Lizzie Siddal, la musa tragica dei preraffaelliti

Lizzie Siddal, la musa tragica
                                           

Incarnare una musa non è facile e non sempre rende migliore la vita. Si può essere bellissime e amate, ispirare poesie, lettere, dipinti e musiche, ma spesso i demoni che albergano in tutti i comuni mortali prendono possesso anche di quelle persone che sembrano esser state baciate da un vento divino, che le ha rese uniche e indispensabili a nutrire la creatività di altri esseri speciali, gli artisti, siano essi pittori, scrittori, musicisti, fotografi, poeti, architetti.
Di questo la vita di Elizabeth Siddal, musa dei pittori preraffaelliti, è un perfetto paradigma.
Elizabeth Siddal, detta Lizzie, nasce a Londra il 25 luglio del 1829, in una famiglia di umili condizioni, e per mantenersi lavora come modista in uno dei tanti atelier della zona di Leicester Square. Ha vent’anni, è alta, sottile, dall’incarnato delicato e pallido, su cui spiccano grandi occhi dalle palpebre pesanti, e soprattutto magnifici e ingombranti capelli rossi, guardati allora con sospetto, capelli da strega, che portano sfortuna. Nell’atelier la nota il poeta irlandese William Allingham, ammiratore di un’altra ragazza che vi lavora e amico di alcuni artisti che fanno parte della neonata Confraternita dei Preraffaelliti. Allingham parla di Lizzie al pittore Walter Deverell, che la introduce nel circolo come modella. All’inizio Lizzie è assai incerta, all’epoca fare la modella era considerato un lavoro disdicevole, ma alla fine si tratta di un impegno ben più leggero dei pesanti turni da modista, fino a tredici, quattordici ore di lavoro al giorno, e molto meglio remunerato. Inoltre Lizzie ama la pittura, ama scrivere, e come si vedrà in seguito possiede un vero talento artistico nascosto, che la vicinanza con le tante menti fervide e creative del gruppo farà crescere e sviluppare.

La Confraternita dei Preraffaelliti era stata fondata nel 1848 da un gruppo di artisti e letterati, che volevano rinnovare l’arte ritornando agli ideali di purezza estetica e morale del Medioevo. Amavano Dante e Shakespeare, i cicli Arturiani e i racconti della Bibbia, da cui traevano i temi delle loro composizioni, e tra i moderni i poeti romantici George Byron e John Keats, e il contemporaneo Robert Browning. In pittura avevano sviluppato una sorta di medioevalismo romantico, dai colori puri e chiari, ispirato agli affreschi medioevali, tra cui quelli del Camposanto pisano che ammiravano moltissimo. Lizzie posa per la prima volta per il pittore Walter Howell Deverell nel ruolo di Viola nel dipinto tratto dalla Dodicesima notte di Shakespeare, e nel suo atelier nell’inverno del 1849 conosce il pittore e letterato Dante Gabriel Rossetti. Da quel momento i loro destini s’intrecciano indissolubilmente, nel bene e nel male, fino alla morte e oltre.

Dante Gabriel Rossetti, colto, bello e romantico, era figlio di esuli politici italiani. Amava Dante alla follia, fino a identificarsi con la sua figura e la sua vita, e ne aveva tradotto parte dell’opera in inglese.  Colpito immediatamente da Lizzie, ben presto ne fa la sua musa e la sua amante, identificandola con la Beatrice di Dante. Si narra che lo studio di Rossetti fosse pieno di immagini di Lizzie, che compariva in ogni suo dipinto, in ogni suo schizzo e in ogni suo pensiero. C’è una bellissima poesia di Christina Rossetti che descrive l’ossessione creativa del fratello per la sua musa: “Un volto s’affaccia da tutte le sue tele – Un’identica figura siede o cammina o si china – L’abbiamo trovata nascosta dietro quegli schermi – Quello specchio ha restituito tutta la sua bellezza – Una regina in opale o in abito rubino – Una ragazza senza nome nei più freschi prati estivi – Un santo, un angelo – ogni tela significa – Lo stesso unico significato, né più né meno – Si nutre del suo viso dal giorno alla notte – E lei con occhi gentili lo guarda a sua volta – Bella come la luna e gioiosa come la luce – Non consumata dall’attesa, non offuscata dal dolore – Non come è, ma com’era quando la speranza splendeva – Non come è, ma come ora nutre il suo sogno.”
Ma tutto questo è bello solo per un po’, poi a Lizzie non basta più. Vorrebbe essere parte della famiglia di Rossetti, diventarne la moglie, ma l’artista ha un’idea romantica e personalissima dell’amore e idealizza la bella Lizzie come una sorta di Beatrice. L’ama di un amore tormentato, ama forse più la Lizzie ideale di quella vera che, leggera, eterea, vestita alla “preraffaellita”, vive fra le pareti del suo studio.

