“Se il campanile fosse stato diritto, probabilmente Pisa non sarebbe così nota in tutto il mondo, a dimostrazione del fatto che talvolta un errore può portare più bene che male. Nell’architettura, come in mille altre cose umane”.
Signore e signori benvenuti nella città di Pisa.
E quale miglior modo per addentrarsi tra le vie della città, se non attraverso le parole di uno scrittore pisano DOC, come Marco Malvaldi? L’abbiamo intervistato per voi, in questo numero di TuttoMondo dedicato a Pisa, cercando fra le sue risposte l’immagine della città che, negli anni, si è accumulata nel cuore dello scrittore.
Per chiunque abbia la voglia e il tempo di lasciarsi guidare in un in tour tutto particolare nella città della famosa Torre, l’autore della fortunata serie del BarLume, ha pensato a un libricino, di poco più di 150 pagine, che fa proprio al caso vostro: Scacco alla Torre (Felici Editori).
Ma mettiamo subito le cose in chiaro.
Scacco alla Torre non è una guida turistica, o almeno non lo è nel senso ortodosso del termine. Se state cercando un vademecum con luoghi da visitare, orari, hotel e ristoranti, allora una guida del Touring Club potrebbe essere decisamente più utile.
Questo libriccino serve per farsi un’idea, sembra dire al lettore: “Attento! Quando arrivi a Pisa guardati intorno e resterai sorpreso da quello che potrai trovare!”.
Scacco alla Torre è il racconto di una Pisa reale, che non inizia e non finisce dentro il perimetro di Piazza dei Miracoli o peggio, sotto l’ombra della Torre pendente, opera ragguardevole, cui la città deve eterna gratitudine, ma ben nota alle masse.
Perché a Pisa non c’è solo la Torre, anche se sembrano pochi quelli capaci di accorgersene e l’autore non si fa certo scrupolo a dirlo: “ se vi fermate a guardare solo la torre che pende, vi perderete una valanga di cose: inclusa la serenità tipica che uno agogna quando è in giro per turismo …”.
Che dire … Malvaldi ha proprio ragione.
E leggendo Scacco alla Torre, non potrete che averne la certezza.
Lasciandovi condurre, tra i vizi e le virtù della città, in questo viaggio virtuale, vi troverete a passare per i Lungarni (Arno fiume dalla nomea d’argento e dall’aspetto di bronzo), vi lascerete colpire dalla bellezza di Piazza dei Cavalieri e magari vi rilasserete facendo due passi per il Viale delle Piagge o al Giardino Scotto; e se poi vi venisse fame, non farete fatica a trovare qualche bel posticino che vi darà grandi soddisfazioni.
E per il visitatore irriducibile, che non può andarsene senza aver fatto tappa a Piazza dei Miracoli, il consiglio è, si, di andarci, ma di notte, perché Piazza dei Miracoli, per i pisani (Chi conosce meglio una città di chi ci vive?), è vera solo di notte, quando la ha smesso di lavorare e palesa all’occhio attento tutti i suoi piccoli segreti.
Ma Scacco alla Torre, non lasciatevi trarre in inganno, non è nemmeno un elogio incondizionato, una bella sviolinata di cui l’autore vuole omaggiare la sua città.
Malvaldi non cerca di nasconderne difetti e contraddizioni, ma lo fa sempre con quell’ironia corrosiva, che può usare solo chi questa città la ama veramente.
E se è vero che andare in bicicletta sui Lungarni è una forma particolarmente elaborata di roulette russa e che il suo meteo prevede pioggia per almeno 100 giorni all’anno, certi difetti in fondo fanno il colore e il volto di una città.
Ora, se volete saperne di più sulla festa di San Ranieri, sulla bizzarra tradizione del gioco del ponte, sul microcosmo universitario che popola la città, sulle bellezze e le curiosità nascoste dell’antica Repubblica Marinara due sono le cose da fare:
- Leggete Scacco alla Torre.
- Prendete la vostra macchina, il primo treno o il primo volo low cost, e venite a vederla con i vostri occhi.
Anche se, a pensarci bene, questa potrebbe essere la degna conclusione della migliore delle guide turistiche.
Scacco alla Torre è qualcosa di diverso da una guida – turistica, come ci tieni a precisare, si tratta piuttosto un pot – pourri di aneddoti, descrizioni e impressioni. Qualcosa che non deve spiegare ma incuriosire.
