“Le parole sono importanti!”. Nanni Moretti all’Arsenale con “Palombella rossa”

PISA – «Ma come? Il mio film ha così tanti anni? Ha bisogno addirittura di un restauro? Mi sembra ieri che l’ho fatto».

Eh sì Nanni. Proprio nel 1989, a settembre, uscì quel capolavoro che è Palombella rossa. Lo stupore del regista ci fa sorridere, si presenta al suo affezionato e numeroso pubblico in tutta la sua spontanea e speciale simpatia. Siamo al Cinema Arsenale, lunedì 3 aprile, dove per ben tre volte nello stesso giorno viene proiettata la versione in 4k di Palombella rossa (qui qualche altra foto della serata). Già un’ora dopo l’inizio della vendita dei biglietti, due giorni prima dell’evento, i posti sono esauriti per entrambe le proiezioni previste. Ma Nanni Moretti concede una terza e ultima ripetizione alle 23, riproponendo sempre lo stesso format: presentazione del film, proiezione e incontro con il pubblico nel foyer del cinema. Nel suo intervento ci racconta della sua intenzione di inserire in un suo film la pallanuoto, lo sport che ha svolto con passione per anni. Michele Apicella, protagonista del film, nonché alter ego esasperato e travagliato dell’artista, è un giocatore di pallanuoto ma soprattutto è un comunista. Nanni ci racconta che voleva portare in scena la crisi del comunismo di quegli anni ma non impersonata dal classico impiegato deluso e annoiato che frequenta i soliti posti con i soliti amici e affronta i problemi tipici delle coppie stanche con sua moglie troppo stanca e prosaica per comprendere i suoi dissidi interiori.

Sceglie invece di creare una sceneggiatura libera e scene spesso prive di collegamenti espliciti e logici ma fortemente simboliche ed emozionanti. Alcune sono dettate anche dal caso: quando alza il pugno guardando Il Dottor Zivago non fa un gesto che nasconde un elogio dell’Urss, come in molti hanno pensato, ma semplicemente esprime il coinvolgimento del personaggio nel seguire le vicende dei protagonisti del film. Il suo vuole essere un film sulla politica e non un film politico: emergono più domande che risposte dalle parole di Michele e dei suoi interlocutori. Proprio per questo si presta a diverse interpretazioni sempre nuove e attuali. In particolare, la famosissima scena che tutti ricordiamo, iconica e potente: lo schiaffo alla giornalista e lo sfogo di Michele, che non tollera le espressioni da lei usate, troppo semplicistiche, banali, vuote e prese da un linguaggio pseudomoderno fatto di inglesismi e modi di dire fuorvianti e sbagliati. Ci racconta il regista che lo schiaffo fu provato così tante volte da causare un arrossamento della guancia della povera attrice che alla fine delle riprese si chiuse in bagno a piangere finché non le portarono dei fantastici dolcetti siciliani per tirarla su. È infatti in Sicilia, ad Acireale, che Moretti intese girare il suo film: volle comparse ostili, sconosciute, un clima ben diverso rispetto a quello che avrebbe trovato a Roma con comparse del luogo.

E tra le risate del pubblico si chiude la presentazione. E chissà se, a distanza di ventotto anni, abbiamo davvero imparato che «le parole sono importanti».

Laura Messina
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