Racconti Immorali (Contes Immoraux, Walerian Borowczyk, 1974)
La versione qui recensita si riferisce a quella integrale (5 episodi) contenuta nel blu-ray edito dall’etichetta Arrow
Gli anni ’70 sono stati spesso etichettati come gli anni dei “film-scandalo”. Da Bernardo Bertolucci a Pier Paolo Pasolini, da Just Jaeckin a Paul Schrader, fino ad arrivare ad un eccentrico pittore e litografo polacco che arrivò alla realizzazione del suo primo lungometraggio solo dopo aver compiuto 40 anni; il suo nome era Walerian Borowczyk.
L’opera omnia del maestro polacco, francese d’adozione, è stata sin dall’inizio un inno ai piaceri della carne, ma tramite la sua formazione artistica ha saputo incanalare le sue visioni di sesso e perversione entro percorsi mai banali.
Racconti Immorali è forse il film più famoso di Borowczyk, sicuramente il più censurato, maltrattato e rimontato. Racconti Immorali è un film composto, nella cosiddetta theatrical edition, di quattro episodi, ma l’intenzione di Borowczyk era quello di includere un quinto episodio, La Bestia. Questo episodio verrà poi dilatato nel lungometraggio omonimo dell’anno successivo. L’edizione in BluRay della Arrow ricostruisce quindi in modo filologico questa avventura filmica e così ad oggi è possibile godere dei Contes Immoraux nella forma più vicina a quella pensata per la prima volta dal regista.
Gli episodi sono delle piccole storie che trattano un tema legato alla sessualità, analizzato attraverso flash storici che ci aprono delle finestre temporali su ogni secolo preso in esame. In questa edizione i cinque episodi sono spalmati a ritroso nel tempo: il primo ambientato nella contemporaneità, l’ultimo in pieno Rinascimento.
Il primo segmento, La Marée, come detto in precedenza è l’unico episodio ambientato nella contemporaneità. Tratto da un racconto di Andre Pieyre de Mandiargues, La Marée vede protagonisti due cugini, lei di 16 anni, lui di 20. Li vediamo organizzare una gita in bicicletta verso la costa. Sarà un modo per il cugino di sottomettere la cugina, ancora vergine e intatta, ai piaceri del sesso (orale). Con un parallelismo tra natura selvaggia e incontaminata incorniciata da bianche scogliere e atto sessuale, Borowczyk crea un forte climax nel quale la marea che circonda i due giovani corrisponde ai liquidi corporei che lei sarà costretta a ricevere nella sua bocca. Colpisce la fotografia livida analoga all’incarnato della bellissima Lise Danvers, così come colpisce il sonoro del mare, delle onde, delle alghe umide, come umida è la bocca rosa e perfetta della protagonista.
L’episodio seguente, Thérèse philosophe è ambientato a fine ‘800 ed è il segmento che ci ricorda quanto sia stata importante la formazione artistica del regista. Ogni fotogramma di Therese potrebbe rappresentare un piccolo saggio di storia dell’arte. Tema centrale dell’episodio è la masturbazione femminile. Dopo essere stata messa in castigo in una stanza, la giovanissima Therese (Charlotte Alexandra) comincia a scoprire i piaceri solitari tramite un cetriolo; questo oggetto farà tornare alla mente della ragazza dei paramenti liturgici e quindi il piacere fisico viene messo a confronto con il piacere spirituale ed estatico. Borowczyk riesce a far convivere l’arte erotica di Manet con l’incarnato raffaellesco della bellissima attrice, tra l’altro cugina di Jane Birkin. Allo stesso tempo utilizza tutto lo schermo per mostrarci le pieghe della carne della protagonista come se fossero pezzi di arte contemporanea (vengono in mente i tagli di Fontana in primis). L’epilogo tragico – con lo stupro da parte del barbone – rientra nel castigo divino rappresentato in questo racconto.
Il terzo cortometraggio di Racconti Immorali è La Bête. In un episodio totalmente musicato e senza alcun dialogo, Borowczyk porta sul grande schermo una pura storia di zoofilia tra una fanciulla del ‘700 ed una fiera del massiccio centrale francese. Se i primi due temi erano sì scabrosi ma allo stesso tempo molto frequentati dal cinema erotico del tempo, la zoofilia era, è e sempre sarà un argomento da tripla X (per approfondire la questione rimando il lettore ad una lettura di questo articolo di Nocturno). Utilizzando un paragrafo scritto dal sempre puntuale Fabrizio Fogliato si può dire che «l’orgasmo femminile è ciò che il regista polacco ha sempre cercato di rappresentare e lo ha fatto materializzando il desiderio, non importa se tenero o mostruoso, quello che conta è che la perversione nel cinema di Borowczyk non è mai tale, ma è l’unico strumento “puro” per evadere dalle costrizioni attraverso la fantasia». Questo è ciò che viene rappresentato in questa short-idea presentata dalla Arrow per la prima volta insieme agli altri racconti immorali.
La Contessa Erzsébet Báthory, sanguinaria contessa ungherese vissuta a cavallo tra XVI e XVII secolo, è la protagonista del quarto episodio chiamato per l’appunto Erzsébet Báthory. Paloma Picasso, figlia di Pablo, per la prima e ultima volta sul grande schermo, interpreta la nobildonna che rapiva, torturava e dissanguava vergini per utilizzare il loro sangue come rimedio contro la vecchiaia. L’episodio, ovviamente il più sanguinoso del lotto, anch’esso vive di una costruzione irresistibile che sfocia nella terribile e al tempo stesso magnifica abluzione nel sangue. Bagno che anticipa quasi di mezzo secolo quello del capolavoro dell’anno appena concluso, The Neon Demon di Nicolas Winding Refn. L’episodio è visivamente ardito, pieno zeppo di nudità sovrapposte che annunciano di qualche mese quelle, ancor più politiche, di Salò di Pasolini.
Chiude la pentalogia borowczkyiana l’episodio dedicato a Lucrezia Borgia nel quale il regista contrappone il rigore di Girolamo Savonarola alla dissolutezza della corte papale del padre di Lucrezia, Alessandro VI. L’orgia incestuosa tra Giovanni Sforza, la moglie Lucrezia e il padre papa Alessandro VI è uno degli azzardi più devastanti del cinema anni ’70, ma nonostante la forza politica e teorica del messaggio, l’episodio soffre di una leggera staticità frontale che appiattisce la visione, anche se il fascino caustico rimane intatto.
Tomas Ticciati
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