Poetici e cantautoriali: I Rugo

Intervista a Rugo:

un giovane progetto musicale pisano tra le onde del mare, la poesia cantautoriale e la vita universitaria

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I Rugo sono Francesco Ferrari (voce, chitarra), Matteo Franceschi (basso), Federico Cerrai (testiera, tromba). Non hanno ancora ultimato il loro primo Ep ma hanno creato due gran bei singoli che viaggiano tra le dolcezze musicali di una ninna nanna estiva e le estetiche indie italiane fatte di delicatezza, attitudine naif e capelli spettinati.

I Rugo sono dolci ed enigmatici allo stesso tempo, come un’ onda che lentamente s’infrange sulla battigia alla sera. Sono figli di un placido mediterraneo e sembrano avere una spiccata predilezione per quell’immaginario del piccolo e minuto, che nelle loro canzoni assume un’importanza fondamentale. Immaginate i granelli di sabbia, i ciottoli, le creature del mare, gli amori passionali dell’estate e tutto ciò che è naturale venga trasportato dalle onde sulla spiaggia silenziosa e umida: questa è l’atmosfera serena e a tratti malinconica che si percepisce ascoltando i loro brani. Sapore di salsedine, sole, momenti semplici e ricordi appesi agli scogli.

Cari Rugo, grazie per avermi concesso l’intervista. Il vostro nome è curioso. Da dove nasce?

RUGO: Prima di parlare del nome forse è meglio raccontare come nasce questo progetto. E prima ancora, presentarsi. Io sono Francesco. Due anni fa un mio amico, Pasquale, mi fa una richiesta: mettere in musica un testo da lui scritto per una ragione ben precisa. Nasce cosi Mari Nell’Atlante. Io, avevo già iniziato a scrivere qualcosa, ma non avevo mai pensato che questo qualcosa potesse uscire dalle pareti della mia camera, ho iniziato e basta. Il pezzo però raggiunge la sua destinataria portando a termine il compito per cui era nato. Questo risveglia in me il desiderio di capire quanto di quello che avevo creato, potesse realmente essere capito e condiviso da persone che non mi conoscevano. Registro quindi un primo demo con il mio PC e mi dò un nome d’arte. Nasce Rugo.

10451905_821967131221617_5623540444011665568_n Non essendo soddisfatto dalla qualità del mio prodotto, vado alla ricerca di persone che possano aiutarmi. Mi rivolgo subito a Matteo, amico di una vita. Matteo suona il basso e mi dà una mano con la tastiera. Straordinaria l’intesa che riusciamo subito a creare. Nel giro di due mesi però vedo che in lui è nato l’interesse e la volontà di portare avanti insieme a me questo progetto. Concludiamo “Un Granchio” e insieme decidiamo che manca uno strumento fondamentale: la tromba. Entra così in camera mia Federico.

Rugo passa dall’essere solo una persona all’essere anche un pensiero, un modo di esprimersi. Non siamo musicisti virtuosi, ma autodidatti. Ci arrangiamo. Servono altri due nomi da artista! Nascono Darte (Matteo) e Nedo (Federico). Il gruppo continuerà a chiamarsi Rugo e il motivo della scelta del nome è valido per tutti e tre. Ecco la risposta alla tua domanda: Rugo sarebbe stato il nome della tartaruga che avrei voluto sempre avere. In questo animale ho riposto un po’ di significati e pensieri in cui credo, ma soprattutto rispecchia molto il nostro modo di fare musica, molto lento, a causa dei nostri impegni universitari e lavorativi, ma non per questo privo di tenacia; insomma chi va piano, va sano e va lontano… Lo sanno tutti.

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Chi sono i vostri musicisti preferiti e chi vi ha ispirato nella creazione della vostra musica?

RUGO: Questa è una domanda che ha tre risposte differenti. Abbiamo avuto percorsi musicali diversi e questo lo reputiamo una buona cosa perché ci permette di avere un più ampio raggio di esperienze musicali. La musica non è mai stata molto presente in casa mia, sentivo qualche domenica una Mina in salotto o qualche verso di Aznavour canticchiato da cucina a camera. Per quanto mi riguarda sono passato dal pop-punk americano all’indie rock e successivamente ad artisti come Battiato, Battisti e Tenco per arrivare in breve tempo, trascinato dalla moda, alla musica italiana di oggi: non quella di Sanremo, ma quella di Dente, Brunori, Zen Circus e tutta la branca indie che si sta formando. Ora per esempio sono immerso dentro ai Thegiornalisti. E’ un mondo vastissimo e affascinante. Insomma un argomento che mi mette ansia.

