Sesso, Musica e Cultura: Raffaella Carrà e Renato Zero

In questo numero di Tuttomondo vi racconteremo due personaggi della musica che hanno portato la sessualità e il sesso nella canzone, rivoluzionando il modo con cui questo argomento era stato guardato prima di loro. Parleremo di Raffaella Carrà e di Renato Zero, due esempi che sono riportati anche nel libro Sexy Rock, 50 storie di musica e rivoluzione sessuale di Paolo Bassotti, da cui abbiamo preso spunti e riferimenti per questo articolo e che vi consigliamo vivamente di leggere.

Raffaella e l’ombelico: nel 1970 Raffaella Carrà compare per la prima volta in televisione in un programma dal titolo Io, Agata e tu. Ha un caschetto biondo e un’energia frizzante e provocatoria che la distacca dalla ben più austera e adulta Mina e dalla fanciullesca Rita Pavone. Raffaella balla, canta e si muove come una trottola e svela parti del corpo che normalmente in televisione venivano nascoste per pudore. A Canzonissima 70 Raffaella si presenta con un corpo di ballo sulle note di Ma che musica maestro, e regala molti cambi d’abito estremamente sexy e poco coprenti che mettono in mostra l’ombelico, con scollature vertiginose che danno libero sfogo all’immaginazione. Le polemiche a riguardo non mancano, è la prima donna ad esibirsi in un programma del genere e la prima a mostrarsi così, ma la Carrà è soltanto all’inizio della sua scandalosa carriera a passo di danza.
Mostrando l’ombelico la soubrette inaugura un nuovo modello di donna forte, tutta italiana, mettendo da parte le lunghe gambe delle Gemelle Kessler, che non erano altro che una fantasia accettabile per l’Italia del tempo, un modo per scongiurare l’emancipazione della donna italiana trasferendola su due figure straniere quasi al limite del reale.
L’ombelico di Raffaella fa scintille fino a quando nel 1971, sempre a Canzonissima, la giovane ballerina e cantante si esibisce nel più famoso ballo erotico della televisione italiana: il Tuca Tuca, ballato in coppia con Enzo Paolo Turchi, dove lei indossa un mini abito sexy pieno di lustrini. Un tocca tocca generale con mosse maliziose, frasi piccanti “mi piaci ah ah, mi piaci… Mi piace! E quando mi guardi lo so cosa tu vuoi da me”. Un successo inaspettato, che trasforma la canzone in un tormentone febbrile. La Carrà diventa pop e si costruisce una figura esagerata e sempre riconoscibile: caschetto, risata sguaiata, motivetti da slogan televisivo, mosse acrobatiche con la schiena all’indietro, e continua a sfornare successi sempre più erotici e sensuali. Il tema principale delle sue canzoni è l’amore libero e spensierato, quello fugace ed estivo della riviera romagnola, quello passionale che deve essere vissuto in modo un po’ ingenuo, quello di “a far l’amore comincia tu” o di “come è bello far l’amore da Trieste in giù”, senza rimpianti o paure perché se un uomo non va bene “trovi un altro più bello che problemi non ha”. Raffaella invita la donna a essere libera di usare il proprio corpo come preferisce, sempre nei limiti della decenza ovviamente, ma emancipa la sessualità femminile rendendola simile a quella maschile, lasciando il tutto avvolto dalla speranza di un amore, breve o duraturo che sia.

L’erotismo delle canzoni di Raffaella è un erotismo semplice e paesano, quello degli incontri fugaci, del sesso delle balere, sdoganato fin nei più piccoli piaceri semplici. Nella vastissima e poco conosciuta discografia di Raffaella non si possono dimenticare canzoni come Pedro, pezzo che ora spopola nei balli di gruppo ma che in realtà parla di un’avventura sessuale della cantante con un ragazzino minorenne conosciuto a Santa Fè (“Altro che ragazzino, che perbenino, sapeva molte cose più di me, mi ha portato tante volte a veder le stelle, ma non ho visto niente di Santa Fè”); oppure Maracaibo, anch’essa canzone da ballo di gruppo ma che racconta storie di prostituzione e traffico di droga con un vago sapore colombiano da telenovela. Brani come Si ci sto o Troppo ragazzina, canzoni con riferimenti al desiderio sessuale, mostrano sempre una certa disponibilità femminile alle avventure e ai piaceri del sesso, mettendo anche in luce le fantasie romantiche delle ragazze acqua e sapone. O ancora Male e Rumore che indicano anch’essi una presa di coscienza della libertà del corpo femminile dimostrando all’uomo che la donna non è sempre consenziente e può decidere lei quando e come provare piacere, con chi stare o non stare: “Ma ritornare, ritornare perché, Quando ho deciso che facevo da me” (Rumore); “Ti ho detto no! è no! Quando dico di no! è no!” (Quando dico di no). Inimitabile icona gay Raffaella è riuscita a trasformare il sesso libero e spensierato in una canzone ballabile, in una sigla orecchiabile, fatta di femminismo luccicante e televisivo a cui si unisce il buon senso popolare, e che al di là delle sue declinazioni trash che ha avuto nel primo decennio del 2000, resta intramontabile e moderno nel contenuto.

