Pisa e il cinema Arsenale dedicano una serata a Dario Argento e al suo Profondo Rosso
Lo scorso Marzo la città di Pisa ha avuto il piacere di ospitare niente meno che Dario Argento, uno di quei nomi che non lasciano certo indifferenti.
Il maestro del brivido è arrivato in città per la messa in scena al teatro Verdi della sua versione del Macbeth verdiano. E per l’occasione la città è tornata a spaventarsi con una delle pellicole più celebri del maestro, Profondo Rosso.
TuttoMondo ha avuto l’occasione di scambiare due parole con Argento. Prima, però, ripercorriamo le tappe e i contenuti dell’evento che l’ha condotto a Pisa.
Profondo Rosso è tornato per una sera sugli schermi nella versione restaurata dalla Cineteca Nazionale di Roma, con una proiezione dedicata al regista, che si è svolta al Cineclub Arsenale, in collaborazione con la Fondazione Teatro Verdi di Pisa.
Presente in sala Dario Argento per parlare del suo film e per rispondere alle domande di un pubblico, accorso numeroso ed entusiasta; accanto a lui Silvano Patacca, Direttore Artistico del Teatro Verdi, convenuto per un breve saluto, e Federico Caddeo autore di documentari sul cinema di genere, che ha coordinato l’incontro.
Arsenale stracolmo di gente, in fila dalle sei del pomeriggio, per non lasciarsi sfuggire l’opportunità di vedere di nuovo, o forse per la prima volta, insieme al regista, un film divenuto oramai un vero e proprio classico del genere thriller – horror.
Titolo: Profondo rosso Regia: Dario Argento Sceneggiatura: Dario Argento, Bernardino Zapponi Fotografia: Luigi Kuveiller Interpreti: David Hemmings, Daria Nicolodi, Gabriele Lavia, Macha Méril, Eros Pagni, Giuliana Calandra, Piero Mazzinghi, Glauco Mauri, Clara Calamai, Aldo Banamano, Liana Del Balzo, Vittorio Fanfoni, Dante Fioretti, Geraldine Hooper Nazionalità: Italia, 1975 Durata: 2h. 06′
“Sai, certe volte, quello che vedi realmente e quello che immagini, si mischia nella memoria come un cocktail del quale tu non riesci più a distinguere i sapori.”
Quinta pellicola di Dario Argento, Profondo rosso esce nella sale nel 1975 e subito è un grande successo non solo in Italia ma anche all’estero, sopratutto in Giappone (lì la pellicola uscì dopo Suspiria, con il titolo Suspiria 2), cosa non così scontata per un film di genere per di più italiano.
Grande successo a cui corrisponde un decisivo rinnovamento del linguaggio del suo regista. Profondo Rosso infatti costituisce un vero e proprio spartiacque nella filmografia di Dario Argento, segnando il passaggio tra il primo periodo, propriamente thriller (L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code, 4 mosche di velluto grigio) e il secondo dedicato al genere thriller/horror sovrannaturale (Suspiria, Inferno e La terza madre).
Ma Profondo Rosso è qualcosa di più che il fiore all’occhiello nella lunga carriera di Dario Argento, il film rappresenta un punto di svolta nella storia del cinema di genere italiano e non solo; dopo Profondo Rosso, nessun regista potrà avvicinarsi a un film thriller – horror senza rivolgere uno sguardo agli elementi più innovativi del cinema argentiano.
Profondo Rosso è un film complesso e forse anche per questo è difficile collocarlo all’interno di un genere, non è un giallo puro ma non è nemmeno un horror nel senso canonico del termine.
E relegarlo a un genere codificato una volta per tutte sarebbe quanto meno riduttivo. Profondo Rosso è molto di più, è un thriller, un horror sovrannaturale, ma anche una commedia e in un fondo una storia d’amore, come ha sempre detto l’attrice Daria Nicolodi (la giornalista Gianna Brezzi nel film).
Mark Daly ( l’attore David Hemmings ) è un giovane pianista americano giunto a Roma. Per sua sfortuna si trova a essere il testimone involontario di un efferato omicidio, consumato a colpi di mannaia. La vittima è una famosa medium Helga Ulmann (Macha Méril).
L’uomo inizialmente vuole tirarsi fuori dalle indagini, ma poi, complice l’interesse nascente per la giornalista Gianna Brezzi (Daria Nicolodi), che segue da vicino il caso, e la certezza di aver visto un particolare fondamentale nella casa della vittima, decide di mettersi sulle tracce dello spietato omicida.
