Mostri degli abissi

Fin dai tempi antichi popolano i nostri incubi, affiorando dagli abissi con forme viscide di tentacoli, zanne e inquietanti corpi sinuosi. I mostri marini nuotano nei meandri dell’immaginazione collettiva fin da quando i primi marinai hanno riportato avvistamenti di agghiaccianti creature sorte da gorghi oscuri, arrivando poi – millenni dopo – a compiere fugaci apparizioni sui quotidiani fino a diventare uno dei più amati topoi dei romanzi d’avventura… o dell’orrore.

Avvistamento di un serpente marino riportato dalla Domenica del Corriere del 23 febbraio 1958

Gli abissi dei nostri mari e dei nostri oceani hanno presto trovato posto in quelli dell’immaginazione, filtrando prima nella mitologia e subito dopo nei grandi cicli epici: ecco le sirene e Scilla e Cariddi di omerica memoria o i misteriosi mostri acquatici del Beowulf. Persino la Bibbia tra le sue pagine annovera la descrizione di un mostro marino, il Leviatano, così tratteggiato nel libro di Giobbe: «Fa ribollire come pentola il gorgo, fa del mare come un vaso da unguenti. […] Nessuno sulla terra è pari a lui, fatto per non aver paura. Lo teme ogni essere più altero; egli è il re su tutte le fiere più superbe».

A seguito delle traversate oceaniche, nei secoli XVI e XVII il pantheon delle creature degli abissi sì amplia notevolmente, includendone alcune talvolta davvero improbabili come il pesce vescovo (che, conformemente al proprio nome, avrebbe salutato gli avvistatori facendo il segno della croce), altre volte ben più inquietanti: serpenti di mare, plesiosauri, calamari giganti, balene tanto grandi da essere scambiate per isole, il kraken. Quest’ultimo, contrariamente a quanto si ritiene, non fa parte della mitologia norrena ma ha fatto parlare di sé “solo” dal Cinquecento.

La piovra attacca l’equipaggio del Nautilus in un’illustrazione di Henri Theophile Hildibrand

Così come il pubblico dei secoli antichi non sapeva resistere alle storie delle terrificanti creature degli abissi, raccontante con maestria dai cantastorie e dai vecchi marinai, neanche noi sappiamo sottrarci al loro fascino; non è una sorpresa, quindi, il fatto che molti narratori le abbiano incluse nelle loro opere. «Non sei mai stato il Capitano Nemo intrappolato nel tuo sottomarino, mentre la piovra ti sta attaccando?» domanda a Bastian l’enigmatico libraio de La Storia Infinita, citando uno degli episodi più famosi di Ventimila Leghe sotto i Mari di Giulio Verne.
Analogamente, nelle opere dell’americano Howard Phillips Lovecraft il mare e i suoi misteri giocano un ruolo fondamentale: le creature di Innsmouth, lo sconfinato paesaggio marittimo che ospita la storia di Dagon, ma soprattutto l’inabissata e distorta città di R’lyeh e la blasfema divinità Cthulhu che, morto, ivi sogna e attende.

Perché l’oscuro grembo del mare ci attrae così tanto, al punto da far germinare nella nostra mente le immagini più mostruose? Perché è una delle manifestazioni più concrete dell’ignoto. L’impossibilità attuale di poter dettagliatamente visitare ogni anfratto, ogni limaccioso sedimento dei fondali oceanici di per sé ci spinge a domandarci cosa potremmo mai trovare al di sotto delle grandi distese salmastre, dove nemmeno la luce riesce a penetrare. Abbiamo sicuramente un’idea molto più precisa dei nostri antenati di chi (o cosa) possa abitare gli abissi, dal pesce lanterna al pesce fantasma binoculare, all’anguilla pellicano, al melanoceto al drago di mare.

Rappresentazione di Cthulhu e della città di R’lyeh

Si tratta di creature assai poco rassicuranti, ma rappresentano ben poca cosa rispetto alla scoperta che alcuni degli animali ritenuti semplici miti o leggende esistano realmente. Ad esempio i calamari giganti. Si tratta di creature molto misteriose e ci sono note soprattutto grazie all’esame di carcasse rinvenute lungo le spiagge: le sue abitudini sono pressoché sconosciute, ma il fatto che gli esemplari di questa specie raggiungano i 10-13 metri di lunghezza (tentacoli compresi) va sicuramente tenuto a mente. Di dimensioni sicuramente più modeste il calamaro di Humboltd, che raggiunge “soltanto” i due metri circa di lunghezza; cionondimeno la sua natura estremamente aggressiva, unita a un becco corneo capace persino di spezzare le ossa e a tentacoli muniti di ventose uncinate lo rendono un pericolo concreto anche per l’uomo. Soprattutto se si considera che questo tipo di calamaro tende a vivere in gruppi che superano i migliaio di individui.

Esiste anche un’altra creatura, ben più sinistra per lo meno per l’aspetto, e ancor più misteriosa: il calamaro colossale. È la più grande specie di calamaro esistente, ragguardevole non tanto per la lunghezza quanto per il peso: il maggior esemplare mai studiato misurava circa 10 metri (si stima che i calamari di questa specie possano raggiungere anche i 15 metri) per 495 chilogrammi di peso. L’esistenza di creature del genere, che fino a un passato recente venivano ritenute meramente immaginarie, dimostra che lo scrigno gli abissi deve ancora svelare tutti i suoi segreti. E che chi guardando il mare aveva visto tentacoli, aveva ragione.

Avvistamento di un serpente marino in Irlanda da un’illustrazione del 21 ottobre 1871

Luca Fialdini
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