PISA – Ci sono tanti tipi di missione che meritano di essere raccontati. Uno di questi è la salvaguardia dei negozi di dischi del pianeta. L’ideatore di questa avventura si chiama Matteo Alidori. Fisioterapista, appassionato di musica, vive a Pisa e collabora con vari portali di musica rock, scrive recensioni e organizza eventi live sia in Italia che in Spagna. E ha recentemente pubblicato il primo volume di Record Stores in Europe, l’opera con cui vorrebbe portare a termine questa missione.
Come ti è venuta questa idea?
«Era nella mia testa da tanto tempo, vuoi per la passione per la musica, vuoi per quella che nutro verso i negozi di dischi. E la passione di mio padre per i vinili ha fatto il resto. In più ho esperienza nel settore: nel 1996 ho lavorato in un negozio di dischi a Roma, poi al Libraccio di Pisa, dove curavo la sezione musicale».
Quali città racconti nel libro?
«Adoro il nord Europa. Negli anni ho fatto molti viaggi e ho frequentato locali dove suonano le mie band preferite, soprattutto Svezia e Finlandia. È stata la curiosità a spingermi a cercare i negozi di dischi. Così mi sono documentato su Vinyl Hub e sono partito, ravvisando una certa differenza culturale nel concetto di discografia tra Italia e nord Europa, che spiego nell’introduzione del libro».
Un paio di curiosità?
«A Stoccolma c’è una via, St. Eriks-Gatan, che conta ben sei negozi di dischi: questo per far capire il rapporto del popolo svedese con l’oggetto disco.
Madrid, unica città del sud Europa di cui parlo nel libro, mi ha sorpreso: c’è un grande fermento di etichette indipendenti e anche lì il rapporto con il disco esiste ed è buono.
A Londra invece, oltre alle innumerevoli etichette indipendenti, c’è la possibilità di trovare a una sterlina il disco della band che ha suonato nel locale della zona in cui ti trovi».
Cultura del disco vs file sharing: cosa ne pensi?
«Col file sharing non so più da dove proviene quella canzone, quell’album, quella band. Tendi a farti tu una compilation e ti perdi molte cose come l’ordine dei brani: si distrugge un meccanismo che ha avuto uno studio dietro. C’è un po’ di menefreghismo. E poi c’è il rapporto diretto con il negoziante, che ormai si sta perdendo. Se oggi hai una mancanza su un genere musicale o su una band, vai su Wikipedia. Ma il negoziante ti dà altro, ti racconta aneddoti, curiosità, ti restituisce feedback umano. E tu cosa fai? Torni in quel negozio, diventi amico di quel negoziante».
Tornerà il vinile?
«Sì, senza dubbio, anche se resterà sempre un po’ di nicchia, almeno con questi prezzi. Ma è un mercato che sta già schiacciando quello del cd: perché il cd ha una durata, il vinile è a vita».
Anticipazioni sul prossimo volume?
«Parlerò dei negozi di dischi a Dublino, Berlino, Parigi e Vienna».
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