Il fiume scorre lentamente in mezzo a dimore storiche e palazzi allineati e tu, che passeggi assorta, sei attratta da un colore insolito, diverso dal resto.
Entri e salendo le scale di questa nobile dimora cittadina chiudi gli occhi e immagini fruscii di sete e broccati, di stoffe non più comuni oggi, gonne lunghe che carezzano i gradini.
Sali. Al primo piano ti addentri in grandi sale, adorne di grandi tele.
L’aspetto è quello di un tempo, sembra quasi di sentire ancora i passi di tutti gli illustri antenati che si sono succeduti nella proprietà del Palazzo: I Sismondi, i Sancasciano, i Testa, gli Agostini, gli Archinto.
Tutte nobili famiglie che hanno fatto parte della storia di questa importante città.
Nella parete acconto a te una grande tela di Francesco Pascucci di chiara impronta romantica e di fronte episodi di Enea che abbandona Troia e sullo sfondo la tua città.
Un grande biliardo all’italiana ed altri arredi ti tengono ancorata in questo tempo indefinito e vago, arrivi così alla sala del pianoforte.
Piccole tele di Giovan Battista Tempesti, pittore pisano del settecento, in realtà studi d’atelier che ritraggono teste di personaggi tra i più diversi e variegati che probabilmente affollavano la tua città trecento anni orsono.
Ma lo sguardo è attratto dalla grande tela di Desmarais, pittore francese, che, dopo aver fatto tappa a Roma, viene a Pisa (meta ambita nel Gran Tour settecentesco) e qui riceve un’importante commissione dalla famiglia Roncioni.
Questa grande tela, tre metri per due, fatta arrivare all’epoca direttamente da Roma, raffigurerà la famiglia Roncioni, appunto, con un linguaggio che richiama subito alla mente il grande J.L. David. Rimandi inequivocabili a quella neoclassicità che David fece propri con una forza ed una padronanza tali da segnare uno spartiacque profondo con la storia dell’arte precedente.
Questa tela rappresenta una delle prime certificazioni della scuola davidiana, presente in Toscana e lo stesso autore realizzerà anche il sipario del piccolo teatro privato presente a Palazzo Roncioni, sull’altra sponda dell’Arno, dove si esibiva, in quegli anni, Vittorio Alfieri, mettendo in scena per pochi amici le proprie opere.
Pisa. Incrocio di interessi culturali, letterari e artistici, grazie alla presenza del suo Duomo, meta da sempre di numerose visite, alla sua Università, che richiama le menti migliori del tempo, grazie anche ai suoi dintorni naturalistici unici, come S. Rossore, i Bagni di San Giuliano, raggiungibili dal centro città con una entusiasmante corsa a cavallo.
La visita del Palazzo prosegue e noti con piacere, come il forte-piano presente sotto al dipinto di Desmarais sia proprio quello presente nel dipinto (frutto di una ricerca accurata da parte della Fondazione Pisa).
Entri poi nella grande sala da pranzo, dove l’originale lampadario di murano troneggia al centro sopra un prezioso tavolo da pranzo. Nella volta i dipinti delle altre proprietà fuori città della famiglia.
Arrivi così al secondo piano.
Qui è presente la collezione permanente della Fondazione Pisa.
Alle prime opere d’arte acquistate dalla Cassa di Risparmio di Pisa, provenienti in prevalenza dal territorio, si sono aggiunte negli anni diverse donazioni di collezionisti e artisti della zona. Il tutto è stato acquistato in seguito dalla Fondazione Pisa che ha incrementato la collezione, disponendola in un allestimento museale tradizionale al secondo piano, appunto, del Palazzo.
Nella prima sala, notiamo subito una scelta originale e coraggiosa da parte della curatrice, Dott.ssa Linda Pisani, sono posizionati, infatti, uno di fronte all’altro due polittici posti entrambi davanti ad un pannello bordeaux che magnificamente esalta l’oro delle opere.
Osservandole meglio vediamo che rappresentano uno la “copia” dell’altro. L’originale, preziosissimo, di Cecco di Pietro, artista di origine pisana del trecento, fu per un lungo periodo oggetto di restauro e nell’ottocento venne sostituito da un “falso d’autore” di Joni – pittore senese, di quadri antichi. La scelta di esporli entrambi, uno di fronte all’altro è oltre che coraggiosa anche interessante per approfondire una fenomeno importante quale appunto quello dei “pittori di quadri antichi” tipico dell’ottocento. La visita prosegue poi attraverso un percorso visivo che dal trecento attraversa i secoli con le opere quattrocentesche di V. Foppa, testimonianze cinquecentesche del Cigoli fino all’importante tela secentesca di Artemisia Gentileschi, controversa artista legata dai suoi natali alla città, presente con Clio, la musa della Storia.
Ancora una sala dedicata a G.B. Tempesti con l’importante opera di S. Ranieri ed il percorso si conclude con il novecento che vede l’esposizione di diverse incisioni di Viviani detto “il principe di bocca d’Arno”.
Decidi di tornare alla tua passeggiata sul LungArno, quando sul muro dell’atrio scorgi una scritta “Un viaggio affascinante attraverso la storia dell’arte del territorio. Una dimora nobiliare ottocentesca….”
Si, proprio questo è stato, un affascinante tuffo nel passato.
Con fatica apri l’enorme portone, il sole ti colpisce in pieno viso e non ti lascia vedere le automobili che scorrono davanti a te, ma di cui ti arriva l’inconfondibile frastuono.
Maf
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