Due giorni, una notte (Deux jours, une nuit, Jean-Pierre e Luc Dardenne, 2014)
Dopo tre anni da Il ragazzo con la bicicletta, i fratelli Dardenne tornano ad affrontare un grande tema sociale riavvicinandosi al cinema delle loro origini. Eppure questo film presenta anche una novità che apparentemente potrebbe stonare con l’idea di cinema dei due cineasti belgi. La protagonista è interpretata da Marion Cotillard, attrice di fama hollywoodiana per essere stata diretta da registi del calibro di Tim Burton, Ridley Scott, Christopher Nolan e Woody Allen. Un mondo distante e patinato rispetto a quello del loro cinema. “I fratelli Dardenne rappresentavano per me qualcosa di inavvicinabile, di veramente irraggiungibile” commenta l’attrice di La vie en rose in un’intervista. Effettivamente è così. Jean-Pierre e Luc hanno lavorato esclusivamente nelle loro produzioni precedenti con attori belgi con un percorso molto diverso da quello della Cotillard. I due registi hanno posto delle condizioni apparentemente bizzarre, ma che rispecchiano il loro modo di agire: l’attrice doveva considerarsi al pari degli altri attori.
Il bel volto di Marion Cotillard si adatta perfettamente agli abiti scialbi di Sandra, che nell’indossare semplici canottiere dai colori sbiaditi non perde la sua bellezza. La protagonista come “Rosetta” lavora in una fabbrica, ma a differenza di questa non viene immediatamente licenziata, si trova bensì catapultata in un interstizio difficile: lottare per non perdere il posto di lavoro.
Il padrone della fabbrica decide nel momento in cui Sandra è assente, per curarsi dalla depressione, di mettere in atto un meccanismo crudele: far scegliere agli altri operai se accettare un bonus di 1000 euro individuale e licenziare la collega, oppure rinunciare alla sostanziosa somma di denaro lasciandole il lavoro. La prima votazione ha un esito assolutamente negativo per Sandra, causa le pressioni di un suo collega, che ha minacciato gli altri operai di licenziamento se avessero rifiutato la cifra proposta. Smascherato il corruttore, Sandra ha la possibilità di richiedere una nuova votazione, deve però convincere i suoi colleghi a votare in modo diverso, ed ha solo due giorni e una notte di tempo per farlo.
Così, ingurgitando enormi quantità di Xanax per non crollare, Sandra si reca porta a porta dai suoi possibili salvatori. Incontra così madri e padri di famiglia che hanno bisogno di 1000 euro per fronteggiare la crisi, per una casa da ristrutturare, per una figlia all’università. Qualcuno è violento, qualche altro si rifiuta di vederla, altri ancora piangono o manifestano paura. Mondi ed etnie diversi ma realisti e vicini allo “struggle for life and death” che emerge in ogni momento di crisi economica.
Il nemico non è l’operaio che vuole ristrutturare il suo terrazzo, che vuole evitare di lavorare in nero per mantenere la propria famiglia. Il nemico è la crisi. La macchina da presa indaga sui volti, pedina il passo spedito ma incerto della Cotillard, vaga nei vari quartieri delle zone industriali senza perdersi mai. E’ un film realista, privo di sentimentalismo ed eccessivo moralismo che immortala la crudele giungla del mondo del lavoro. Una giungla crudele ma in cui è possibile trovare una piccola parte disposta ancora a lottare in nome della solidarietà. Una minoranza che forse non potrà salvare dal branco, ma della quale si avverte la presenza. I Dardenne realizzano un film di grande impatto, che ricorda più i capolavori degli esordi, Il figlio e Rosetta che gli ultimi film, dove l’indagine sociale e la forza narrativa si erano leggermente affievolite.
Francesca Lampredi
- “Il cinema dipinto”, l’arte pittorica e cinematografica di Enzo Sciotti - 22 Settembre 2017
- L’anarchia antifascista di Giannini e Melato nel classico della Wertmüller - 21 Agosto 2017
- I Rhapsody con il loro tour d’addio alla Festa dell’Unicorno - 22 Luglio 2017