Storia del famoso teatro parigino con il nome di una marionetta. Nei primi anni del Novecento portò in scena la perversione, scandalizzando il pubblico francese
Il teatro è il luogo dove prendono vita le grandi emozioni: amore, rabbia, malinconia, tristezza. Ma ce n’è uno in particolare che è passato alla storia come il regno della paura e dell’inquietudine.
Stiamo parlando del Grand Guignol, il famoso teatro parigino che prende il suo nome da una marionetta francese, Guignol appunto, raffigurante un operaio di Lione in lotta contro il potere politico.
Ci troviamo nel famigerato quartiere di Pigalle, le cui notti frizzanti e scatenate sono state ritratte da Toulouse-Lautrec alla fine dell’ottocento, il quartiere del Moulin Rouge e del Musée de l’érotisme. Lì, in rue Chaptal, nel 1897, nel cuore pulsante di una Parigi ribelle e appassionata, nacque Le Theatre du Grand Guignol per mano di Oscar Matinier, ideatore e primo proprietario della piccola sala da 300 posti, un bizzarro personaggio, metà drammaturgo e metà secondino. È stato forse il lavoro alla prigione, proprio nel braccio dei condannati a morte, a ispirare il sapore truculento dei suoi lavori.
Si gridò allo scandalo già con la prima rappresentazione, basata su un racconto di Guy de Maupassant, dove Matinier unì la figura di una prostituta all’atto di un feroce assassinio.
L’intento del drammaturgo era quello di scavare nell’animo umano, nella composizione delle società moderne, nel lato oscuro che si cela in ognuno di noi, per portare in scena ciò che fino ad allora era considerato indecente o proibito.
Ma il vero periodo d’oro del teatro si ebbe con Max Maurey, successore di Matinier, che fu direttore del Grand Guignol per più di quindici anni. Sotto la sua guida il vero orrore raggiunse la scena: gli spettacoli grondavano sangue, infarciti di ossessioni maniacali e sadismo, crudeli atti di vendetta e pulsioni erotiche sopite.
Il principale drammaturgo impegnato in quegli anni al Grand Guignol fu Andre de Lorde. Fu lui ad aggiungere una punta di cupo mistero all’impasto orrorifico degli spettacoli, dando il via alle sperimentazioni dell’occulto.
Una delle opere più apprezzate, portata in scena in quegli anni, fu il riadattamento, scritto a quattro mani con Leo Marches, di una vicenda realmente accaduta oltre sessant’anni prima, consegnata ai posteri come la storia del Vampiro di Montparnasse: a metà dell’ottocento ci fu un giovane uomo, segnato fin dall’infanzia da gravi disturbi mentali, che sconvolse l’opinione pubblica rendendosi colpevole di terrificanti atti di necrofilia nei cimiteri di Parigi (il suo preferito era appunto quello di Montparnasse). L’uomo, sergente dell’esercito francese di nome Bertrand, era solito introdursi nei camposanti, dissotterrare cadaveri di giovani donne per berne il sangue o cibarsi di essi. Fu arrestato nel 1849 e morì suicida a soli venticinque anni.
Questa turpe vicenda si accordava perfettamente con i gusti dei visitatori del Grand Guignol.
A Maurey, dopo il 1914, succedettero altri direttori, ma le due guerre mondiali e l’intiepidirsi del pubblico nei confronti di ciò che un tempo era fonte di scandalo e di perverso piacere portarono al lento declino del teatro, che si spense definitivamente nel 1962.
La struttura però si trova ancora là, in rue Chaptal, al numero 20 bis. Se andate a Parigi fateci un salto, anche solo per dare un’occhiata alla sua sobria facciata da ex-cappella di monastero. La sua semplicità nasconde il teatro più perverso e irriverente della storia.
Vi corre già un brivido lungo la schiena?
Chiara Lazzeri
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