Intervista ai Gonzaga
Tutto è guerra, una sentenza è il titolo del loro nuovo lavoro
Ho avuto l’occasione di conoscere e intervistare questo gruppo con cui condividerò il palco insieme alla mia band, gli Ambassadors il 15 gennaio. Non li avevo mai sentiti prima ma mi è bastato poco per apprezzare i loro pezzi, la loro grinta e ironia. I Gonzaga sono dei ragazzi toscani che si sono riuniti sotto il nome di una nobile dinastia di Mantova, ma Mantova stessa non li ha generati; eremiti delle colline lucchesi sono in tre: Angelo Sabia, David Martinelli e Giacomo Galligani. La band si forma intorno al 2008 e già nel 2009 inizia ad avere i primi riconoscimenti a cui ne seguiranno moltissimi altri: nel 2009 si aggiudicano la finale del Tuscany International Festival 2009 e l’anno seguente vincono l‘International Music Think Tank 2010. Iniziano a macinare chilometri di concerti e nel 2011 la Fondazione Arezzo Wave Italia li inserisce nel roster di artisti per l’esibizione al 25esimo anniversario di Arezzo Wave, al fianco di Mariposa, Thank You For The Drum Machine e Negramaro. Sempre nello stesso anno vengono premiati come miglior band emergente sul palco del Lucca Summer Festival e su quello del Friends of Music Festival 2011, scelti da Steve Hewitt (Placebo, Love Amongst Ruin).
A dicembre 2013 esce il singolo Astronauta che anticipa l’uscita del loro primo EP La Manovra di Valsalva disco impreziosito dalla visione dell’artista Giampaolo Bianchi in copertina. Nel 2015 esce finalmente il loro primo album Tutto è guerra, un disco forte, sia nella musica che nei testi, un album contemporaneo che riunisce sensibilità per il nostro mondo e per il nostro ambiente, che strizza un occhio alla filosofia e alla letteratura e che richiama alla memoria il prog italiano e più schizofrenico degli Area, miscelato ad una secchezza e crudezza di suoni a cui si sovrappongono cenni elettronici e visioni di un mondo assurdo, stravolto, cannibale e artificiale.
Vi lascio ora all’intervista. Qui potete intanto ascoltare l’album dei Gonzaga.
Cominciando dagli inizi… Raccontatemi come è nato il vostro gruppo e perché avete scelto proprio il nome Gonzaga…
Da noi ci si conosce tutti ed attraverso gusti musicali e conoscenze comuni abbiamo deciso di formare la band. Per quanto riguarda Gonzaga, cercavamo appunto un nome che fosse breve, che suonasse bene e soprattutto con una forte connotazione italica, che rappresentasse la genuinità e la cultura delle nostre origini.
Siete in tour per presentare il vostro nuovo lavoro Tutto è guerra. Il titolo è deciso, tagliente, una sentenza poetica. A cosa si riferisce in particolare?
Il disco è un ritratto sociale che analizza i vari rapporti di conflitto sia interni che esterni… Purtroppo anche la storia recente conferma quanto questo concetto sia quanto mai attuale.
La cosa che ho notato è che nei vostri testi serpeggiano critica e disillusione, franchezza ed enigmaticità, narrate con uno stile che unisce il registro alto della filosofia e la poesia a parole dirette e colloquiali. Volevo chiedervi, quanto i grandi poeti dell’800 e del 900 e anche i filosofi, hanno influenzato la scrittura dei vostri testi?
Personalmente (Angelo) cerco sempre di condensare molto significato in ogni parola; nella contemporaneità della musica lo spazio per le parole può sembrare breve ed in molti casi effettivamente lo è, soprattutto per descrivere tematiche complesse. Alla fine le canzoni sono come “analisi dell’animo umano” che è un tema di forte rilevanza filosofica. A Nietzsche ad esempio abbiamo dedicato proprio platealmente un brano del disco… Lo studio e la passione per i Grandi (la lista sarebbe enciclopedica ma per la poesia ti cito Montale ad esempio) mi ha portato quindi a sviluppare un linguaggio personale.
Curiosità: Pacific Trash Vortex immagino che parli dei problemi dell’inquinamento ed è il vostro unico titolo in inglese. Come mai la scelta di questo particolare titolo?
Il titolo nacque ancor prima del brano… Quando scoprii la notizia incredibile di un’enorme isola di rifiuti al largo del Pacifico decisi subito di scriverci una canzone.
Chi sono stati i vostri mentori musicali nella vostra carriera e in particolare per il vostro lavoro Tutto è guerra?
Stimiamo ed ascoltiamo tantissimi artisti, su tutti i Beatles. In riferimento al disco, ci siamo lasciati guidare più che da “mentori” da “maniere”… Nel senso che il reale humus artistico di Tutto è Guerra è modo in cui poi è nato. Un disco con uno sguardo alla vecchia maniera di produrre dischi. Al giorno d’oggi sono tutte produzioni sfavillanti, piene, roboanti…Ma terribilmente piatte, ricche nel suono ma senza profondità. Per questo ci siamo letteralmente chiusi nella sala A di Officine Meccaniche, abbiamo acceso gli ampli, le tastiere, posizionato la batteria per uscirne dopo pochi giorni con un disco finito. Abbiamo registrato tutti insieme in diretta perchè volevamo trasmettere una genuinità ed una sincerità di fondo che andasse di pari passo con i testi.
Rock e letteratura, rock e storia, rock e arte, rock e filosofia: mi è capitato spesso di intervistare gruppi in cui alcuni dei membri avevano una formazione umanistica, e questa inevitabilmente si rifletteva nelle loro canzoni. Secondo voi il quanto il rock contemporaneo può avvalersi delle discipline umanistiche per creare un nuovo connubio e per dare forza ai suoi messaggi?
La forza del Rock è sempre stata nel suo messaggio: irriverente, contraria, stupefacente, maestosa… Nella letteratura e nella filosofia gran parte di questi messaggi a differenti livelli sono stati anticipati, analizzati ed interpretati… Quindi la musica, soprattutto Rock o quantomeno tutta quella “di contenuti” può creare un potente connubio artistico sotto questo aspetto con letteratura e filosofia specialmente.
In questo numero di Tuttomondo indagheremo il concetto della memoria. Nei vostri pezzi che ruolo ha questa parola?
Senza memoria non potremmo ricordarci ad esempio che Tutto è Guerra… E che gli errori del passato si possono evitare, le tante sfaccettature della vita migliorano…
Grazie mille ragazzi. Un saluto da me e da Tuttomondo. Ci vediamo il 15 al Borderline!
Virginia Villo Monteverdi
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