che ha coperto le innumerevoli guerre e rivoluzioni dell’Indocina che, risolte in un nulla di fatto, hanno causato nient’altro che orrore, per assumere il ruolo di essere umano che, in quanto tale, si preoccupa dell’umanità dei suoi simili. Attraversando la Thailandia in un viaggio indipendente, utilizzando mezzi locali, a stretto contatto con chi vive e fa vivere il paese, si scopre che quest’umanità è tutt’ora viva, salvaguardata specialmente nei centri dove il turismo e la cultura occidentale sono ancora limitati, ma che qualunque viaggiatore può raggiungere con un pizzico di intraprendenza e di curiosità, accresciuta dalle parole di Terzani che riesce a contagiare il suo lettore del suo amore per le “persone comuni”. In questo modo “Un Indovino Mi Disse” diventa anche una guida di viaggio nel cuore della Thailandia; così muoversi attraverso il paese, dalle sue grandi città fino ai più piccoli villaggi, assume un sapore nuovo, in cui si è accompagnati da un occhio critico alla realtà che però non si lascia mai sfuggire quegli elementi di spiritualità che pervicacemente riescono a sopravvivere al frenetico progresso del ventunesimo secolo.

Treno notturno per Bangkok.

Treno notturno per Bangkok.

Ritrovarsi in piccole stazioni dei treni, in una sala d’aspetto in cui un vecchio ventilatore tenta inutilmente di opporsi al calore soffocante, circondati da monaci nella loro veste arancione, donne che vendono deliziosi spuntini per pochi centesimi e capitreno con la divisa e le mostrine al petto dà una visione della Thailandia per come è: un paese che sembra essere basato su regole altre, totalmente improvvisate, ma che in realtà sono solo difficilmente osservabili con un occhio occidentale. Non è cosa rara, per esempio, che il conducente di un autobus faccia una pausa di qualche minuto per fermarsi in un tempio e accendere un incenso perché il viaggio prosegua senza incidenti. Della Thailandia colpiscono i sorrisi sinceri delle persone, lo spirito di amicizia con cui la gente si prende del tempo per chiacchierare o per aiutare a trovare una strada e la generosità di un popolo che offre molto pur avendo spesso poco.

Terzani aveva predetto che tutto questo si sarebbe estinto col tempo, sotto la forza della mentalità occidentale importata da un turismo sempre crescente. In questo senso si prova un sottile piacere nel vedere che le sue doti di indovino non sono sempre state all’altezza delle sue qualità di scrittore e viaggiatore ed è una gioia accorgersi che ancora oggi la Thailandia rimane ancora la “terra della gente che sorride”. Tiziano Terzani si rivela il miglior compagno di viaggio verso il cuore del Sud Est Asiatico, in uno spostarsi, che, come il mio, venga anch’esso compiuto totalmente via terra. Seguire le sue orme attraverso “Un Indovino mi disse” è un vero e proprio viaggio nel tempo, dal passato di quel 1993, al presente che si osserva nella Thailandia di oggi, verso il futuro incerto di questo paese, che pur aprendosi sempre di più agli stranieri, non vuole rinunciare all’ autenticità delle sue tradizioni.

Piero Radogna

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