Dopo Company, Tutto Mondo prosegue l’analisi dei musical di Sondheim, dei suoi personaggi ricchi di sfaccettature e spesso outsider, che raccontano la moderna società americana.
Stephen Joshua Sondheim è un compositore, autore e paroliere americano. Sondheim, una delle figure prominenti del musical del ventesimo secolo, è tra i nomi che contribuiscono a reinventare il genere affrontando tematiche più sofisticate e creando personaggi profondi in grado di mostrare le più oscure sfaccettature dell’animo umano.
Caratteristico dell’opera di Sondheim è inoltre l’interesse per personaggi le cui azioni fuoriescono dalla società mainstream. Questi personaggi sono inoltre spesso neurotici e ricchi di complessità.
1. Stephen Sondheim nel 1976.
SATURDAY NIGHT: L’ESORDIO MANCATO
Il primo lavoro professionale con musiche e testi di Sondheim è Saturday Night. Basato sulla pièce teatrale Front Porch in Flatbush di Julius J. e Philip G. Epstein, il musical è ambientato nel 1929 e racconta la storia di un gruppo di amici scapoli della classe media. Gene, che lavora a Wall Street, sogna la vita mondana di Manhattan mentre i suoi amici sono contenti di restare nel vicinato. Cerca inoltre di fare soldi velocemente ma i suoi piani gli si ritorcono contro e a malapena riesce a scappare di galera. Lo spettacolo, che avrebbe dovuto aprire a Brodway nel 1955, a causa della repentina morte del principale produttore, Lemuel Ayers, viene annullato. Saturday Night non verrà messo in scena fino al 1997 a Londra.
SOUNDHEIM COME PAROLIERE: WEST SIDE STORY E GYPSY
I primi musical di Sondheim a Broadway sono West Side Story (1957) e Gypsy (1959). I suoi testi si affiancano alle partiture di Leonard Bernstein e Jule Styne.
West Side Story racconta la disparità sociale attraverso forme di ostracismo, primo fra tutti il trattamento che i Jets, la banda giovanile di origine bianca, riservano agli Sharks, la gang di origine portoricana.
In Gypsy, Mama Rose storce il naso nei confronti della società borghese e soltanto in Rose’s Turn, il pubblico comprende quanto questo senso di sfiducia abbia condizionato la vita di Rose.
2. I Feel Pretty, immagine della produzione originale di West Side Story (1957).
Entrambi i musical contengono un elemento comune a molti dei lavori successivi di Sondheim: la capacità o quantomeno la speranza, da parte dei personaggi, di fuggire dalla realtà attraverso i sogni o la fantasia. In West Side story questo si traduce in un dream ballet dove i protagonisti, Tony e Maria, immaginano una vita dove nessuno è un outsider. Gypsy è scandito dal leitmotiv di Rose, I had a dream, con cui affronta varie crisi.
Altri esempi possono essere presi da musical successivi. In Follies i personaggi nevrotici ed emozionalmente fragili si susseguono nelle scene di un immaginario e cupo vaudeville. Molta dell’azione drammatica in Company avviene in uno stato di sospensione senza tempo della realtà in cui Robert, uno scapolo emozionalmente distaccato, fa i conti con ciò che veramente vuole dalla vita.
A FUNNY THING HAPPENED ON THE WAY TO THE FORUM
A Funny Thing Happened on the Way to the Forum si ispira alla palliata di Plautus, specificatamente dallo Pseudolus, al Miles gloriosus e alla Mostellaria. Su libretto di Burt Shevelove e Larry Gelbart, è il primo musical per cui Sondheim scrive musica e testi delle canzoni. Lo show racconta la storia dello schiavo Pseudolus e i suoi tentativi di ottenere la sua liberazione aiutando il giovane padrone a vincere il cuore della ragazza di cui è innamorato. La trama possiede molti elementi derivanti dalla farsa tra cui, scambi d’identità, litigi e travestimenti. Il titolo deriva dalla battuta con cui spesso i comici iniziavano una storia nel vaudeville: a funny thing happened on the way to the theater. Diretto da George Abbott e prodotto da Hal Prince, il musical vede le coreografie di Jack Cole e quelle non accreditate di Jerome Robbins.
A Funny Thing Happened on the Way to the Forum apre all’Alvin Theatre di New York l’8 Maggio 1962 e segna 964 performance. Vince inoltre vari Tony awards, compreso quello come miglior musical.
PERSONAGGI OUTSIDER E FUGA DALLA REALTÀ NEL SONDHEIM DEGLI ANNI SESSANTA
Su libretto di Arthur Laurents, Anyone Can Whistle (1964), è il musical successivo di Sondheim. Racconta la storia di una città in ristrettezze economiche dove il corrotto sindaco decide di creare un falso miracolo allo scopo di attirare i turisti. Questo richiama all’attenzione di personaggi come Fay Apple, un’infermiera emozionalmente disinibita, un gruppo di internati in un sanitario locale e un dottore pieno di segreti. Anyone Can Whistle è, secondo le parole dello storico teatrale Ken Mandelbaum, una satira sulla conformità e sul concetto di sanità mentale.