Nel 1852 Lizzie posa per un altro artista della confraternita, John Everett Millais, che la ritrae in quello che diverrà il più famoso dipinto del movimento, l’Ofelia. Tratto dall’Amleto di Shakespeare, il soggetto raffigura Ofelia, sorella di Laerte, nel momento in cui la fanciulla, tradita dal ramo spezzato del salice, cade nel fiume, e le vesti gonfie d’acqua sembrano sostenerla, circondata dai fiori simbolici, con i lunghi capelli che fluttuano nell’acqua fra le erbe, la bocca socchiusa nel canto, lo sguardo perso, lontano e quasi incosciente della sua tragedia. Per rendere perfettamente le vesti, Millais immerge Lizzie per ore e ore in una vasca colma d’acqua malamente riscaldata. Lizzie sopporta stoicamente, ma si ammala, e sembra che da allora la sua salute divenisse malferma. Il sacrificio, però, produce un dipinto magnifico ed evocativo, e Lizzie è di una bellezza struggente. Da questo momento Rossetti però s’ingelosisce, e non vorrà più dividerla con altri pittori. Lizzie inizia allora a posare solo per lui, e ne diventa anche allieva, disegnando e dipingendo con grande talento, tanto che il critico e pittore John Ruskin, che ama e sostiene l’opera dei Preraffelliti, ne acquista le prime opere in toto. Nel 1855 alcuni disegni di Lizzie, insieme a quelli di Rossetti, vanno ad arricchire un volume di poesie di Tennynson, e finalmente il suo lavoro è riconosciuto. Nello stesso periodo l’amico e mentore Ruskin, preoccupato per la salute di Lizzie, cerca di convincere Rossetti a farne la sua legittima moglie. Lizzie è troppo delicata e sensibile, e ha bisogno di un cavaliere che la protegga, ma Rossetti sembra ignorare l’invito: la vuole, deve essere la sua unica modella, la ritrae, la ama a modo suo, ma niente di più.

Va detto che un ulteriore impedimento all’unione è anche la differenza sociale fra le due famiglie. I Siddal sono di umili origini, mentre i Rossetti sono una famiglia di intellettuali: il padre di Dante è Professore al King’s College, autore di un commento alla Divina Commedia, la sorella Christina è poetessa, la madre Frances è la sorella di John Polidori, medico di Byron nonché autore del primo romanzo sui vampiri. Nella vittoriana Inghilterra queste differenze contano molto!
Così, pur amandola, Rossetti non riesce a superare queste convenzioni, e Lizzie per lenire le sue sofferenze, sia fisiche che morali, inizia ad assumere il laudano, un forte e pericoloso oppiaceo che, pur causando dipendenza, all’epoca è considerato una specie di panacea e viene venduto regolarmente. Lizzie è bella e talentuosa, ma insicura e mentalmente fragile. Si tormenta perché sa che per Rossetti non è più l’unica, l’artista spesso la tradisce con altre bellissime modelle, tutte con lunghi incedibili capelli, labbra turgide e occhi conturbanti e lontani. Rossetti con la sua arte crea un’immagine femminile nuova, dalla sensualità algida e fremente al tempo stesso, distaccata ma animata da una fiamma interiore che incarna il suo ideale femminile, fusione delle caratteristiche fisiche delle sue modelle preferite: Jane Morris, Annie Miller, Fanny Cornforth, e chiaramente Lizzie Siddal.

