Il ritrovamento del manoscritto autografo di una sonata di Mozart è di per sé una notizia entusiasmante, ma quando questa sonata è una delle più celebri e amate dal pubblico, la Sonata in la maggiore KV 331, la cosa si fa davvero interessante. È quanto accaduto agli inizi del 2014 alla Széchényi National Library di Budapest, dove lo studioso di Mozart e direttore del dipartimento musicale della Biblioteca Balázs Mikusi ha rinvenuto un grande frammento del manoscritto mozartiano.
Il ritrovamento è ancor più interessante se si considera che di questa Sonata ci era pervenuta solo l’ultima pagina del celebre Rondò Alla Turca, mentre nelle pagine identificate da Mikusi c’è una parte molto consistente della Sonata: le batt. 55-134 dell’Andante grazioso, il Minuetto e le batt. 1-10 del Trio. È naturale che avendo a disposizione tanto materiale sia possibile eseguire un raffronto fra le varie edizioni a stampa e l’originale ed è proprio quello che ha fatto l’editore Bärenreiter con la nuova edizione della KV 331. Il proposito che anima l’edizione è tanto semplice quanto fondamentale: mettere a disposizione sia degli studiosi sia degli esecutori tutto il materiale il più possibile vicino alla versione originale della Sonata dimodoché siano direttamente costoro a comparare le varie possibilità e a trarre le proprie conclusioni.
L’edizione consta di tre parti: un’accuratissima prefazione di Mario Aschauer, corredata da alcune note sulla prassi esecutiva, il testo della prima edizione Artaria (1784) e il testo del manoscritto autografo di Mozart recentemente rinvenuto. Il perché della scelta di queste due fonti è chiarito nella sopracitata prefazione, in cui Aschauer elenca ed esamina tutte le varie fonti a disposizione dello studioso moderno (in breve: si tiene in maggior considerazione la versione Artaria perché ad essa si rifanno le successive edizioni anche di altre case editrici, anzi, spesso tra una versione e l’altra ci sono importanti differenziazioni nel testo, peraltro non giustificate rispetto all’originale testo mozartiano e quindi ignorate). La decisione di mantenere separate le due fonti principali della KV 331 è altresì illustrata da Aschauer: dato che esistono differenze talvolta anche piuttosto importanti tra il manoscritto e la prima edizione a stampa e non è possibile, per mancanza di prove certe, stabilire a cosa siano dovute, è lecito dire che nella «prospettiva odierna» la «Sonata è dunque divisa tra il testo dell’autografo e della prima edizione: non c’è un singolo testo musicale definitivo ma entrambe le manifestazioni dell’opera rappresentano realtà storiche che necessitano di essere documentato in un’edizione critica».
In quest’ultima frase c’è la motivazione per cui questa edizione diventerà uno strumento indispensabile per studenti e studiosi: non preclude alcuna possibilità ma fornisce ai suoi utilizzatori i migliori strumenti a nostra disposizione. Con questo lavoro la Bärenreiter ha reso obsoleta ogni altra edizione in quanto ha definitivamente eliminato le aggiunte indebite e apocrife riportate in altre pubblicazioni, che ormai persistevano fin dalla fine del Settecento, ha posto una ferrea gerarchia delle fonti e ha saputo mantenere il più possibile inalterato il testo originale, pur dovendolo adattare alla prassi esecutiva moderna. Grazie a questa meticolosa opera di “restauro” che ha spazzato via gli errori storici e della tradizione pianistica, l’editore ci ha restituito un testo della KV 331 presumibilmente molto vicino a come doveva essere nelle intenzioni di Mozart ma anche con diverse sorprese. Non ci si aspetti, naturalmente, di trovarsi di fronte a “un’altra” KV 331, la Sonata resta quella che tutti conosciamo. Tuttavia, in questo “nuovo” testo ci sono delle varianti molto importanti rispetto a quello cui siamo abituati: nelle dinamiche, nell’armonia o semplicemente nell’andamento melodico o ritmico.
Senza voler elencare tutte queste varianti, per quanto concerne le dinamiche un esempio interessante può essere la batt. 84 del primo movimento: tradizionalmente, le prime tre note di questa battuta vengono eseguite con una legatura, invece Mozart le segna tutte e tre staccate (addirittura, a scanso di equivoci, segna lo staccato su ogni voce). È una minuzia, ma modifica il carattere della Variazione IV orientandolo decisamente verso un gusto brillante e velatamente ironico. Una differenza ben più importante (e più gustosa) si ha nella seconda parte del Minuetto, alle batt. 24-26: mentre, tradizionalmente, vengono eseguite nel modo minore, ossia con il do naturale, nella prima edizione così come nell’autografo queste tre battute sono in modo maggiore. Addirittura, come si può vedere dal facsimile del Minuetto inserito nella presente edizione, Mozart si premura in aggiungere il diesis al do di batt. 26 come alterazione di cortesia, proprio per evitare che qualcuno potesse pensare che il passaggio fosse in una tonalità minore. Questo andamento armonico, che sicuramente verrà avvertito come uno shock dato che ci si aspetta il modo minore, è molto suggestivo e rende il tutto meno banale: la prima parte del Minuetto si chiude, come da manuale, nella tonalità di mi maggiore (la dominante di la maggiore, che è appunto la tonalità d’impianto) ma poi vira subito su si minore, poi fa ritorno in mi maggiore – e non su la minore! – andando quindi a creare una giocosa instabilità armonica che si risolverà con il ritorno alla tonalità d’impianto alla batt. 31.
Questi sono solo due dei molteplici esempi che si potrebbero fare, tuttavia è doveroso sottolineare il fatto che la presente edizione è in grado di rinfocolare un annoso dibattito, ossia quello della prassi esecutiva del XVIII secolo, nella fattispecie spinge nuovamente a domandarsi quale fosse il carattere della musica settecentesca, in altre parole con quale spirito dovrebbe eseguirsi. Alla luce dei due testi “originali” della KV 331, appare subito chiaro che si tratta di un brano molto meno pianistico di quel che ormai ci aspettiamo, elemento che si evince ad esempio dall’uso della settima di dominante: differentemente da quanto riportano molte edizioni, Mozart la predilige senza il raddoppio della fondamentale (a parte casi particolari, come la batt. 36 del primo movimento, dove la fondamentale viene raddoppiata in modo da far intuire allo spettatore che la variazione è giunta al termine) così da ottenere una dissonanza meno dura. Meno dura, ma non necessariamente “esile”, aggettivo che di solito viene associato alla musica del XVIII secolo. Questa edizione invita, gentilmente ma in modo risoluto, a tornare sulla nostra concezione estetica di “sonorità settecentesca”, a riaprire un dibattito che oggi, grazie all’impegno puntuale e metodico della Bärenreiter, acquisisce nuovi materiali e di primissima rilevanza.
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