Nel 1965 è la volta di Do I Hear a Waltz?, ultimo musical per cui Sondheim non è anche compositore. Le vicende ruotano intorno al personaggio di Leona Samish, una segretaria americana, che alloggia nella pensione Floria a Venezia, il suo incontro con Renato, un uomo sposato, e la loro relazione clandestina. Il lavoro, frutto della collaborazione con Richard Rodgers non si rivela un successo.
4. Angela Lansbury, al centro, nella produzione originale di Anyone Can Wistle.
Evening Primrose è invece pensato per il format televisivo. Si focalizza sul poeta Charles Snell, il quale si nasconde in un grande magazzino dopo la sua chiusura giornaliera per sfuggire dalla realtà circostante. Qui incontra una comunità di persone della notte e si innamora di una giovane ragazza chiamata Ella. Anche in Evening Primrose, Sondheim racconta le vicende di un gruppo di outsider. Lo show, diretto da Paul Bogart e con libretto di James Goldman, va in onda per il network ABC il 16 Novembre 1966.
FOLLIES
Follies ruota attorno ad una rimpatriata tra colleghi delle Weismann’s Follies, uno spettacolo di rivista del passato, in un teatro di Broadway che verrà presto demolito. Il musical è incentrato su due coppie, Buddy e Sally e Benjamin e Phyllis. Sally e Phyllis erano showgirl nella rivista. Entrambi i matrimoni sono sull’orlo del fallimento. Buddy, un venditore porta a porta, ha una relazione extraconiugale mentre Sally è ancora innamorata di Ben. Quest’ultimo però pensa solo a sé stesso e Phyllis si sente emotivamente abbandonata. Molte delle showgirl si esibiscono nei vecchi numeri, a volte accompagnate dai fantasmi del loro io passato.
La tecnica del pastiche permette a Sondheim, in Follies di parodiare stili di compositori del passato. Dà inoltre risonanza ai personaggi che, scontenti del presente, guardano nostalgicamente al passato attraverso le musiche e i brani che hanno cantato. Il musical, un viaggio tra gli stilemi del periodo degli show stile Ziegfeld, fa della nostalgia l’elemento chiave. Follies alterna il mondo del passato a quello del presente e in più punti i confini si fanno sempre più sfumati.
L’uso del pastiche risulta d’effetto nell’ultima sezione dello spettacolo. Questa è una sorta di rivista musicale/esaurimento nervoso in cui i quattro protagonisti esprimono le loro particolari nevrosi. Ad esempio, proprio in questa sezione, Sally si trova a cantare una canzone in stile Gershwin.
Il numero finale, un brano che richiama i sincopati successi di Irvin Berlin è un pezzo da cappello a cilindro. Qui Ben, il marito di Phyllis e l’uomo amato da Sally, mentre si esibisce continua a dimenticarsi pezzi del testo perdendo il controllo fino a che la rivista esplode in frammenti musicali e immagini indistinte.
L’attenta scelta del materiale da parodiare, da parte di Sondheim, rende la parte finale del musical di un’effettività devastante e in ultima analisi una riflessione quasi cinica della realtà americana, coadiuvata dalle neurosi dei protagonisti.
Follies, diretto da Harold Prince e Michael Bennett, che ne è anche coreografo, apre a Broadway il 4 aprile 1971 e segna 522 performance. Nominato per undici Tony Awards, ne vince sette.
A LITTLE NIGHT MUSIC
A Little Night Music è ispirato al film di Ingmar Bergman Smiles of a Summer Night. Ambientato in Svezia, racconta gli intrecci sentimentali nella vita di varie coppie. Il titolo è la traduzione letterale del nome tedesco della serenata No. 13, K. 525 di Mozart, Eine kleine Nachtmusik.
La partitura richiede, ad eccezione del ruolo di Desirée, voci di ampia estensione e insieme all’uso di polifonia e contrappunto porta spesso questo musical a far parte del repertorio operettistico. Send in the Clowns, cantata da Desirée, è probabilmente la canzone più popolare scritta da Sondheim. Qui la protagonista paragona il gruppo di adulti a clown. Il brano, scritto per un’attrice che possa anche cantare è stato pensato proprio per porre l’accento sulle capacità attoriale. Ad esempio le frasi terminano con consonanti in modo che non sia richiesto un grosso sostegno del suono. Send in the Clowns è un ode al rimpianto delle decisioni passate e viene eseguita da un personaggio, quello di Desirée, che ne ha viste di tutti i colori.
A Little Night Music apre a Broadway allo Shubert Theatre il 25 Febbraio 1973 e, dopo 12 anteprime, rimane in cartellone per 601 performance.
THE FROGS E PACIFIC OVERTURES
The Frogs è un ritorno alle atmosfere antiche per mano di Sondheim e di Burt Shevelove, già suo collaboratore in A Funny Thing Happened on the Way to the Forum. Il musical, è un libero adattamento della commedia greca di Aristofane Le Rane.
