Sancta Susanna e Suor Angelica, ovvero il giudizio degli uomini

Sancta Susanna op. 21 di Paul Hindemith e Suor Angelica di Giacomo Puccini: un accostamento senz’altro insolito ma non inedito (infatti è già stato proposto nell’aprile 2012 dalla Deutsches Symhonie Orchester di Berlino assieme al visionario Poème de l’extase di Skrjabin), ma riproporre una buona idea non è mai riprovevole, tutt’altro. In fin dei conti è quasi istintivo confrontare queste due opere, così simili nella loro particolare ambientazione, nella compagine canora e – non da ultimo – nel destino della protagonista; decidere quindi di eseguire questo raffronto direttamente sul palcoscenico di un teatro è un’operazione intelligente e di grande spessore culturale.

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Paul Hindemith al Wiener Musikverein il 10 novembre 1963 (© Paul Hindemith-Institute)

La prima cosa che colpisce nel sovrapporre le due vicende è il comune problema storico analizzato dai compositori e cioè le donne forzate a prendere i voti monacali. Non sappiamo perché la Susanna hindemithiana venga obbligata alla vita monacale (secondo la vicenda narrata in La Religiosa di Denis Diderot, fonte letteraria del libretto di Sancta Susanna, si tratta di motivi finanziari), ma nell’economia dell’opera ci interessa solo essere a conoscenza della sua vocazione non esattamente spontanea; per quanto riguarda Suor Angelica, la causa della sua clausura è il fondamento stesso del melodramma e cioè il concepimento di un figlio al di fuori del vincolo matrimoniale. Da questo comune presupposto si intreccia una lunga serie di convergenze e divergenze che sottolineano in quale preciso modo i due autori abbiano voluto dare la propria soluzione al problema: da una parte abbiamo una suora dalla vocazione quasi inesistente che dopo un iniziale turbamento erotico e il pericolo della tentazione riesce a trovare in sé una straordinaria forza spirituale che la porta ad abbracciare l’essenza della vita monastica per Gesù Cristo, in un perfetto equilibrio tra spiritualità e fisicità (che, come ho avuto modo di illustrare in altra sede, non ha nulla di scabroso o blasfemo; curiosamente entrambe le opere suscitarono vivaci dissensi); dall’altra abbiamo una suora che accetta la sua condizione di “reclusa” perché la ritiene adeguata al suo peccato, è serena nella vita conventuale ed è amata dalle consorelle – che anzi ricorrono spesso a lei per la cura di malanni, data la conoscenza di Angelica delle erbe officinali – ma che termina la sua vita non come suora ma come madre, contrariamente a Susanna che solamente nei momenti precedenti alla sua “condanna” riesce finalmente ad accettare la sua dimensione religiosa (a onor del vero, quando si conclude l’opera Susanna è ancora viva quindi non si può affermare con totale certezza che venga murata viva nel convento, anche se la speranza è davvero esigua).

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Giacomo Puccini

Molto marcata la marcata differenza stilistica tra le due composizioni, da una parte Puccini che indugia nelle sue morbide dissonanze e si muove in un elegiaco dramma con la consueta puntigliosità nel voler ricostruire il più fedelmente possibile la realtà monastica (desidero forse dovuto in questo caso anche a causa di quella sorella, Iginia, che aveva scelto di indossare il velo come suora agostiniana e che riuscì a fargli visitare più volte il Monastero della Visitazione di Vicopelago di cui fu Madre Superiora e in cui lo stesso Puccini eseguì per le suore all’armonium del monastero alcuni brani di Suor Angelica), dall’altra Hindemith con la sua politonalità, raffinata e cruda, che piega la realtà alle esigenze della musica e adeguandosi al motto verdiano «inventare il vero». Eppure i due compositori si muovono su posizioni piuttosto simili e cioè sulla necessità di una partitura musicale compatta e fortemente evocativa: nessuno dei due lesina su combinazioni timbriche o ritmiche che possano essere sfruttate per evocare particolari sensazioni o visioni nell’esecuzione (ad esempio, il lieve pizzicato d’archi che rimanda alle punture di vespa in Suor Angelica).

Sancta Susanna è concepita come un blocco uniforme, granitico, la cui compattezza è garantita dalla forma musicale che regge tutto l’impianto musicale e cioè quella del tema con variazioni. Oltre ad essere un’affermazione di grande valore compositivo, perché riuscire a contenere un’intera opera in un tema con variazioni è veramente notevole, questo fattore fornisce al melodramma una coesione eccellente che consente a Hindemith di tendere un arco di tensione formidabile che inesorabilmente prosegue fino alle ultime vertiginose battute dell’opera.
L’unitarietà dell’opera pucciniana, invece, deriva dal sapiente utilizzo di parallelismi narrativi all’interno del dramma, o meglio, di perfette corrispondenze speculari. Originariamente il librettista Giovacchino Forzano sviluppò il libretto come una Via Crucis in sette stazioni, ma la struttura fondamentale è quella cara a Puccini e cioè una bipartizione del dramma in cui si succedono una serie di episodi. Come nota il compianto musicologo Julian Budden, la cosa davvero affascinante e che conferisce coesione al tutto «è la precisione con cui ognuna delle scene della prima parte fa il paio con una corrispondente nella seconda: la punizione delle monache inadempienti con la ben più grande punizione inflitta ad Angelica; il desiderio di Genovieffa del suo agnellino con quello ancora più struggente di Angelica del suo bambino, entrambi ritenuti peccati veniali; i fiori che devono lenire la pena di Suor Chiara con quelli che devono guarire Angelica da una sofferenza molto più profonda».

A proposito della morte delle due protagoniste, è interessante segnalare che anche in questo caso abbiamo importanti analogie e differenze poiché entrambe commettono un grave peccato – Susanna abbraccia nuda il Crocifisso e Angelica si suicida – ma entrambe vengono immediatamente perdonate, ma Susanna viene solo perdonata dal pubblico perché le consorelle la accusano di blasfemia («Confessa! Satana!»), mentre Angelica viene salvata da un’apparizione da vera dea ex machina della Madonna che la accoglie in Paradiso con il figlio morto prima di lei. È di capitale importanza comprendere il motivo per cui entrambe le suore vengono perdonate, perché è proprio in questo passaggio che avviene la metamorfosi del personaggio, entrambe sono colpevoli ed entrambe riconoscono la propria colpa: la protagonista di Sancta Susanna, in modo quasi socratico, decide di sottoporsi al giudizio delle sorelle ben sapendo qual è la pena per chi commette un gesto del genere, sebbene nella sua azione non ci sia nulla di sacrilego, mentre Suor Angelica riconosce d’aver compiuto un peccato mortale spinta dal desiderio di ricongiungersi al figlio deceduto e pertanto chiede l’intercessione della Beata Vergine. Una madre che ne assolve un’altra.

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Luca Fialdini

lfmusica@yahoo.com

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