Lo Studiolo: Un locus amoenus per la mente.
Tutti gli studenti lo sanno: studiare è un’attività che richiede concentrazione, passione, silenzio e poche distrazioni, a volte perfino una profonda solitudine. Tutte queste esigenze sono racchiuse da sempre in un stanza speciale della casa che è lo studio; uno scrigno di oggetti e carte per noi care e preziose delle quali mai vorremmo vedere alterato l’ordine (o il disordine) da alcuno, fosse anche solo per rigovernare la propria stanza dal soqquadro.
Una biblioteca aperta a tutti.
E voi, lascereste mai aperto lo studio, o la vostra biblioteca, a chiunque volesse entrarvi? Lascereste toccare, sfogliare, leggere e studiare dai vostri libri a chiunque lo desiderasse e ogni volta che volesse? Nel 1812, a Monaldo Leopardi, padre del Poeta, venne proprio l’ illuminata idea di tramutare la sua privata biblioteca in un luogo di incontro, di condivisione e di unione per tutti i recanatesi. Fin dall’adolescenza Monaldo raccolse così tanti libri da riuscire ad accumulare nel giro di pochi anni un immenso patrimonio cartaceo di circa 20.000 volumi che non solo mise a disposizione sua e dei suoi colti figli, ma anche dei propri amici e di tutta la cittadinanza recanatese. Questa volontà venne espressamente dichiarata finanche nel testamento col quale volle ricordare ai propri figli di aprire la biblioteca “di quando in quando a comodo pubblico dei Cittadini, secondo loro prudenza e arbitrio”.
Studi “su tela”.
Jan Vermeer, pittore secentesco olandese, probabilmente affascinato dalla forza di questo spazio (lo studiolo), spesso lo dipinse insieme ai suoi diversi protagonisti: l’astronomo, il pittore, il geografo, la suonatrice di liuto. Egli ricreò l’intimità dello studioso grazie a una luce soffusa e carica di quel naturalismo luministico tipico caravaggesco e con una visione dello spazio solo parziale, lasciando ricostruire il resto alla nostra immaginazione. Nell’atelier del pittore, nascosto per metà dal pesante tendaggio, sembra di essere delicatamente esclusi da Vermeer per non invadere lo spazio del protagonista. Il momento in cui vengono ritratti questi soggetti è di silenzio, un silenzio sacro carico del frastuono interiore dello stupore, di entusiasmo e di voglia di creazione. Difficilmente verrebbe voglia di interloquire con l’astronomo per dirgli: “ Ti prego! racconta anche a me che cosa hai appena scoperto.”
Uno studiolo prezioso e misterioso.
Accedendo al piano nobile del palazzo ducale di Urbino, si accede a uno degli studioli più famosi di Italia. Parliamo del “rifugio” del Duca Federico di Montefeltro, splendidamente conservato e decorato da 28 ritratti di uomini illustri e da pareti intarsiate che descrivono un complesso sistema figurativo. Piccolo e quasi angusto, possiede al suo interno uno splendido gioco di prospettiva illusoria grazie alla quale tutti gli oggetti ivi rappresentati non subiscono mai distorsioni, gioco ottico che viene tutt’ora apprezzato dai visitatori dello studiolo. Gli oggetti rappresentati sono i più vari: strumenti musicali (il liuto con le corde rotte), un armadio con armatura militare, uno studiolo con leggio e lanterna, una clessidra e una candela, uno scoiattolo che afferra una noce, etc… Oggetti e scene sparpagliate per caso? Per gli studiosi sicuramente no; si tratterebbe invece di complessi sistemi simbolici voluti dal Duca, che la critica moderna oggi è riuscita solo in parte a decifrare in mancanza di una documentazione più salda cui appigliarsi. Per tutto quello che ancora c’è da scoprire, vi invitiamo giocosamente a studiare questo spazio … Chissà cosa si potrà svelare di nuovo. Piccoli Watson, al lavoro per svelare il mistero!
Daniela Farina
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