Paola Bivona, una voce sul ring

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Paola Bivona ha intuito qual era la sua strada forse già quando, a soli due anni, cantava «a squarciagola sui sedili comodi della vecchia Duna70» di famiglia, come racconta sul proprio sito. È nata il 3 giugno 1992 a Pontedera, Pisa. A undici anni indossava felpe nere, ascoltava Green Day e Bennato, studiava chitarra e nel suo destino era già scritto che sarebbe diventata una cantante.

Dal rock degli anni ’60 ai mitici ’70, dal blues al jazz, passando dalle corde dello strumento a quelle vocali, il percorso di Paola include alcuni importanti traguardi: nel 2014 è salita sul ring di The Voice; il 19 giugno del 2013 la sua città natale era in fibrillazione davanti allo schermo per la finalissima del 56° festival di Castrocaro, in diretta su Rai1; e in Basilicata ha aperto il concerto della popstar Alexia.

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Anellino al naso, sorriso raggiante e sguardo limpido di chi insegue una passione senza lasciarsi ammaliare dalle sirene della celebrità usa e getta, Paola ci incontra per parlare della sua esperienza a The Voice. Ma anche di donne e musica, delle insegnanti che hanno fatto la differenza nella sua vita e di quelle artiste che hanno lasciato un’impronta indelebile nella sua formazione.

Chi sono queste donne, Paola?

La prima, importantissima guida, per me è stata il soprano Alessandra Micheletti, con la quale studio ancora presso la scuola Proscaenium di Pisa. L’ho incontrata in un momento cruciale, quando ho deciso che il mio scopo era quello di vivere cantando. Ci sono persone in grado di aiutarti sotto molti punti di vista e lei è una di quelle: mi ha introdotto al mondo del musical, ha sviluppato la mia consapevolezza musicale e fornito nozioni tecniche importanti, come quelle sul respiro. Un cantante deve considerare il corpo uno strumento: Alessandra mi ha aperto la mente anche su questo.

E i tuoi riferimenti musicali femminili? A chi ti ispiri?

Mettere insieme i nomi non è semplice. Diciamo che, fra tutte, ha fatto la differenza è stata Janis Joplin. Al liceo ho sviluppato un interesse fortissimo per gli anni ’60 e ’70. Ho sempre considerato Woodstock un evento unico, il concertone delle meraviglie. Joplin è un’icona, la figlia dei fiori per eccellenza. Amavo la sua voce e il suo fascino particolarissimo, in grado di travalicare il senso comune di bellezza. Forse lei ha innescato la mia passione più di ogni altro artista.

Adesso chi ascolti?

Sto apprezzando Julie London, Doris Day, Peggy Lee e Vanessa de Mata. Mi concentro sul Jazz, che ha sempre fatto parte del mio repertorio, ma adesso sto
cercando di studiarlo a fondo.

Parliamo della tua esperienza a The Voice. Come ci sei arrivata?

Dopo aver “stressato” la redazione per un mese e mezzo! Mi hanno dapprima convocata per i provini, a Roma. Passati quelli, dopo aver scelto una canzone c’è stata la Blind Audition e mi hanno presa. Devo ammettere che sono stati tre mesi di felicità rocambolesca.

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Come li hai vissuti?

Mi sentivo nel mio ambiente naturale, ma allo stesso tempo nervosa. I coach erano affiancati da maestri in gamba, come Gaudi e Marco D’Angelo. Io ero nel team Pelù. Se ci ripenso provo anche uno strascico d’amarezza, tuttavia, perché mi sembra di non aver sfruttato al massimo l’occasione: dopo la prima puntata credo di aver perso naturalezza. Cioè, mi sentivo meno spontanea. Prima della sfida con Pelù ero così nervosa che stentavo a controllarmi. Non so se sia dipeso dal mezzo televisivo o dalla pressione generale. Anche Noemi se ne è accorta, perchè ha detto di aver apprezzato soprattutto la mia versione di Redemption Song.

Che cosa ti ha lasciato l’esperienza?

Molto, soprattutto per l’interpretazione. Non è facile tenere un palco, acquisire presenza scenica ed esibirsi. Lì ho rotto il ghiaccio, mi sono messa alla prova e ho imparato tanto, forse più che al livello tecnico.

Torniamo alle donne. Nella scena pisana ci sono cantanti che apprezzi particolarmente?

Petra Magoni, senza dubbio. Quando canta con Ferruccio Spinetti dimostra una capacità poliedrica, quasi totale, di adattare la voce in ogni genere e circostanza.

Secondo te il rapporto che lega uomini e donne al canto è diverso? Ci sono delle differenze?

No, non credo. Dipende dalla persona. Forse le donne sono più inclini a crearsi un personaggio, e il pubblico incuriosito vuole conoscerne la storia, i retroscena. Forse per un uomo è più semplice essere naturale. La donna ha molti punti di forza in più e carte da giocare, perché sa essere intrigante, ma rischia di costruirsi oltremisura. Comunque credo non ci siano grandi differenze: si canta per le stesse ragioni e quello che conta è il talento.

Mai pensato di scrivere canzoni?Bivona4

Sì, ma non riesco a concludere. Qualcosa mi blocca. Non è il mio ruolo. Forse un giorno, quando avrò scritto un testo che mi soddisfa, proverò a chiedere il parere di qualche professionista. Per adesso li tengo nel cassetto.

Uno sguardo al futuro: cosa bolle in pentola?

Sto collaborando con delle persone per dei brani inediti. Al momento preferisco non dire con chi e per cosa. C’è in ballo inoltre un progetto di musical molto importante, ma anche qua, per scaramanzia, preferisco tacere i dettagli. Poi ci sono diverse tappe sul calendario. Mi esibisco regolarmente in coppia con Matteo Quiriconi, chitarrista fidato. Ci chiamiamo The Brothers in Low e suoniamo blues, soul e rock in giro per locali. Oltre a tutto questo, continuo la mia formazione. Non ho nessuna intenzione di fermarmi!

Se volete ascoltare Paola Bivona dal vivo, date un’occhiata alle date qua di seguito:

20 marzo The Brothers in Law @Circolo Soms Palaia.

 21 marzo Paola Bivona @Teatro Era, Pontedera (per i 180 anni della Filarmonica Volere è Potere).

 27 marzo (Paola Bivona alla voce, Alessandro Buonamini al contrabbasso e Lorenzo Pugi alle percussioni) @Circolo LinkPontedera.

IOFilippo Bernardeschi

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