SOLDATO Siamo andati in una casa fuori città. Erano scappati tutti. A parte un ragazzino nascosto in un angolo. Uno degli altri l'ha trascinato fuori. L'ha sdraiato a terra e gli ha sparato fra le gambe. Ho sentito degli urli dalla cantina. Sono sceso. Tre uomini e quattro donne. Ho chiamato gli altri. Mi tenevano fermi gli uomini mentre mi scopavo le donne. La più giovane aveva dodici anni. Non ha pianto, stava lì. Allora l'ho girata e – Allora sì che ha pianto.[1]
Il primo tentativo di penetrare la scrittura di Sarah Kane è un atto di violenza verso se stessi. E’ un processo sconvolgente che può provocare effetti collaterali. E’ come entrare nella mente di un folle e scoprirvi un intricato groviglio labirintico nel quale ad ogni angolo puoi trovare uno specchio pronto a rivelarti la parte più ripugnante dell’essere umano, ovvero di te stesso.
Non stupisce che sin dalla prima pubblicazione e rappresentazione la sua opera abbia provocato pesanti reazioni di contestazione da parte del pubblico. Chi ha il desiderio di guardare o leggere qualcosa che gli mostri il male, il mare reale che abita dentro l’uomo?
Dopo una prima lettura dei cinque testi teatrali che Sarah Kane ha scritto e pubblicato tra il 1995 e il 1998 (Blasted, Phaedra’s Love, Cleansed, Crave, 4:48 Psychosis), la sensazione è proprio quella di assistere a una volontà tenace di provocare sconvolgimento nell’altro, o forse a un sforzo, che va oltre l’umano, di cercare attenzione; sintomo di quell’insicurezza che spesso caratterizza ogni vero artista, e che funge da filo conduttore di tutti i suoi scritti.
Il male dell’umanità viene rappresentato nella sua interezza, sia dal punto di vista dei carnefici che delle vittime, il cui disagio si manifesta tangibilmente nell’incapacità di espressione: in Blasted il personaggio di Cate balbetta, in Cleansed Carl perde l’uso della lingua, e in altri casi i personaggi-vittime semplicemente non rispondono quando interpellati. E’ un’innocenza che non ha voce, perché non è mai del tutto purificata dal male da cui è circondata: il peccato dell’uomo la strozza come un cappio intorno a un collo. E la voce rimane bloccata lì, fra i muscoli delle corde vocali.
Le cinque opere teatrali di Sarah Kane sono senza dubbio frutto della mente di una scrittrice estrema e visionaria, non priva di fragilità e disturbi mentali che ne causarono il suicidio a soli 28 anni. Tuttavia, leggendoli attentamente e superando la patina del disagio esistenziale dell’uomo, è possibile evincere il lavoro di una scrittrice che molto aveva tratto dai classici della letteratura e del teatro, e che anzi utilizza il background della letteratura che l’ha preceduta come un vero e proprio contenitore dal quale attingere. E di ciò non fa mistero, in 4:48 Psychosis infatti leggiamo:
Ultima di una lunga serie di cleptomani letterari
(un tempo professione onorata)
Il furto è un atto sacrosanto
Sul cammino tortuoso che porta all'espressione[2]
I furti letterari che si possono catturare durante la lettura delle cinque opere sono innumerevoli: in Blasted Ian viene accecato come Gloucester nel Re Lear, in Cleansed vengono tagliati la lingua e le mani di Carl, come a Lavinia nel Tito Andronico, mentre l’apice si raggiunge in Phaedra’s Love, dove viene preso di mira il teatro elisabettiano e giacobita della corte inglese; non a caso i modelli seguiti sono quelli del teatro di Seneca ed Euripide, anch’essi utilizzati nel teatro elisabettiano.
Inoltre è esplicito il riferimento al genere pulp che in quegli anni si stava diffondendo in maniera capillare, nonché una denuncia lampante alla società contemporanea, nella quale Sarah Kane stava covando il suo degrado esistenziale che la porterà poi all’annullamento totale di se stessa, come unica soluzione al dramma interiore che urla e che non viene ascoltato. Mai veramente.
