Al MAN, museo d’arte della Provincia di Nuoro, dal 9 marzo al prossimo 10 giugno è allestita la mostra L’elica e la luce. Le futuriste 1914_1944, curata da Chiara Gatti e Raffaella Resch. Fosse solo per questo, Nuoro val bene un viaggio: intorno i paesaggi delle Barbagia e del Supramonte.
Il MAN ha già allestito due precedenti mostre sui movimenti dell’avanguardia storica, sull’espressionismo tedesco e le coppie dell’avanguardia russa, realizzate con la direzione artistica di Lorenzo Giusti. L’intento di una trilogia è oggi soddisfatto.
La presenza delle donne nell’arte del Novecento è stata studiata a fondo a partire dalla fine degli anni Settanta. Non solo la riscoperta di uno specifico artistico femminile, ma è stato pungente l’interesse a riportare in luce personalità eccezionali, opere di alto valore, esistenze dalle trame complesse, di cui si sono a lungo ignorate perfino le date di nascita e di morte. Come se l’avanguardia fosse una prerogativa solo maschile.
Un caso ancora aperto e controverso è il ruolo delle donne nel futurismo. Il movimento era programmaticamente misogino, denso di figure maschili che proclamavani disprezzo della donna. Maschi erano i valori di forza, velocità, guerra, da cui il genere femminile doveva rimanere esclus.
“Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna”, diceva testualmente il Manifesto del futurismo nel 1909.
La mostra è costruita sulle tracce rinvenute in oltre 100 opere, dipinti, sculture, carte, tessuti, maquette teatrali e oggetti d’arte applicata, fatte da mano femminile, dagli anni dieci fino agli anni quaranta. Mani che firmavano i manifesti teorici del futurismo, donne che partecipavano alle mostre, sperimentando innovazioni di stile e di materiali in ambiti trasversali: arti decorative, scenografia, fotografia e cinema. Le donne erano presenti anche nella danza, in letteratura e nel teatro come figure indipendenti, artiste e intellettuali di primo piano nella ricerca estetica d’inizio secolo.
La mostra vanta prestiti in arrivo da collezioni pubbliche e private italiane, con opere anche poco conosciute, prende le mosse dal Manifeste de la Femme futuriste, pubblicato da Valentine de Saint-Point il 25 marzo 1912, in risposta alla Fondazione e Manifesto del Futurismo di Marinetti pubblicato a Parigi nel 1909 su “Le Figaro”.
Il percorso individua i caratteri di una ricerca collettiva che – libera da stereotipi, cliché, luoghi comuni e banali dipendenze legate ai rapporti di parentela con i maschi del movimento. Si rintraccia l’evidente e profonda riflessione estetica come condivisa dalle donne del gruppo, densa di implicazioni peculiari.
L’apparato documentale è formidabile, prime edizioni di testi, lettere autografe, fotografie d’epoca, manifesti originali, studi, bozzetti.
Ogni capitolo del percorso, che procede per macro-temi – il corpo e la danza, il volo e la velocità, il paesaggio e l’astrazione, le forme e le parole – documenta una vena particolare delle artiste futuriste, dedite ora alle arti applicate, al tessuto, ora all’uso del metallo e, in generale, a una sperimentazione polimaterica e multidisciplinare nel campo delle arti figurative, ma anche letterarie e coreutiche.
Le vicende individuali sono a volte spregiudicate, come la vita di Valentine de Saint-Point, troppo a lungo passate in sottordine rispetto al fragore maschile.
La mostra racconta le affascinanti biografie di molte donne futuriste, presenti nella vita artistica e culturale del periodo, nei salotti, nelle maggiori mostre nazionali, riviste e teatri. Sullo sfondo di un Paese allo stesso tempo eccitato dal progresso e ferito dal conflitto, le donne hanno partecipato al vortice dell’elica dei motori e alla luce del movimento dei corpi.
In catalogo saranno pubblicate le opere esposte con testi di Giancarlo Carpi, Enrico Crispolti, Chiara Gatti, Lorenzo Giusti, Raffaella Resch e una intervista a Lea Vergine, autrice della memorabile mostra curata nel 1980 per il Palazzo Reale di Milano, “L’altra metà dell’avanguardia”, dedicata alle artiste attive tra il 1910 e il 1940.
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