Monte Verità: dall’alimentazione vegetariana alla fuga nell’impossibile
Cosa accomuna lo scrittore Herman Hesse, Alex Von Jawlensky, Klee, la pianista Ida Hoffman, Joyce, Russolo e ancora Isadora Duncan, Groupis, i signori della Bauahus, Karl Gustav Jung all’alimentazione vegetariana e uno stile di vita armonizzato ai ritmi della natura?
Un luogo. O quasi un non luogo. La Cooperativa “Vegetabiliana” (vegetariana) Monte Verità. ‘Dove la nostra fronte sfiora il cielo’, parafrasando chi, in prima persona, si è reso protagonista di quest’avventura legata a esoterismo, vegetarianismo e occultismo. Su questa collina teosofica, sopra Ascona, sul Lago Maggiore. Uno slancio riformatore è la forza che spinge l’élite culturale del tempo ad una via alternativa, a metà tra il blocco capitalista da un lato e quello comunista dall’altro.
Siamo sul finire del XIX secolo, momento catartico, in cui intellettuali e artisti cominciano a rompere certi schemi con le norme tradizionali e i canoni del passato, nella vita come nell’arte. Mai come il Novecento, l’intera cultura artistica ha conosciuto velocità di evoluzione e capacità di sperimentazione. Rotture che determineranno l’appellativo di avanguardie a tutti i movimenti che presentano una deliberata volontà di separarsi nettamente dal passato.
Così, a fine ‘800 inizi ‘900, sull’allora Monte Monescisa, nel Canton Ticino, in Svizzera, cominciano a riversarsi ogni tipo di idealisti e gruppi di solitari anticonvenzionali. In questa regione fertile, in cui riesce così bene piantare i semi dell’utopia che non riuscivano a crescere altrove, Arnold Rikli, medico svizzero, uno dei precursori del naturalismo, noto anche come “dottore del sole”, getta le basi per quelle che saranno le linee guida dello stile di vita di Monte Verità.
E’ nell’estate del 1899, nella sua colonia vegetariana e naturista, che si incontrano Henri Oedenkoven, figlio di ricchi industriali di Anversa, la compagna, insegnate di piano Ida Hoffman, Karl Graser e suo fratello Gusto, artista eccentrico, scultore pittore e predicatore vagante, in seguito protagonista tra i più seducenti del Museo di Monte Verità. Questi ricchi e audaci uomini, condividendo la semplicità e la naturalezza della vita e il disagio di vivere in quell’Europa ormai così ostile e materialista, concretizzano l’idea di formare una colonia ideale.
Monte Verità, è così che nascono le utopie, esprimendo il rifiuto del possibile con la fuga nell’impossibile.
Teosofi, cultori dell’esotismo, artisti, e gentil signori affamati di nuova vita e in cerca di un cambiamento, approdano in questa quiete collina. Vita comunitaria, semplice, tolstojana: come la desideravano i fondatori.
Nudismo: la libertà del corpo in bagni di sole e danze al chiaro di luna. Capelli lunghi e libertà sessuale.
Una dieta che escludeva cibi animali e si basava interamente su piante, verdure e frutta. Per una vita nel pieno rispetto di ogni essere vivente.
Un sistema cooperativo all’interno della comunità, che perseguiva l’emancipazione della donna, l’autocritica, nuovi modi di coltivare la mente e lo spirito e l’unità di corpo e anima.
Presagio hippy? Volontà collettiva a migliorarsi? Forse sì, ed è per questo che la parte più sensibile di popolazione, cercò rifugio in quella che è la madre di ogni uomo: la natura. Già stanchi di subire quel processo di industrializzazione, che assieme a tutti i vizi introdotti nella società del consumismo e le vicinissime nevrosi, scoperte da Freud, inquina l’esistenza.
Grazie al sottile gioco di interconnessioni che supera oceani, barriere continentali e culturali, oltreoceano, animato dalla stessa tendenza a sovvertire le regole, John Harvey Kellogg, medico statunitense, promuoveva la sua teoria alimentare The Battle Creek Idea, una dieta priva di qualsiasi tipo di carne. Il suo regime di salute, che poi definirà biologic living, includeva l’esercizio fisico regolare, aria fresca e sole, corretta postura, abbigliamento sensibile e un apporto da 8 a 10 bicchieri d’acqua al giorno.
Nel 1897, Kellogg inventerà i Corn Flakes, con una ricetta vegetariana che doveva fornire tutti i nutrimenti necessari, i primi di tutti i moderni cereali da colazione. Anche qui comincia a masticarsi aria di cambiamento.
Siamo nel 1920 e i fondatori della comunità partono e si stabiliscono in Brasile. Successivamente Monte Verità viene acquistato dal Barone Eduard Von der Heydt, uno dei più grandi collezionisti di arte contemporanea e orientale, nonché banchiere dell’ex imperatore Guglielmo II.
Arrivano gli anni ’30 e da questo momento in poi, con la crescita del Terzo Reich, Monte Verità diventa un passaggio verso gli Stati Uniti per intellettuali ebrei e intellettuali sovversivi, Groupis, Ignazio Silone, Einstain e altri ancora.
La Casa Anatta, “casa delle anime”, la dimora voluta dagli Odenkoven in perfetto stile teosofico, con angoli tondeggianti, doppi muri in legno, porte scorrevoli e soffitti a volta. Finestre affacciate al paesaggio paiono supreme opere d’arte, che si sommano alla collezione straripante che il Barone aveva accumulato negli anni, fino all’arrivo dell’esercito americano a guerra finita, che confisca palazzi e opere, accusando il Barone di un qualche collegamento con il Furer . Qualcosa di vero o solo sete di accrescere un già ricco bottino di guerra? Non possiamo saperlo, unica certezza che le opere non sono mai più tornate in Svizzera.
Alla morte del Barone nel 1964, “la casa delle anime” cadde in disuso. Definita dalla stampa dell’epoca “ la più originale casa Svizzera in legno”. Oggi è un museo, che ospita le memorie di questo sogno coscente ispirato a principi di libertà e a un ideale modello di società primigena.
Monte Verità rimane un posto che racchiude al suo interno un’ aura magica e nel terreno anomalie geomagnetiche. Che sia tutta questa energia ad aver ispirato la coraggiosa élite intellettuale del XX secolo a guardare indietro o forse così avanti? Non sogniamo ancora oggi le stesse cose? Ecco un esempio di come le utopie possono essere rese reali, alimentando sogni.
Il critico statunitense, Youngblood riuscì a dare una connotazione lungimirante al concetto di utopia, ponendosi come pionerista – su un’altro fronte – assieme ai protagonisti dei fatti che abbiamo raccontato; in comune, c’è sempre la famelica ricerca di sentieri mai tracciati:
Ora ho un approccio politico al pensiero utopico. Penso che se un progetto sociale non è ‘utopico’ non sia abbastanza radicale. E con ‘utopico’ indico ‘qualcosa che non è permesso’. Per alcuni la definizione di utopia è diversa. Per loro, un’idea è utopica se va oltre la possibilità psicologica o l’abilità umana. Non lo sappiamo fare e quindi è impossibile e quindi utopistico. Questa per me non è una risposta, se mai il problema. Se come umanità non siamo capaci, allora dobbiamo trovare il modo per essere capaci, giacché l’unica azione sociale valida oggi è quella radicale, proprio come lo è l’utopia. E’ il sogno di libertà, uguaglianza e appagamento.
Antonella Piazzolla
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sintetica e precisa nelle descrizioni dei tempi mi piace
Grazie.