Ascoltare Stefano Benni parlare della Terra Desolata di T.S. Eliot è una di quelle esperienze che non puoi più scrollarti di dosso. Vuoi per la densità dei contenuti, vuoi per il personaggio – ormai avvolto da un’aura mitica – se ne esce vagamente storditi e lusingati. Abbiamo avuto questa fortuna lunedì 23 marzo, durante l’apertura del Lucca Teatro Festival, organizzato dalla Cattiva Compagnia.
Benni è uno degli scrittori più amati, seguiti e apprezzati nel panorama letterario italiano contemporaneo e alle 18 le poltroncine rosse della sala Ademollo di Palazzo Ducale erano già tutte occupate.
Per l’occasione il “Lupo” era accompagnato dall’attrice romana Dacia D’acunto. Come spesso accade, ha dedicato ampio spazio alla lettura dei suoi brani. D’Acunto ha rotto il ghiaccio con una bella interpretazione dei Quattro Veli di Kulala, fiaba onirica che ricorda l’atmosfera magica di certe storie africane sospese in un’aura di sogno. Subito dopo è il momento di Benni, lanciato in un altro suo classico, Il Pornosabato dello Splendor, anch’esso tratto da Il Bar Sotto il Mare:
Gli esiti spassosi di una proiezione erotica in un pesino di campagna scaldano così il pubblico, preparandolo alla successiva conversazione, altro tratto distintivo delle presentazioni di Benni: l’interazione con gli spettatori, il desiderio di ridurre la distanza evitando ogni tono accademico.
Lettura lenta, marcata da gestualità e interpretazione teatrale quella della giovane D’acunto; più scattante, in accordo col ritmo del narrato, quella del Lupo, che in diverse occasioni strappa le consuete – e tanto attese – risate a un pubblico ormai rapito.
Paura e immaginazione.
«Dovete sapere che ho cominciato come attore, per poi dedicarmi alla scrittura» ha esordito Benni nel presentarsi. «Meglio così» ha aggiunto scherzando. Appena qualche secondo per calmare il sangue dopo le avventure del Pornosabato, poi è la volta delle domande. La prima riguarda l’immaginazione e il suo ruolo nella società odierna. Secondo Benni questa facoltà non è ancora in pericolo, e i primi a possederla sono i bambini: «Eroi dell’immaginazione» li definisce. «Questa è una loro dote innata. Purtroppo, dispiace dirlo, spesso viene uccisa nelle scuole o in famiglia. Tutti la posseggono, l’importante è usarla bene». Benni tenta il test: «Alzi la mano chi non ha mai mentito» chiede. Braccia rigorosamente abbassate. «A chi l’avesse alzata avrei detto: bugiardo. Anche quando mentiamo, usiamo la nostra fantasia». Che può essere oscura, e generare paura: «La porta chiusa fa spavento, ma in genere, quando il mostro entra, i bambini ci fanno amicizia. Perciò non dobbiamo lasciarli soli, ma cercare di spiegargli come stanno le cose, o la paura prenderà il sopravvento».
Teatro, moda e maggioranza.
Uno spettatore chiede perché il teatro sia spesso così poco sorprendente. «C’è una tendenza da parte di editori e produttori a promuovere solo ciò che ritengono debba funzionare o piacere al pubblico – risponde Benni. – Questo atteggiamento nasce dalla sindrome televisiva dell’audience. Dobbiamo ricordare, comunque, che il teatro è rivolto a delle minoranze, le quali possono contaminare altre minoranze e quindi generare maggioranze: quando Paolo Poli ha portato la sfida omosessuale a teatro, all’inizio gli tiravano dietro le cose. Poi c’è il problema della moda, che riguarda ogni campo: oggi tutti conoscono Allevi, ma io preferisco di gran lunga Umberto Petrin, un pianista assai meno popolare, ma non per questo meno degno. Ascoltatevi un suo disco, e poi fatemi sapere».
Eliot e La Terra Desolata.
Arriva il nostro turno. C’erano diverse domande che avremmo gradito rivolgere al Lupo. Il suo rapporto con la terra d’origine; le sue considerazioni sul destino climatico del pianeta; il nesso fra letteratura e armonia delle stagioni. Abbiamo scelto la più letteraria, che meglio si adattava al tema del mese, dedicato alla Terra. Abbiamo chiesto cosa lega Benni – autore di un audiolibro musicato di quest’opera rivoluzionaria – al capolavoro di T.S. Eliot.
Dopo un momento di sosta, arriva la sua lunga risposta. «Quando si parla di artisti che ammiriamo e che ci hanno segnato, dobbiamo essere molto presuntuosi e al contempo umili. Presuntuosi nel tenativo di avvicinarli, umili per il rispetto dovuto alla loro grandezza. Eliot rappresenta un punto di rottura nella poesia del ‘900. È un poeta col quale tutti hanno dovuto fare i conti. Il suo grande merito è aver capito che un certo tipo di poesia era esplosa e di aver trovato il modo di comunicare la modernità. Oggi il collage di frammenti e la giustapposizione di immagini sono tecniche diffuse e accettate: Eliot è il precursore di questa tecnica. Riuscì a raccontare una storia in frammenti (perché La Terra Desolata è, una storia) infarcendola di significati e di riferimenti letterari, modulando un’opera di eccezionale musicalità: ci ho messo ben due anni per realizzare quell’audiolibro».
«Ero attratto anche dalla sua diversità – continua Benni – non penso di avere molto in comune con lui. Eliot era un cattolico e c’è chi pone l’accento sul fatto che fosse di destra, ma a me interessa l’arte. Spesso gli rinfacciano di essere stato amico di Ezra Pound, il quale ha scritto cose terribili nel suo ultimo periodo, ma non possiamo negare la bellezza delle sue poesie. Di Eliot ho amato la straordinaria capacità di condensare una tradizione letteraria in un poema rivoluzionario, il suo essere in grado di spostarsi da un registro mitologico a uno ordinario con grande naturalezza. Lui si definì un uomo grigio, ma aveva una fantasia sfrenata. Ci racconta una battaglia mitologica e poi scende per le strade londinesi a mostrarci una casalinga che appende i panni. Come se dicesse: noi poeti siamo in grado di volare molto in alto, ma voi possedete tutti gli strumenti, tutto il repertorio. Forse è il caso che mi fermi qui… e non chiedetemi di Nabokov!».
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