«Una disgustosa sagra della schifezza», è così che viene definita dalla stampa la prima rappresentazione di Blasted, che sfociò in una vera e propria operazione di linciaggio giornalistico nei confronti della scrittrice, etichetta della quale la Kane non riuscì mai veramente a liberarsi e da cui forse non volle separarsi, perché lei questa sagra continuò a fomentarla forse addolcendo i registri dell’immaginario e abbandonando le immagini forti di mutilazioni e profanazioni del corpo umano, ma concentrandosi gradualmente, opera dopo opera, sulla potenza del linguaggio e della scrittura finalizzata nel destare sconvolgimento interiore nell’animo di chi legge. L’apoteosi dell’espressione della potenza del linguaggio di Sarah Kane è senza dubbio rappresentata da Crave, nel quale quattro personaggi che hanno per nome quattro lettere (A, B, C, M), privi pertanto di qualunque tipo di connotazione ed estendibili a incarnazione dell’intero genere umano, si alternano in una serie di battute serrate e apparentemente prive di collegamento fra loro, e che tuttavia intrecciano una miriade di trame che si possono evincere e distinguere solo dopo una serie di attente e ripetute letture.
M Forza avanti.
C Non credo
M Non mi importa
C Fuori, fuori dove?
A Un orrendo buco nero di mezzo-amore.
M Sbrigati.
A Odio il consolato e il consolatore.
C Sono molto più incazzata di quel che credi.
A Non mi fido di te e non ti rispetto.
C Non sono più onesta ormai.
A Hai preso da me e non posso amarti.
M Ritornare alla vita.
C Un parcheggio deserto da cui non riesco a uscire.
B La paura rimbomba sul cielo della città.
M Di notte l'assenza si addormenta tra le case,
C Tra le macchine nelle corsie di emergenza,
B Tra il giorno e la notte.
A Devo stare dove sono destinato a stare.
B Lasciate
C Mi
M Andare
A Il mondo esterno è decisamente sopravvalutato.[3]
La scrittura di Sarah Kane è la testimonianza di come una prima lettura di un testo che può causare allontanamento nel lettore per i suoi contenuti, o una totale mancanza di avvicinamento a causa dei giudizi della stampa, possa invece precluderci la possibilità di entrare in un universo unico e di inestimabile valore.
La sua morte precoce ha fatto sì che la Kane ci lasciasse solo cinque opere compiute, che hanno mantenuto il carattere esplosivo di una scrittrice che stava appena nascendo e si stava affacciando nella società nella quale si era ritrovata, arrivando a ottenere alcune caratterizzazioni geniali e originali proprie di un astro che nasce, non ancora maturo.
I testi di Sarah Kane sono puntellati da innumerevoli voci che a volte non hanno la possibilità di esprimersi, ma che invece vorrebbero urlare e farsi ascoltare, di evidenziare la loro condizione di diversi e di vittime del male dell’uomo, status dal quale la Kane non trova uscita, unica via di fuga è la morte, come leggeremo in 4:48 Psychosis, opera pubblicata e rappresentata solo postuma, la confessione di un’anima turbata e tormentata che si avvicina sempre più inevitabilmente al suicidio:
Stanca di tutte queste ricerche
Telepatia
e speranza
Guardare le stelle
predire il passato
e cambiare il mondo con un'eclisse d'argento
l'unica cosa che è eterna è la distruzione
stiamo tutti per andarcene
cercando di lasciare un segno più duraturo del mio
Non mi sono mai uccisa quindi non cercate precedenti
Ciò che è avvenuto prima fu solo l'inizio
un terrore ciclico
che non è la luna è la terra
una rivoluzione [4]
[1] Da Blasted, in Sarah Kane Tutto Il Teatro, pag 41, Einaudi, 2000
[2] da Psicosi delle 4 e 48, in Sarah Kane Tutto Il Teatro, pag 191, Einaudi, 2000
[3] Da Crave, in Sarah Kane Tutto Il Teatro, pag 170-171, Einaudi, 2000
[4] Da Psicosi delle 4 e 48, in Sarah Kane Tutto Il teatro, pag 216, Einaudi, 2000
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