Lizzie nel frattempo è troppo malata per dipingere, e si limita a scrivere poesie malinconiche che parlano di morte e amori finiti, sempre più dipendente dal laudano.  Commosso dalla sua sofferenza, finalmente nel 1860 Rossetti si decide a sposarla. E’ il 23 maggio, e la coppia parte per un breve viaggio di nozze in Francia, ma ben presto i problemi fisici di Lizzie li costringono a rientrare a Londra, dove Lizzie, più serena, riprende a disegnare. In questo periodo Rossetti la ritrae nel dipinto Regina Cordium, e in innumeri schizzi e disegni. Decidono di trasferirsi in una casa più grande che incorpori anche lo studio, e Lizzie scopre di aspettare un bambino. Sono pochi mesi di felicità, nei primi giorni di maggio del 1861 partorisce una bambina morta. Lizzie non si riprenderà più da questo dolore, e nella notte fra il 10 e l’11 febbraio del 1862 decide di lasciare questa terra, dove non ha  trovato felicità né gioia, nonostante la bellezza, la grazia e il talento, e assume una dose letale di laudano. Rossetti è stravolto, brucia il biglietto d’addio e nasconde a tutti il fatto che la moglie si è suicidata, così da poterla seppellire in terra consacrata. Lizzie viene sepolta nel cimitero di Highgate, e nella bara Rossetti cela tra i suoi lunghi capelli il libro di poesie che aveva scritto per lei. Per anni Rossetti resta ossessionato da questa morte, perseguitato da quello che dice essere il suo fantasma. Per ricordarla dipinge fra il 1864 e il 1870 uno dei suoi capolavori, Beata Beatrix, dove Lizzie è ritratta di profilo con le mani congiunte, in una posa estatica. Verso di lei vola una colomba rossa, che raffigura lo Spirito Santo, ma la colomba reca nel becco un papavero bianco, il fiore dalle cui capsule si ricava l’oppio che è alla base del laudano. Sullo sfondo una clessidra segna il tempo implacabile, e in lontananza Dante, il poeta in cui Rossetti s’identifica, si inoltra verso il bosco alle sue spalle: si tratta del bosco del settimo cerchio, quello dei suicidi, e il poeta sembra salutare tristemente una figura in rosso, forse l’Amore che si allontana: Lizzie è scomparsa, e tutto è finito.

Dopo la sua morte Rossetti si trasferisce in una palazzina Tudor che riempie di oggetti rari e curiosi, nel grande giardino alleva animali esotici e inizia a fare esperimenti di spiritismo. Nel 1869, ancora perseguitato dal ricordo della moglie e dalla perdita del manoscritto di poesie che ha lasciato fra i suoi capelli, decide di recuperarlo. Incredibilmente, Lizzie viene riesumata, e chi apre la tomba racconterà che il corpo era intatto, e che i meravigliosi capelli erano cresciuti a dismisura riempiendo tutta la bara. Da questa storia, forse inventata, prende avvio la diceria che vuole Lizzie Siddal trasformata in un vampiro.
Dante Gabriel Rossetti ne resterà sempre ossessionato, e pur continuando a lavorare inizia a bere e a fare a sua volta uso di laudano, con cui nel 1872 tenta di suicidarsi. Si salva, ma gli ultimi anni vedono un lento declino dell’artista, segnato dall’abuso di alcol e dall’intossicazione da cloralio idrato, sostanza che usa per combattere l’insonnia. Tormentato dal passato e dalla sua musa dagli incredibili capelli rossi muore il 9 aprile del 1882 a Birchigton-on-Sea.
“Oh, non affliggere con le tue lacrime amare

la vita che scorre veloce,

I cancelli del cielo si spalancheranno

E mi accoglieranno finalmente.

Allora siedi umilmente accanto a me

E guarda la mia giovane vita dissolversi

Poi la solenne pace della santa morte

Giungere rapidamente a te.

Ma, vero amore, cercami nella folla

Di spiriti fluttuanti lì vicino,

E ti prenderò per le mani

E alla fine ti riconoscerò mio.”

L. Siddal
 

Claudia Menichini
Condividi l'articolo
,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.