Il “corto” – che sia “breve” – è per definizione sinonimo di “istantaneo”: indica l’essere temporaneo e in divenire. In ambito architettonico si potrebbe far riferimento alla nuova concezione della società contemporanea, con la sua architettura e i suoi manufatti di riferimento, che nel subìre il fascino della contingenza esistenziale, finiscono per esprimerne la mobilità e l’incertezza in tutti i campi, rifuggendo tutto ciò che possa essere stabilità e pesantezza.
Brevità come provvisorietà: il concetto di “tempo” si trasforma in quello di “temporaneità”.
La nostra epoca obbliga l’uomo ad adattarsi ai cambiamenti sociali che lo spingono ad entrare in contatto con le diverse forme dell’abitare e di vivere lo spazio: la casa muta il suo concetto di permanenza e si avvicina sempre più a quello di temporaneità, l’abitare temporaneo passa da una dimensione statica ad una dimensione dinamica e transitoria.
L’architettura perde la sua pesantezza e soprattutto la sua eternità per lasciar posto a tutto ciò che di effimero possa esserci, da qui nasce la concezione delle abitazioni-modulari o dei minimi moduli abitativi, delle case trasportabili e soprattutto dei padiglioni temporanei.
I padiglioni rappresentano l’emblema dell’architettura moderna per eccellenza, sono quei luoghi-laboratorio dove si sperimentano i nuovi materiali, le nuove tecniche e la loro spazialità.
La loro breve durata e la loro “fragilità” sembrano incarnare alla perfezione le caratteristiche di un’epoca la quale non cerca o insegue più l’eternità e la solidità quanto il cambiamento e la mobilità.
Spesso i padiglioni temporanei passano dall’essere effimeri al divenire icone di un evento o anche di una città intera, si pensi alla Tour Eiffel costruita per l’Esposizione Universale di Parigi del 1889 che in breve diventata simbolo di Parigi e non viene più smantellata. In questo caso la provvisorietà si prolunga e finisce per perdere di carattere diventando permanente.
L’aggettivo “temporaneo” è in antitesi con il concetto di permanenza tipico dell’oggetto architettonico, sempre stato pensato per durare nel tempo: la vita di un “oggetto temporaneo” è misurata in rapporto al tempo per cui sarà utilizzato.
La provvisorietà di questo genere di strutture racchiude, nel suo senso più profondo, il fascino di questi oggetti, che per le loro caratteristiche hanno un rapporto con il mondo – e quindi la natura – di tutto rispetto: non la invadono ma vi si poggiano leggiadramente.
Essendo luoghi sperimentali possiedono una caratteristica identità che accentua gli aspetti dello spazio in cui sono immersi, introducendo nuove prospettive dinamiche.
La Serpentine Gallery è uno dei più importanti centri di arte contemporanea a Londra. E’ formata da due gallerie situate in due punti opposti di Kensington Gardens’ e da un padiglione temporaneo realizzato sul prato del parco che ogni anno si rinnova ed ha una “vita” di tre mesi. Esso offre spazi di socializzazione ospitando una caffetteria, eventi culturali e gli incontri che si svolgono a Londra nel periodo estivo.
La Serpentine Gallery non è altro che un concorso di sperimentazione architettonica iniziato nel 2000, la progettazione viene affidata di anno in anno ad architetti conosciuti sul panorama internazionale che non abbiano mai realizzato qualche progetto in Gran Bretagna. Tra gli architetti che vi hanno partecipato si annoverano: José Selgas e Lucía Cano nel 2015, Smiljan Radić nel 2014, Sou Fujimoto nel 2013, Herzog & de Meurong nel 2012, Peter Zumthor nel 2011, Jean Nouvel nel 2010, Kazuyo Sejima and Ryue Nishizawa nel 2009, Frank Gehry nel 2008, Olafur Eliasson e Kjetil Thorsen nel 2007, Rem Koolhaas e Cecil Balmond nel 2006 e tanti altri.
Si tratta di architetture che, se pur realizzate con budget limitati, posseggono un grande impatto spaziale e visivo all’interno del parco. Essi, quasi come oggetti d’arte posizionati in un contesto naturalistico, arricchiscono di valore aggiunto il parco inebriando gli occhi dei visitatori: il padiglione stesso diventa esposizione immerso nel verde.
Donatella Incardona
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