Da dove nasce l’idea di accompagnare il lettore in questa passeggiata per la città di Pisa?
L’idea nasce da quel vago indispettimento che provo ogni volta che qualcuno dice : ‘Ah, Pisa. Non è ancora cascata, la torre?’, e io immancabilmente penso ‘No, aspetta che tu ci passi sotto, demente.’ E poi, dal veder sistematicamente ignorati dal turista dei luoghi meravigliosi, che oltretutto si trovano sul tragitto per arrivare alla torre stessa: la Chiesa della Spina, o l’orto botanico. No, loro vogliono la torre.
Nato e cresciuto a Pisa. Ci descrivi la città con l’occhio dell’osservatore attento e dell’abile narratore. Dalle pagine del tuo libro, tra amore e disillusione, traspare un forte senso di appartenenza a Pisa.
E’ stato sempre così o si tratta di una conquista ottenuta col passare del tempo? Quando hai capito di amare realmente la tua città?
È bella, questa domanda. Come tutti, quando sono andato via. In Olanda mi facevo tutti i giorni dieci chilometri in bici sotto la pioggia per andare a lavorare; rispetto alla passeggiata sui lungarni, è un po’ un’altra cosa. Ma soprattutto, mi sono reso conto di essere un pisantropo quando ho conosciuto persone che venivano da fuori: siciliani, liguri, calabresi, abruzzesi soprattutto. È il grande vantaggio dell’università: puoi conoscere altri posti senza muoverti. Un po’ come leggere…
Il luogo di Pisa, fisico o simbolico, al quale ti senti più legato, magari per un ricordo particolare?
Il viale delle Piagge, senza dubbio. Ci ho visto le lucciole una sera, insieme a quella che sarebbe diventata mia moglie. Per me, le piagge sono il simbolo della libertà. Non so spiegare perché, forse perché tante esperienze legate al diventare grande le ho avute lì.
Un pregio e un difetto di Pisa.
Pregio: è una città compatta. Tutto è a breve distanza, mare e montagna, e un aeroporto che si raggiunge a piedi. Difetto: il clima. Se a uno piacciono l’umidità e le zanzare, però, è il posto ideale. E poi, vero che la piazza dei miracoli è meravigliosa, ma il tragitto dal parcheggio scambiatore alla piazza è atroce, oltre che rischioso. Sembra di essere in periferia di Bogotà, altro che Toscana.
Ogni forestiero (studenti universitari fuori sede compresi) dovrebbe avere l’opportunità di conoscere una città attraverso lo sguardo di chi in quella città ci vive e la conosce come le sue tasche.
Un suggerimento per il turista alla sua prima volta a Pisa?
Passare almeno un weekend in città, senza guida. Passeggiare, e chiedere agli indigeni quando si vede qualcosa di curioso. La città va passeggiata, non visitata. E vissuta. Andare in piazza dei Miracoli la sera, quando non ci sono turisti, non la mattina o il pomeriggio, per esempio.
Dalle pagine del tuo libro, traspare di tanto in tanto una certa bonaria e ironica ostilità per i livornesi.
Nessuna possibilità di riconciliazione?
Ma no, i livornesi non sono così male. Sono intelligenti, furbi, e imprevedibili. L’ho sempre detto: il livornese è il miglior amico dell’uomo.
Da fuori sede, un piccolo suggerimento a noi studenti per vivere al meglio Pisa?
Prendersi una settimana di tempo per affittare un appartamento decente. Il numero di carogne che lucrano sulla pelle dello studente affittando a prezzi assurdi dei tuguri è veramente troppo elevato. E cercarsi un luogo dell’anima, un posto da relax, di quelli dove non va nessuno. Pisa ne è piena, di posti a venti metri dalla gente dove non arriva nemmeno un rumore.
Ultima domanda. Arriverà il giorno in cui i turisti di Piazza dei Miracoli capiranno che, se la Torre sta li in piedi da secoli, ogni scatto, più o meno fantasioso, in cui si tentano rocambolesche pose per sorreggerla, sono del tutto inutili?
No. Ora poi ci sono anche i bastoni per farselo in selfie. La cosa può solo peggiorare…
Biancamaria Majorana
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