Il cinema degli adolescenti di Cèline Sciamma
Il film Tomboy affronta nel 2011 il difficile tema del gender in un microcosmo di bambini, nel delicato momento di transizione della pubertà, durante l’ultimo mese di vacanze estive.
Laure si trasferisce con la sua famiglia in una piccola realtà di provincia caratterizzata dalla serenità di ordinati complessi abitativi e giardini. Il mondo adulto si rivela piuttosto assente, come la madre della ragazzina che è troppo impegnata a portare a termine la terza gravidanza. Laure conosce ben presto i ragazzi del vicinato, e soprattutto Lisa, da cui viene scambiata per un ragazzo per via dei suoi capelli a spazzola e l’abbigliamento sportivo. La ragazzina asseconda l’equivoco dicendo di chiamarsi Michael e viene accettata nel gruppo.
La regista Cèline Sciamma, il cui ultimo lavoro molto applaudito è Diamante nero del 2014, esplora con la massima delicatezza la ricerca della propria identità in personaggi femminili adolescenti che si spingono oltre i confini della società. Lo spettatore si trova di fronte a realtà complesse, caratterizzate da un’estrema sincerità, lontane dagli stereotipi, che lottano per completare il loro desiderio di rivalsa, di essere se stessi.
Tomboy è un aggettivo dispregiativo che indica una ragazzina caratterizzata dall’apparenza fisica e da atteggiamenti che vengono riconosciuti dalla società come appartenenti ad un’altra categoria di genere, quella appunto maschile, come giocare a calcio, fare la lotta e la gara di tuffi. Laure è infatti agli occhi degli adulti un maschiaccio, una ragazzina che scimmiotta i ragazzi, non se stessa.
La regista ricorda la delusione di quando in quinta elementare vince il premio per un concorso di disegno cittadino, la giuria non le dona il desiderato pallone da calcio, ma in quanto femmina riceve una bambola con un abito a balze e stivaletti di finta pelle. Lo scopo di Sciamma con Tomboy è quello di interrogare lo spettatore sul genere, su come l’identità di un individuo possa essere qualcosa che va al di là del proprio organo sessuale e su cui il mondo adulto dovrebbe riflettere anziché porre delle feroci griglie di distinzione. Questi bambini, sono rappresentati nella loro sincerità, che però risulta essere fortemente condizionata dall’educazione gender sia nei loro passatempi che nei rituali, anche se alcuni di loro riescono a superarla con genuinità e a considerare l’individuo nella sua essenza. Splendida la messa in scena: sobria e calibrata, Cèline Sciamma richiama nel suo linguaggio inevitabilmente quello dei fratelli Dardenne attraverso la tendenza alla dilatazione temporale, dove i giochi dei bambini sembrano parte di uno spazio-tempo interminabile, di un’infanzia che non sembra destinata mai a finire.
Tomboy è il frutto di un’operazione di cinema indipendente: i bambini che recitano nel film sono gli amici reali della protagonista, Zoé Héran, lontani dagli attori prodigio dello star system hollywoodiano. Il film è stato scritto in tre settimane e girato in 20 giorni nel 2011 con un budget di 500.000 euro. Ha ottenuto notevole successo, vincitore del Teddy Award e premiato come miglior film alla 26° edizione del Torino GLBT Film Festival. Un film gioiello al di là dei confini di genere.
Francesca Lampredi
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