DARTE: Per quanto mi riguarda, più che di musicisti parlerei proprio di stili musicali. Son nato e cresciuto con la musica italiana di Venditti, Dalla e Battisti, fino ad arrivare all’adolescenza con il classico punk rock ed alternative rock, per poi addentrarmi nel classic rock, hard rock e grunge con punte di metal… Con Francesco, ho scoperto il mondo della musica indie italiana. Tuttora, comunque, non rinuncio ad ascoltare i vari generi musicali sopracitati: in fondo ogni momento della vita ha una sua colonna sonora.

NEDO: Provengo dal Jazz un genere musicale che mi ha affascinato sin da piccolo. Ho sempre nutrito una profonda ammirazione per musicisti del calibro di Louis Armstrong, Miles Davis e Chet Baker (per quanto riguarda la tromba) ma anche altri come Charlie Parker, John Coltrane, Julien Cannobal Adderley e Red Garland. All’età di otto anni questa passione mi ha spinto dapprima ad imparare la chitarra, poi verso il mio grande amore cioè la tromba. Negli ultimi anni ho esteso il mio panorama musicale anche a gruppi come i King Crimson, i Deep Purple e i Pink Floyd dei quali sono attualmente un fan sfegatato. Proprio con l’inizio di questa mia nuova “età musicale” ho incominciato, da autodidatta, lo studio delle tastiere. Con Rugo cerco di accompagnare al meglio la sua musica arricchendo la parte armonica prendendo spunto dal tastierista dei Pink Floyd: Rick Wright, per il quale nutro un amore musicale infinito.

Il vostro pezzo Un Granchio di cosa parla esattamente? Perché questo titolo?

Rugo: Un Granchio è un brano un po’ criptico, come del resto lo sono la maggior parte dei testi che compongono il primo EP. Non vi preoccupate, nel secondo saremo più chiari. Ad una prima occhiata può risultare una canzonetta, un gioco, ed è questo quello che volevamo ottenere, ma ogni verso, se non ogni parola, sono studiati. Sembra si parli di una persona ma al contempo si parla di un granchio, non solo come animale ma come significato che la parola assume nel linguaggio di tutti i giorni. Il granchio vero, da cui è partito tutto, l’ho trovato per caso in una busta di arselle e ha generato in me compassione, meritandosi il mare. La parola “granchio” non appare mai nel testo ma è un elemento sempre presente, come accade nei cruciverba. Il titolo è presto fatto: il granchio più grosso viene preso dall’ascoltatore distratto che identifica il protagonista esclusivamente con una persona.

Ho ascoltato le vostre cover e i due inediti (Un Granchio e Mari Nell’Atlante) sul vostro canale YouTube, e ciò che mi hanno trasmesso è un’atmosfera marina, vacanziera, estiva e trasognata… A vedere i titoli dei vostri singoli mi viene spontaneo chiedervi: che rapporto avete con il mare? È un elemento di ispirazione?

RUGO: Il mare lo possiamo definire come un elemento di ispirazione inconscio. I testi non sono nati pensando al mare. In realtà nella maggior parte di questi il mare è comparso. Forse questo è dovuto al fatto che stando a Pisa siamo spesso a contatto con il mare e con l’acqua in generale. Non a caso il primo EP si intitolerà Panta rei, frase attribuita al filosofo Eraclito che significa “tutto scorre”. Come l’acqua così il tempo, come il tempo così i fatti e le persone che ne fanno parte. Un po’ pessimista, un po’ ottimista, dipende solo dai punti di vista.

DARTE: Il mare… Lucio Dalla dice “quant’è profondo il mare”. Per me è sempre stato ed è un qualcosa di profondo, ma non in senso dimensionale, quanto metaforico. Un tramonto, una gita con gli amici, un bagno a mezzanotte, le vacanze, i primi amori… Tutto, bene o male, ha come sfondo il mare. Anche i nostri esami universitari!

NEDO: Il mare per quanto mi riguarda è fonte di ispirazione inestinguibile e, insieme alla montagna, la cornice ideale per la musica.

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Rugo Live @ Notte del gorilla (FI)

Il vostro Ep dovrebbe uscire a fine ottobre come mi avete comunicato. Ci volete dare qualche anticipazione su cosa contiene?

RUGO: Hai detto bene. Dovrebbe. Perché come già detto non facciamo questo a tempo pieno. In questo primo EP si parlerà di una crescita, attraverso metafore molto particolari e forse anche un po’ difficili da capire. In particolare dei pensieri e delle esperienze che ho avuto dal momento in cui ho iniziato a scrivere. Mare, mal di testa, tavolini ricolmi di caos, totem, riflessi e nascondigli, tutto condensato in una ventina di minuti circa, giusto per non annoiare, giusto per non esagerare, giusto perché il gioco è bello se dura poco.

Potete trovare i Rugo su Instagram e su Sound Cloud, buon ascolto.villo

Virginia Villo Monteverdi

Virginia Villo Monteverdi
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