Renato non vuole essere arruolato: Renato Zero nel 1973 porta in giro il suo spettacolo teatrale e musicale dal titolo No! Mamma no!, che diventerà il suo album di esordio. È un ragazzo alto e magro con la testa piena di riccioli neri e ama truccarsi e travestirsi impersonando un soggetto tra sensualità e comicità grottesca. È un Bowie all’italiana prima di Bowie, una soluzione nostrana al glam dei New York Dolls e decisamente più sbarazzino e caricaturale dell’inamidato Brian Ferry dei Roxy Music. Sembra uscito dalla comicità degli stornelli osceni di Occhio Fino ma con uno spessore molto più alto e inserito nella contemporaneità e nelle sue vicende. Renato è un personaggio enigmatico e difficilmente decifrabile. Nel suo disco d’esordio racconta di come si sta male a vivere chiusi in un barattolo senza avere la libertà di espressione, e gioca spesso sulla sua sessualità rifiutando di entrare nell’esercito perché l’elmetto gli scompiglia i capelli, ha il fisico buono solo per fare il modello, e non può usufruire del suo maquillage (Sergente no!). Esprime anche in modo diretto e virile la voglia di un sesso reale e immaginato, quello che fa parte delle giovani fantasie maschili più intime: “spogliati subito, sono tre ore che mugolo” (Ti bevo liscia), bellissimo pezzo in cui Renato rivolge concrete fantasie sessuali alla donna di un poster in camera sua, pubblicità della limonata. Zero è un effeminato, un efebo col boa di piume che però non rifiuta di avere una donna accanto e di mostrarsi virile nel sesso. Non si riesce a capire se sia omosessuale, etero o bisessuale, resta un personaggio confuso, che introduce l’omosessualità come elemento vezzoso e comico. Il suo personaggio, come quello di Bowie e decisamente tipico della seconda metà degli anni 70: come Amanda Lear che molti pensavano fosse un uomo, Renato non vuole essere inquadrato in nessuna categoria sessuale. Nel 1977 esce il suo terzo lavoro Zerofobia e il suo pezzo Mi Vendo diventa un tormentone. Parla di altra identità, di mistero e ambiguità, invita gli ascoltatori a seguirlo come un incantatore di serpenti, un personaggio fiabesco che “vende speranze e desideri in confezioni spray”.

Zero inizia ad essere amato e a generare curiosità, il pubblico cercava una figura spensierata come la sua che non fosse ossessionata dalla politica, dal sociale, ma che raccontasse storie di tutti i giorni, e in particolare storie di sesso ed erotismo ambiguo. Il successo di Zero arriva nel 1978 con l’album Zerolandia e tre hit disco music che resteranno nella storia e si apriranno un varco nella cultura gay: Sesso o Esse, Sbattiamoci e Triangolo. Sesso e amore separano e Zero s’interroga su cosa sia meglio, o “buttare i sentimenti nel cesso”, oppure affidarsi ad un sentimento che può chiamarsi amore. Il sesso nudo e crudo però è un atto che Zero nonostante tutto apprezza: in Sbattiamoci racconta un’avventura con un donna pelosa dalla voce baritonale che poi si scopre essere un uomo, un tale Massimo! Il finale a sorpresa, è “uno scherzo pessimo” decisamente comico che mette in luce la particolare ambiguità di Renato che nonostante le avvisaglie di virilità continua a divertirsi con la supposta “donna” della canzone.
Triangolo si rivela essere il pezzo più chiaro e divertente. Renato si trova in un threesome in cui, a differenza di Pensiero Stupendo di Patty Pravo, ci sono due uomini e una donna. Il mitico “Lui chi è e perché l’hai portato con te” mostra un certo rifiuto da parte del cantante di inoltrarsi in un gioco sessuale a tre, vorrebbe “un rapporto un po’ più normale”. Anche se l’intruso della relazione non è il tipo di Renato, non sembra essere un problema alla fine perché “la geometria non è un reato”. Insomma Renato ci dice che il triangolo l’ha fatto e sicuramente lo rifarebbe un’altra volta.
Con Zero l’amore, argomento spinoso per l’artista, diventa nel 1979 un baratto come dice nell’omonimo pezzo: “Ehi, se ti do’ il pelo tu che mi dai? Ehi, ti do’ la milza tu che mi dai? Se ti do’ il polpaccio, che mi dai? Per due molari io ci starei”. Uno scambio di parti fisiche del corpo che suggellano un legame sentimentale, fino alla fine dove, con lo stesso fulmen in cauda di Sbattiamoci si scopre che l’amante a cui Zero di rivolge è un uomo che l’ha sedotto e che lui caccia via in modo vezzoso e manierato: “Vai via maialino!”

Virginia Villo Monteverdi

 

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