Nicola Piovani e la cantata La Vita Nova per Danteprima

PISA – Uno degli appuntamenti più attesi di questo Danteprima,  la rassegna ideata da Marco Santagata dedicata al sommo poeta, è stato sicuramente il concerto di Nicola Piovani dello scorso 27 maggio in Piazza dei Cavalieri durante il quale il maestro romano ha diretto la propria composizione La Vita Nova, indicata come «Cantata per voce recitante, soprano e orchestra»; nell’esecuzione Piovani si è avvalso della partecipazione dell’attore Dario Lubatti, del soprano Valentina Varriale e di una vasta compagine orchestrale formata dall’Ensemble Aracoeli e da strumentisti dell’Orchestra Arché.

Si tratta indubbiamente di una partitura complessa e ricca di sfumature, risultando quindi impegnativa per l’orchestra che però, per parte sua, non ha battuto ciglio e ha saputo muoversi con grazia tra le atmosfere diafane della Vita Nova. L’unico rammarico circa l’esecuzione è il “peccato originale” di cui era macchiata: l’esecuzione all’aperto, motivo per cui l’orchestra è stata microfonata e al pubblico il suono giungeva attraverso un impianto stereo; un grandissimo peccato perché in questo modo si è persa molta dell’organicità del suono orchestrale. È vero che l’amplificazione era l’unica soluzione possibile vista l’esecuzione all’aperto, ma è altrettanto vero che, come diceva Toscanini, «all’aperto si gioca a bocce», non si fanno suonare le orchestre. Ad ogni modo, l’esecuzione da parte dell’orchestra è stata impareggiabile.

Nicola Piovani

Se è vero che gli esecutori sono stati eccellenti e che lo spettacolo in sé – concettualmente parlando – era interessante, è altrettanto vero che la musica ha destato diverse perplessità. Lasciando a latere la questione del rispetto della forma prescelta, ossia quella della Cantata, fin dalle prime note è apparso subito chiaro che si trattava di musica che non era in grado di “stare in piedi da sola”, ma che aveva bisogno di un supporto perché più che un brano di musica pensato come tale sembrava una colonna sonora. Chi ha ascoltato l’esecuzione di brani di colonne sonore in concerto, senza la proiezioni di immagini o spezzoni dei film da cui sono tratti, ha potuto constatare come in quei casi si avverta palpabilmente l’esigenza di un supporto visivo alla musica e la stessa esigenza è stata nettamente avvertita nel corso del concerto. Anche il genere della composizione di Piovani perplime, e molto. Anche dopo l’ultima nota non si è capito con precisione cosa si è appena ascoltato: opera, cantata, jazz, pop, contemporaneo, fusion, tutti generi che appaiono e scompaiono in un maelström obiettivamente confusionario, dove certamente non sono d’aiuto strumenti esterni al contesto orchestrale come la batteria e il basso elettrico. Esiste una sola parola per definire questa composizione: ibrida. Queste contaminazioni, che andavano tanto di moda negli anni ’60 e ’70, oggi non appaiono solo superate ma anche piuttosto evitabili, perché farvi ricorso?

Bisogna però riconoscere che quella di Piovani è una partitura eccezionalmente colta, in cui appaiono sbuffi di rimembranze che riecheggiano Puccini, Verdi, Mussorgsky, persino Ennio Morricone. Anche qui, però, non può non sorgere una domanda: perché limitarsi a riecheggiarli? Una delle regole d’oro di Igor Stravinsky era: «Il buon compositore non imita, ruba». Se si vuole richiamare Puccini, perché non inserire un piccolo passaggio (basta una manciata di battute) da una sua composizione, piuttosto che limitarsi a scrivere – per usare una terminologia cara al primo Novecento – “alla maniera di”? È questo che lascia perplessi: le atmosfere ci sono tutte, la scrittura orchestrale è davvero buona e soprattutto funziona bene, ma alla fine il pezzo non si concretizza mai.

 

Parlando del ruolo che svolgono i due solisti nella partitura, non si è capito che rapporto avessero con tutta l’architettura del pezzo e che in una “cantata” non si riesca a capire dove stiano portando le parti cantate e recitate è grave. Così come è grave il fatto che non si sia capito chi fosse l’effettivo “padrone di casa” della serata: Dante? Piovani? L’orchestra? Probabilmente neanche il pubblico di quella sera saprebbe rispondere, visto il tiepido applauso conclusivo.

lfmusica@yahoo.com

Luca Fialdini
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