Richard Nonas. Un artista poeta alla Chiesa della Spina

PISA – Le installazioni site specific nella Chiesa della Spina continuano a stupirci: dopo Somewhere else dell’artista tedesco Wolfgang Laib, è la volta di un altro grande artista contemporaneo, l’americano Richard Nonas, che con l’opera dal titolo suggestivo ed evocativo …as light through fog…” reinterpreta lo spazio enigmatico e arcano di questa chiesa.

Una chiesa unica, un sogno lungo il fiume, un archetipo medioevale, un’apparizione quasi irreale, ma per chi vive a Pisa solo una delle tante bellezze della città. C’era quindi bisogno di questi interventi per rivederla con occhi nuovi e tornare a sentirla.

Richard Nonas

 

Richard Nonas ha sostato a lungo nell’interno e con mani attente ha accarezzato la pietra delle pareti. Con la sensibilità che caratterizza i grandi artisti, ha avvertito la vera natura di questo spazio e ha captato la potenza di questo edificio, piccolo ma dalla forza monumentale, percependo tutti i cambiamenti che queste mura hanno subito attraverso i secoli, toccato dalla tensione estrema della religione cattolica che ancora permea l’interno e che con la sua sofferenza mistica porta all’ascesi celeste.

Le sue parole per descrivere lo spazio della chiesa sono state: «meraviglioso, ambiguo, precario e misterioso». Ha misurato questo spazio unico e vibrante, il più antico tra quelli dove si è trovato a intervenire, con l’arcaico sistema del braccio, e ha creato quattordici parallelepipedi di ferro che tagliano diagonalmente lo spazio pulito della navata, e si intersecano idealmente con le linee del fiume e quelle della costruzione, non perfette, né ortogonali, ma portatrici di quella misura che si trova solo negli edifici antichi, frutto di lento lavoro manuale e di osservazione dello spazio, in rapporto all’uomo e al suo esserne al centro. Queste forme di ferro non polito, sulle quali il variare della luce del giorno che cade dalle bifore crea vibrazioni diverse a seconda dell’ora, possono sembrare a una prima osservazione troppo minimaliste, ma ben presto se ne scopre invece il rigore lirico, create per mutare la percezione dell’ambiente: osservando questo interno mistico, lentamente ci si riappropria dello spazio, lo si avverte sul proprio corpo. Comincerete così a vedere linee e colori che a una rapida occhiata non avevate notato, e scoprirete il piacere che dà una visione lunga e approfondita, solo così entrerete in quest’opera risalendo a quello che ha sentito l’artista. Un’installazione che fa sì che la bellezza nitida dell’interno venga esaltata, la chiesa e l’opera sembrano vibrare traendo l’una dall’altra armonia e poesia.

Richard Nonas vive e lavora a New York, in uno studio affascinate pieno di legni, ferri, canoe e pagaie. Il suo primo terreno di lavoro infatti non è stata la scultura ma l’antropologia, e per anni ha studiato e lavorato con le popolazioni indiane di Messico, Nuovo Messico, Canada e Arizona. Nel 1964 ha iniziato a insegnare antropologia a New York, e qui è entrato in contatto con il mondo dell’arte contemporanea. Due anni dopo decide di lasciare l’antropologia per dedicarsi completamente all’arte, e si trasferisce in Europa, dove vive gli anni caldi delle rivolte studentesche, riportando anche una brutta ferita durante una manifestazione. Tornato a New York, si concentra sulla scultura usando materiali semplici, come legno, ferro e pietra, in installazioni, grandiose o minime, che giocano sempre con il rapporto fra l’oggetto e lo spazio: lo spazio è sempre presente nei suoi lavori e ne viene reinterpretato, inteso non come mera misurazione, ma spazio dell’uomo, colmo di storia e emozioni. Nonas non dimentica mai la forte traccia che l’uomo lascia continuamente sulla terra, e le sue opere dialogano sempre con lo spazio in cui sono esposte: attraverso di esse il visitatore lo percepisce così in modo nuovo, lo “sente” con una sensibilità diversa. Quindi un’arte non semplice né accattivante, ma segreta, profonda, e molto coinvolgente se le si concede il tempo necessario.

Richard Nonas fotografa, disegna, scrive testi poetici e teorici, costruisce canoe usando le tecniche dei popoli autoctoni dell’America, ed è un uomo gentile.

La mostra, curata dall’attenta e competente Laura Mattioli, è stata organizzata dal Comune di Pisa in collaborazione con l’Università degli Studi di Pisa, la Scuola Normale Superiore, l’Associazione Spazio Tempo di Michela Rizzo, la Cooperativa Atlante Servizi Culturali, e con il supporto della Galleria P420 di Bologna. Resterà aperta fino al 15 ottobre 2017.

Claudia Menichini
Condividi l'articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.