Spesso si dimentica che nell’Ottocento, incastrato tra l’opera e la sinfonia, ci fu un altro genere che conobbe una certa popolarità, l’oratorio. Questa antica forma nacque nella seconda metà del XVI secolo come evoluzione delle laudi spirituali di San Filippo Neri e se fu originariamente sviluppata dalle comunità filippine italiane, si diffuse ad un’incredibile velocità in tutta la penisola e in meno di duecento anni questo genere riuscì a produrre grandi capolavori in tutta Europa: dall’Italia alla Francia, dalla Germania all’Inghilterra, da Vivaldi a Charpentier, da Bach a Händel, a ogni passaggio l’oratorio acquistava sempre più fama, soprattutto grazie a una geniale intuizione di Georg Friedrich Händel, e cioè di utilizzare l’oratorio come alternativa all’opera.
Fin dalla sua invenzione, l’oratorio è sempre stato una composizione sacra non liturgica a carattere drammatico, ma senza allestimento scenico, costumi o mimica. Inoltre riprendeva sempre un soggetto biblico (solitamente dal Vecchio Testamento). La grande innovazione händeliana sta nel fatto che questi decise di comporre oratori come se fossero delle vere e proprie opere liriche ma mantenendo la peculiarità dell’assenza di rappresentazione scenica. Inoltre, Händel rinnovò anche la fonte letteraria del libretto dell’oratorio e il modo in cui questa viene trattata: il soggetto può essere sì biblico ma, piuttosto che impiegare un trattamento da musica sacra veniva presentato in modo eroico-mitico (Judas Maccabeus), oppure mitologico (Hercules) o ancora ideale (Il Trionfo del Tempo e del Disinganno).
Così facendo, Händel si assicurò un buon numero di spettacoli a basso costo per il suo teatro di Londra e fu imitato da molti altri compositori che furono incuriositi dal genere: da Mozart (che addirittura orchestrò il celebre oratorio Messiah di Händel) a Beethoven con il suo Christus am Ölberge, fino a Schumann e Liszt, l’oratorio si affacciò sull’Ottocento per poi essere gradualmente dimenticato. Tuttavia, ben presto tornò con furore nell’Inghilterra vittoriana: in un periodo storico in cui andavano di moda i grandi complessi corali e orchestrali e si riscoprivano le gloriose Passioni di Johann Sebastian Bach, era inevitabile che anche l’oratorio tipicamente sacro tornasse a nuova popolarità, soprattutto nel cuore del Regno Unito.
È proprio per l’Inghilterra, o meglio per il Birmingham Triennial Music Festival che Charles Gounod scrisse due apprezzatissimi oratori, La Rédemption e – appunto – Mors et Vita. Quest’ultima composizione si segnala innanzitutto per la particolarità del soggetto, ossia il racconto suddiviso in tre pardi (Mors, Judicium e Vita) del cammino del defunto nell’Aldilà. Questa intenzione è dichiarata con grande fermezza da un ancor più strano particolare: la prima parte è costituita quasi integralmente da una Messa da Requiem, completa in tutte le sue parti. Si stima che questo sia il solo caso noto in cui un appare un Requiem completo all’interno della dimensione dell’oratorio. Un soggetto sicuramente austero e in linea con il pensiero vittoriano.
All’epoca, Mors et Vita riscosse un ottimo successo determinato anche dal gusto tutto ottocentesco per un organico di queste dimensioni (solisti, coro e grande orchestra), così come La Rédemption e la Messe à Sainte-Cécile. Tale era il consenso del pubblico che proprio su queste tre composizioni il grande Camille Saint-Saëns ebbe a dire (forse troppo entusiasticamente): «Nell’oscuro, lontano futuro, quando l’inesorabile tempo avrà fatto il suo lavoro e le opere di Gounod riposeranno per sempre nei polverosi santuari delle biblioteche, la Messe à Sainte-Cécile, laRédemption e l’oratorio Mors et vita vivranno ancora, dimostrando alle future generazioni quale splendido musicista abbia dato lustro e rinomanza alla Francia nel diciannovesimo secolo». Ad ogni modo, se è vero che lo stile compositivo di Gounod rifletta una sensibilità assai differente da quella moderna, è pur vero che in Mors et Vita sono contenuti dei passaggi assolutamente suggestivi, come il Prologo orchestrale che apre la parte seconda, Judicium; è quindi un’occasione degna di interesse quella che offre il Teatro Verdi di Pisa con la proposizione di questo rarissimo oratorio nello spettacolo di stasera, 22 ottobre, alle 20.30.
Inoltre, sarà una serata a ingresso gratuito perché il Teatro Verdi ha aderito a “Teatri aperti e altri luoghi per lo spettacolo dal vivo”, un’iniziativa promossa dal MIBACT e dall’Associazione Generale Italiana dello Spettacolo in collaborazione con SIAE, grazie alla quale sarà possibile entrare a teatro gratuitamente fino a esaurimento posti.
Luca Fialdini
lfmusica@yahoo.com
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