Nightwatching è una duplice sfida a colpi di pennello e macchina da presa da parte di autore e protagonista verso pubblico, committenza e accademia. Il film viene realizzato nel 2009 con un cast interessante, dove spicca un eccezionale Martin Freeman nell’interpretazione del pittore Rembrandt, e viene applaudito alla 64° Mostra del Cinema di Venezia. In quest’opera il regista Peter Greenaway continua la sua battaglia rivoluzionaria contro il cinema di intrattenimento. Da I misteri del giardino di Compton House al flop concettuale di Le valigie di Tulse Luper Greenaway sviluppa un complesso linguaggio visivo che coniuga l’arte cinematografica alla pittura, la cui evoluzione si traduce nel tentativo di creazione dell’ opera d’arte totale che sappia inglobare pittura, teatro, musica, danza ed architettura nello stesso testo filmico. Se attraverso le nuove tecnologie, come il digitale e la paintbox, il regista gallese è riuscito a “dipingere direttamente sullo schermo” e ad accentuare l’artificiosità della rappresentazione visiva, in Le valigie di Tulse Luper ha però rischiato di smarrire lo spettatore all’interno di un intreccio piuttosto dispersivo seppur geniale. In Nightwatching riesce a trovare un equilibrio perfetto tra sceneggiatura e immagine visiva.
In questo lungometraggio il Maestro di Leda diviene un perfetto outsider che nella sua dicotomia tra presunzione e ingenuità, come tutti i personaggi principali degli intrecci di Greenaway, decide di sfidare l’arte accademica e soprattutto la committenza. A differenza degli altri protagonisti dei film precedenti il compito di Rembrandt viene portato a compimento, con la realizzazione dell’opera La ronda notturna, pur causando la sua caduta.
La trama del film riguarda appunto la genesi della tela del 1642, conservata al Rijiksmuseum, che rappresenta il ritratto dei componenti della milizia capitanata da Francis Banning Cocq, in una enigmatica mescolanza tra documentazione storica e licenza poetica del regista. Rembrandt crea un’opera doppiamente sovversiva. L’artista non rispetta l’etiquette dei ritratti militari in voga nel XVII secolo ovvero con i personaggi allineati in una fila orizzontale, immobili e rigidi. I membri della compagnia di Francis Banning Cocq sono colti come in un frame-stop, ovvero vengono catturati dalle pennellate durante l’azione. Chiaramente questa operazione anticipa di circa due secoli quella dei Fratelli Lumière e rende Rembrandt il primo cineasta della storia dell’arte.
Inoltre Greenaway costruisce un omicidio commesso all’interno della messa in scena e spetta proprio a Rembrandt indagare sulla vicenda e accusare i responsabili del reato attraverso l’arte. La ronda notturna è carica di elementi simbolici, oscuri che si prestano alla costruzione di un thriller e che portano lo spettatore a interrogarsi sulle numerose interpretazioni. Questo film è una complessa sciarada che ricostruisce tramite indizi anche la vita del Maestro di Leda, oltre a comporre una virtuale Pinacoteca della pittura seicentesca olandese confrontando lo stile di Rembrandt con quello di altri artisti a lui contemporanei come Nicolaes Eliaszoon Pickenoy e Jacob Backer.
La grandezza dell’artista è rivelata sottilmente dal titolo, che anch’esso nasconde un’illusione. La ronda notturna è una bugia, non è il titolo originale della tela e fa riferimento a quando erroneamente gli storici dell’arte avevano interpretato l’oscurità rilasciata dalla patina di sporcizia sulla tela come atmosfera notturna. In realtà il dipinto è diurno e quindi non rappresenta assolutamente un’ispezione di notte. Il Nightwatching di Greenaway rimanda quindi al significato letterario: “mirare la notte”, “guardare l’oscurità”. Rembrandt è definito a causa della sua tecnica cromatica e luministica “il pittore dell’oscurità” per eccellenza, ma la capacità a cui fa riferimento il regista gallese è anche quella di saper penetrare all’interno dell’anima umana, così oscura e crudele fino a smascherarla. Così il Maestro di Leda diviene l’unico vero guardiano della notte a cui allude il film.
Francesca Lampredi
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