In un libro-reportage l’avventura dei migranti che ogni anno partono dal Messico per raggiungere gli Stati Uniti. L’autore lo racconta in prima persona: dalle violenze della polizia agli assalti delle bande, 20 giorni per narrare un dramma.
In ogni famiglia latinoamericana almeno una persona o un parente ha intrapreso un viaggio attraverso il Messico, verso gli Stati Uniti, come quello raccontato da Flaviano Bianchini nell’ultima pubblicazione della BFS Edizioni dal titolo “Migrantes. Clandestini verso il sogno americano”.
Ogni anno ottocentomila persone compiono questo pauroso percorso, seicentomila di queste arrivano negli Stati Uniti, circa diecimila perdono la loro vita, le altre vengono arrestate ed espulse; altre ancora vengono sequestrate dalle bande dei cartelli messicani e utilizzati dagli Zetas come muli per il trasporto di droga.
Flaviano Bianchini, con occhi occidentali, ci racconta questa impressionante realtà, sconosciuta al grande pubblico. Fingendosi un clandestino. L’autore, divenuto Aymar Blanco nato a Pupallpa nel cuore dell’Amazzionia peruviana, si confonde tra i migranti e percorre con loro un lungo viaggio da Tecùn Umàn in Guatemala a Tucson in Arizona. Due giorni di carcere, gli assalti delle bande e della polizia messicana, violenze ed abusi di ogni tipo non distolgono Bianchini dall’intento di raggiungere gli Stati Uniti da migrante. E infine il dramma degli ultimi tre giorni per attraversare il deserto, con la paura costante di diventare facile preda dei “minutem”, sedicente gruppo di cittadini statunitensi autorganizzati a difesa del loro paese e pronti a sparare sui migranti che cercano di passare la frontiera tra Messico e Stati Uniti.
Si tratta di un lungo tragitto, in parte percorso a piedi e su vecchi camion caricati all’inverosimile, avvalendosi di ogni trasporto di fortuna, ma in grande parte sulla “bestia”, un treno che trasporta merci e sul quale i clandestini viaggiano nascosti tra i vagoni. Un treno che trasporta ogni genere di merce, dallo zucchero alle noci, ai prodotti chimici che non possono essere prodotti negli Stati Uniti; un traffico unidirezionale, merci che si spostano da sud a nord.
Una linea ferroviaria conosciuta come “il grande cimitero anonimo” per ricordare le migliaia di migranti che perdono la vita cadendo da questo treno. Poi il convoglio ritorna a sud, questa volta però carico di rifiuti tossici non stoccabili negli Stati Uniti.
Bianchini percorre coraggiosamente questa tratta attraversando il dolore dei 20 giorni vissuti da migrante, in una situazione di disarmante stanchezza e disperazione, in un viaggio dove la prima regola è non fidarsi di nessuno e non dormire, mai. Il tutto allietato però dall’umanità di tanti messicani organizzati in accoglienza nelle “case dei migranti” e dalle “matronas” donne che passano giornate al margine della ferrovia per rifornire i migranti di acqua e tortillas.
Ma in questi anni – ci racconta Bianchini – è il traffico di esseri umani ad essere diventato in Messico (e non solo, aggiungiamo noi) tanto lucrativo quanto quello della droga: così che i cartelli messicani, principalmente gli Zetas, hanno iniziato a controllare le tratte che ogni giorno percorrono centinaia di disperati all’inseguimento del sogno americano.
Ma chi è il migrante? Un tempo era il più povero del villaggio, o colui che non aveva il coraggio di affrontare la povertà. Oggi migrare è anche un segnale di rivolta, di ribellione ad un meccanismo economico che prevede che da sud a nord si spostino milioni di tonnellate di merci, ma che allo stesso tempo non considera legale lo spostamento di esserei umani.
Un sistema economico ed una società che hanno dimenticato che proprio la migrazione è stata alla base della nascita della civiltà occidentale, di quella che chiamiamo la civiltà moderna. Migranti sono stati Gesù di Nazareth, Maometto, Colombo, Einstein, Fermi, Gandhi, Marx, George Washington… Oggi invece i migranti vengono fermati e con loro arrestate le loro idee, la loro conoscenza, la loro forza e la loro capacità.
Chi è ricco – per utilizzare le parole di Bianchini – non vuol dividere la propria ricchezza con nessuno, neppure con coloro che vengono da quelle terre sulle quali grava lo sfruttamento di quella ricchezza. Questa logica però, se ci pensiamo, sta diventando la più grande miseria della nostra società. “Le radici sono importanti nella vita di un uomo, ma noi uomini abbiamo le gambe, non le radici, e le gambe sono fatte per andare altrove” per dirla con i pensieri di Pino Cacucci.
Un libro che si legge in poche serate, avvincente, affascinante; un viaggio straordinario che pone con modernità il quesito se la strada e il viaggio possono ancora considerarsi vita: sì possiamo dirlo ancora, ma non per tutti, ci insegna “Migrantes”.
Migrantes di Flaviano Bianchini, BFS edizioni Pisa, Book Trailer di Diego Barsuglia
Massimiliano Bacchiet
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