La mostra “Raging Babies” di Lorenzo Tonda
fino al 15 febbraio – Studio Rosai via Toscanella 19 Firenze
A cura di Gian Luigi Corinto – Direzione Artistica di Fabio Norcini
Un pittore umanista rappresenta il presente pensando al futuro
di Ludovico Riviera
La pittura di Lorenzo Tonda è quanto, al momento sul territorio fiorentino, riesce di più a trasportare la tradizione figurativa toscana nella contemporaneità, dandole una spinta per proseguire verso il futuro integrandola con gli strumenti e i temi offerti da un presente che in queste pitture ci appare come cinico e crudele. È la prima mostra personale in assoluto a Firenze di un artista emergente che assume a punto di partenza la lezione dei maestri che qui plasmarono la storia delle immagini, attualizzandone i metodi di rappresentazione senza però peccare di sciocchi sentimentalismi, nostalgie o provincialismi.
I «Raging Babies» dimostrano, al netto delle naturali imperfezioni di un pittore la cui irruenza giovanile non sgrezza completamente uno stile altrimenti impeccabile, che l’arte figurativa non è retaggio di un passato lontano e messo in ombra dall’oscurantismo culturale, ma uno strumento utile per poter capire il presente, interpretarlo e contribuirvi positivamente. Questa volontà anti nichilista è ancora adesso in controtendenza con la produzione culturale proposta dai sistemi artistici ufficiali, basati su un approccio linguistico libertario fino alle estreme conseguenze, i cui presupposti sono ben sintetizzati in un discorso del presidente Eisenhower, che nel 1954 afferma che:
“As long as artists are at liberty to feel with high personal intensity, as long as our artists are free to create with sincerity and convinction, there will be healthy controversy and progress in art… How different it is in tyranny. When artists are made the slaves and the tools of the state… progress is arrested and creation of genius is destroyed”.[1]
Qualsiasi arte prodotta in periodi di dittatura è, secondo Eisenhower, al contrario della contemporanea, apologetica di sistemi di pensiero non libertari e tirannici, pertanto incapace di portare progresso.
Baudrillard in una serie di conferenze[2] sul tema, spiega come la libertà artistica scaturita da tale progressismo estremo sia in realtà visivamente frammentata e piegata ai meccanismi negativi della modernità, identificati da Benjamin nel suo celeberrimo saggio[3]. Sappiamo ormai bene come le immagini contemporanee, spogliate di significati complessi, farebbero parte di un sistema di produzione e ripetizione costante di dati che influenza e congestiona le nostre vite quotidiane. Il problema principale dell’arte in questo confuso contesto è l’impossibilità di distinguersi da questo caos, a cui anzi spesso contribuisce rilasciando in un sistema auto sostenente e alienato prodotti avulsi da qualsiasi rapporto sostanziale con la realtà. È quindi quasi strano pensare che le uniche immagini che riescono oggi a monopolizzare e indirizzare questa continua rifrangenza di informazioni, dominandola, sono proprio quelle create con regole visive stabili e che riprendono tecniche narrative intuite e codificate in quel passato che Eisenhower liquidò come liberticida. Tonda è consapevole al contrario del valore di simili immagini, e prova a rinnovarne i temi adeguandoli al presente: non vuole tentare di aggiungere nuovi contenuti all’attualità, ma si preoccupa piuttosto di rielaborare quelli esistenti in una visione ordinata e comprensibile, e per questo infrangibile. Per far ciò si affida all’esperienza autentica e irriproducibile (pertanto autonoma rispetto ai sistemi benjaminiani di riproduzione ossessiva) che la pittura offre mediante l’espediente illusorio della prospettiva, che agganciando allo spazio della nostra realtà un altro spazio mimetico, vi proietta una narrativa di corpi simbolici coesa e inalterabile. Tonda ricerca una rappresentazione razionale e inalienabile, qui generata per mezzo della grafica 3D che successivamente si trasforma in superficie e profondità pittorica. In questo spazio digitale brunelleschiano, l’elemento generatore di caos precipita dall’alto in forma di solidi geometrici puri (le forme tipiche, non elaborate, del modernismo astratto anglosassone), caramelle che innescano e amplificano gli istinti distruttivi di una masnada di bambini che iniziano a contendersi selvaggiamente la cuccagna in una serie di articolate composizioni quasi monocrome.
Un tema apparentemente facile, in realtà ambiguo e pieno di domande irrisolte riguardo la storia recente e l’attualità: nel silenzio chiaroscurale dei grigi, indicanti uno stato di sospensione dell’etica, l’emblematico “Appeso” oscilla in un arguto gioco di rimandi: il cadavere di Mussolini combacia col simbolo delle tradizionali Minchiate fiorentine[4], e viene ulteriormente associato al gioco della pignatta che, infranta, disperde dolciumi. Un idolo sacrificato, mortificato dal ludibrio e infranto dalla folla, sprigiona l’oggetto del desiderio: le caramelle di libertà gustosa ma abietta ed egoista, per cui gli infanti si accalcano selvaggiamente come animali privi di senno. Una libertà divisiva e indifferente che piove anche negli altri quadri continua a dominare le cieche attenzioni dei bambini protagonisti, contesa nell’estasi animalesca della furia, dell’ingordigia e talvolta della lussuria. Essi non prestano attenzione a chi li guarda come noi spettatori che, confusi dall’enorme quantità di informazioni che quotidianamente ci bombarda, in realtà affoghiamo lo spirito critico nei cristalli liquidi di uno schermo in tempesta, che ci acceca e ci impedisce di vedere qual è il reale volto della nostra finta libertà, che ci permette di combattere sui social ridicole battaglie ideologiche senza davvero percepire il peso delle vittime reali, spesso ridotte a eterei simulacri.
Qual è il prezzo della modernità, della tecnologia che oggi compulsivamente usiamo? Nemmeno l’arte così congegnata offre risposte precise. Concede però un attimo di pace e silenzio, in cui contemplare con estrema chiarezza di visione questo teatro di violenze che Lorenzo Tonda estrinseca nella pittura con silenziosa autorevolezza e timida chiarezza, in rispettosa osservazione degli eventi, usando responsabilmente gli strumenti tecnologici che l’orgia contemporanea ci ha procurato, ottenendo non un’immagine che tende a disperdersi, ma un’immagine catalizzatrice di storie, di tecnica, di umano scibile, e per questo catartica.
Un’immagine che sopravvivrà nella tirannia nascosta di contenuti irrilevanti violentemente scagliati dall’alto.
Nella catarsi della vera arte, nessun morto è morto inutilmente, poiché è osservando le sue spoglie concretamente figurate, plastiche e obliquamente distese nella profondità dello spazio, che riusciamo a trovare nell’istante della contemplazione un momento in cui non raccogliere invano caramelle.
[1] Eisenhower si espresse in occasione della presentazione del programma del MoMA al suo 25esimo anniversario.
[2] Baudrillard tenne una serie di tre conferenze sull’arte, alla fine degli anni ’80, proprio riguardo la sparizione dell’arte nell’orizzonte degli eventi della contemporaneità. Le conferenze sono oggi raccolte nel libro “La Sparizione dell’Arte”
[3] “L’Opera d’Arte nell’Epoca della sua Riproducibilità Tecnica”
[4] Le Minchiate sono i tarocchi fiorentini, ideati nel XVI sec. tra le cui figure vi è l’Appeso
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