Così Marc, insieme a Gianna, si ritrova coinvolto all’interno di un intricato puzzle dal quale, tra assassini e misteri inspiegabili, emergerà una verità scioccante per quanto inaspettata.
Un plot semplice, ma che diviene per il regista occasione per costruirvi sopra un gioco ad incastro nel quale lo spettatore si trova completamente coinvolto, anche perché (e questo è uno degli elementi di forza del film) fin dall’inizio è testimone inconsapevole dell’identità dell’assasino.
Un grande gioco del regista dunque, un gioco fatto di citazioni (celebre l’omaggio reso dal regista al quadro di Hopper “I sonnambuli“), di un lavoro di messa in scena altamente formalizzato, ma mai macchinoso, di un dialogo continuo con lo spettatore. Spettatore che resta spaventato, non tanto dalla crudeltà degli omicidi ( più efferati di quello che il giallo all’italiana ci aveva abituato a vedere), quanto più per l’estremizzazione, operata da Argento, del meccanismo della suspense. Quello che fa davvero paura in Profondo Rosso sono i silenzi carichi di presagi, che dominano le scene dei delitti, le ambientazioni lugubri, la ritualità ossessiva con la quale l’assassino mette a segno i suoi macabri omicidi.
In tutto questo non si può non spendere due parole per rendere omaggio alla colonna sonora del film, firmata dai Goblins, gruppo rock progressivo italiano. La musica del film è divenuta un vero e proprio cult, che ancora oggi, a distanza di anni, fa salire i brividi lungo la schiena di chi al buio si trovi a spaventarsi ancora una volta davanti a questo gioiello del cinema di paura.
Prima di lasciare i nostri lettori al video realizzato dall‘Arsenale, in cui sarà possibile ascoltare e rivedere Dario Argento parlare del suo film, Tuttomondo ha avuto modo di incontrare il regista per una breve intervista.
E’ uscito da poco il suo libro autobiografico, ” Paura”, quasi un romanzo di formazione, edito da Einaudi. Perché l’esigenza di mettere nero su bianco la sua vita anche negli aspetti meno noti ai più?
Su di me sono state scritte moltissime cose. Da quando ho intrapreso questo mestiere sono uno dei registi italiani, forse europei, sui quali si è scritto di più. Valanghe di libri, tesi di laurea anche a volte contraddittorie tra loro. E così, ad un certo punto, ho pensato che fosse arrivato il momento di dire come stavano veramente le cose e che cosa era accaduto davvero. Ed ecco ha preso forma questo libro.
Lei è grande regista e un maestro del cinema di paura. Tuttavia la critica italiana non è sempre stata generosa con i suoi film. Crede ci sia un certo pregiudizio in Italia rispetto al fare cinema di genere?
In Italia questo pregiudizio c’è, però sta passando. Credo che per il cinema di genere sia un ottimo momento. Oggi tanti Festival importanti, Cannes, Venezia, invitano registi e autori di film di genere. E nuovi nomi si stanno affermando sopratutto in America e in Francia. Diciamo che mi sento in buona compagnia con autori importanti.
Cosa pensa oggi dello stato di salute del cinema italiano?
Nel panorama italiano c’è una forte crisi, per scarsità di risorse, produttori, distributori e per una certa carenza di talenti. E per adesso vedo scarse possibilità di recupero.
Forse bisognerebbe guardare con più attenzione al cinema che viene dall’Oriente, da paesi come la Corea o il Giappone, che stanno facendo un cinema molto interessante. Poi anche al cinema americano che ogni tanto tira ancora fuori dei capolavori, film forti e potenti.
Il suo cinema si è sempre contraddistinto per la capacità di coniugare successo di pubblico, ricerca estetica e una notevole sperimentazione tecnica. Crede sia questo il punto di forza del suo cinema?
Io faccio questa sperimentazione da sempre, dal mio primo film. Questo è il mio cinema, l’ho fatto e lo voglio fare in un certo modo e oggi faccio l’opera continuando a seguire queste mie linee cinematografiche. Il Macbeth di Verdi ne è una conferma.
Qui di seguito il video realizzato dal Cineclub Arsenale nel quale Dario Argento ci parla di Profondo Rosso.
Biancamaria Majorana
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