Sonalastrana un concerto e un progetto

Sabato 7 novembre all’Ex Wide di Pisa si sono esibiti i Sonalastrana, un progetto/gruppo che nasce nell’autunno del 2008 con uno scopo preciso: promuovere e divulgare la cultura musicale Afroamericana in tutte le sue forme stilistiche, dal jazz, blues, swing, rock & roll e soul fino al funk, rap, R&B e reggae.

Sonalastrana

I Sonalastrana si sono presentati come un gruppo decisamente numeroso: sul quel minuscolo palco, quel sabato, erano precisamente in dieci: due chitarristi, un bassista e un batterista (Pietro Borsò dei Miriam Mellerin) sostenuti dal percussionista che si dilettava tra congas, djembè, clavi e campane, accompagnato da cinque fiati, una tromba, un trombone, un sax baritono, un sax tenore e un alto. I loro pezzi, tutti strumentali, dichiaravano quella necessità di far rivivere la musica funk con accenni di rock & roll, la sensualità del jazz e delle sue trombe, i suoni dell’afrobeat e dei suoi strumenti intagliati nelle zucche, che riuscivano a evocare, con semplicissimi movimenti, le musiche della natura. Anche in questo caso la formazione non era gerarchica: cinque musicisti davanti (i fiati) e cinque dietro, si armonizzavano perfettamente, mentre i sax inducevano il pubblico a recepire certe melodie come parti cantate. Sebbene l’elemento della voce umana fosse totalmente assorbito dal sound caldo e ritmico degli strumenti, talvolta compariva come un richiamo al rituale: i suonatori di fiati invitavano la folla a saltare e a muoversi ritmicamente e a battere le mani (rigorosamente in levare!), recitando piccole frasi in ripetizione, proprio come il “let’s jammin’” della musica raggae.

Sonalastrana
Non si era davanti a un vero e proprio concerto con dei protagonisti umani, era la musica da loro suonata che diveniva autonoma ed esperenziale: come avviene nella tradizione Afroamericana, di cui i Sonalastrana si fanno portatori e rievocatori, la musica si fonde con la danza, e noi ballavamo ondeggiando, la musica diventa un momento di unione e calore umano, diventa parola, che in questo caso ci avvicina alle parti più interne, solari e luminose della nostra anima, risvegliando la spensieratezza e il senso del ritmo che risiede da sempre nell’uomo.

Non si può stare fermi ad un concerto rituale dei Sonalastrana: nemmeno legati, nemmeno se il jazz, il funk, il beat non ti piacciono, non è possibile. Anche loro ballavano, ma non secondo una coreografia, ballavano naturalmente, si scambiavano cenni di divertimento, sembravano divertirsi più di noi, e con noi instauravano un rapporto di condivisione naturale, fino a che tutta la sala dell’Ex Wide non è diventata un grande fulcro di energia e spontaneità. Se si ascoltano i Sonalastrana live ci si rende conto che la loro è quel tipo di musica che ti fa ricordare di appartenere a una cultura, che non ha marcati tratti folcloristici, ma che è fatta di quel ritmo che automaticamente ti fa muovere e che ti fa sentire vivo e ricco di energia positiva, come quella che si esperisce ascoltando il reggae o l’afrobeat di Fela Kuti.

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Virginia Villo Monteverdi
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