Dioniso, disperato dalla qualità scadente dei drammaturghi viventi, scende negli inferi per riportare George Bernard Shaw tra i vivi. William Shakespeare compete con Shaw per il titolo di miglior drammaturgo e vince. Dioniso porta indietro Shakespeare nella speranza che la sua arte possa salvare la civiltà moderna. Sondheim utilizza un coro greco a cui affida, nella versione originale del 1974, la maggioranza dei brani e utilizza una scrittura contrappuntistica. Il 20 Maggio The Frogs va in scena per otto spettacoli nella piscina dell’Università di Yale. Tra gli studenti di allora che hanno preso parte alla messinscena ci sono attrici del calibro di Meryl Streep e Sigourney Weaver.
Ambientato nel Giappone del diciannovesimo secolo, Pacific Overtures racconta l’occidentalizzazione del paese a partire dal 1853, quando le navi americane hanno forzato l’apertura al resto del mondo. La storia è raccontata dal punto di vista dei giapponesi e si concentra sulla vita di due amici durante questo cambiamento. Sondheim scrive la partitura in uno stile quasi giapponese fatto di quarte parallele e nessun centro tonale. Non usa però, a differenza di altri, la scala pentatonica.
La produzione originale di Pacific Overtures, diretta da Harold Prince con coreografie di Patricia Birch, è inscenata seguendo le regole del Kabuki, con le parti femminili interpretate da uomini e i cambi di scena fatti a vista da persone vestite di nero. Il musical apre al Winter Garden Theatre di Broadway l’11 Gennaio 1976 e chiude dopo 193 performance.
MERRILY WE ROLL ALONG
Merrily We Roll Along vede Sondheim affiancarsi nuovamente a George Furth, che ne cura il libretto, e al regista Hal Prince. Il musical è basato sulla pièce omonima del 1934 di George S. Kaufman e Moss Hart.
Lo spettacolo racconta di come le vite e l’amicizia dei tre protagonisti cambiano nel corso di vent’anni. Al centro c’è Franklin Shepard, un compositore di musical che, durante questo lasso di tempo, abbandona i suoi amici e la sua carriera per diventare produttore di film hollywoodiani. Come nella pièce su cui è basato, la trama scorre all’indietro. Lo show inizia nel 1976, il peggior momento nella storia dei protagonisti, e finisce nel 1957, durante il meglio della loro giovinezza.
Sondheim e Prince fanno interpretare i personaggi, sia nella loro giovinezza che nella mezza età, ad un cast di attori adolescenti e giovani adulti.
La partitura di Sondheim è un mix di tradizione e non convenzionalità. Nella forma e nelle sonorità le canzoni sono scritte nello stile dei musical degli anni Cinquanta, un forte allontanamento dalla complessità musicale dei suoi lavori precedenti. Ma la partitura è composta anche per abbracciare la struttura “all’indietro” dello show, grazie all’uso e alla ripetizione di specifiche sezioni musicali, come ad esempio, Not a Day Goes By. Il brano viene prima ascoltato nella sua ripresa, cantato con amarezza da Beth, la moglie di Frank dopo il loro divorzio, e appare nella sua forma originale solo nel secondo atto, cantato da Frank e Beth quando si sposano.
Un altro esempio è Good Thing Going, che viene gradualmente scomposta durante l’intero musical prima di raggiungere la sua forma compiuta quasi alla fine dello show. Questa tecnica è usata da Sondheim per mostrare come le canzoni, che hanno avuto importanza nelle vite dei personaggi quando erano più giovani, col passare degli anni, acquistino una nuova risonanza.
La produzione apre a Broadway all’Alvin Theatre il 16 Novembre del 1981 ricevendo soprattutto recensioni negative. Mentre la partitura è ampiamente apprezzata, il libretto e i temi trattati vengono aspramente criticati. Merrily We Roll Along chiude dopo solo 16 performance e 52 anteprime.
SUNDAY IN THE PARK WITH GEORGE
Dopo il fallimento e le critiche negative ricevute per Merrily We Roll Along, Sondheim è intenzionato a lasciare il mondo del musical ma James Lapine lo convince a lavorare con lui.
Ispirati dal quadro del pittore puntinista francese George Seraut, Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte, e dopo aver passato più giorni a studiare il quadro presso L’Art Institute di Chicago, i due gettano le basi per quello che diverrà Sunday in The Park With George. Il musical, su libretto di Lapine, ruota intorno alla fugura di George, una versione romanzata di Seraut, immersa profondamente nella pittura del suo capolavoro, e del suo pronipote (anch’esso chiamato George), un cinico e combattuto artista contemporaneo.
A dividere il primo atto, ambientato ai tempi di Seraut, e il secondo, una moderna galleria d’arte, sono i personaggi del quadro. Questi si lamentano di essere bloccati lì dentro e recitano un frammentario elogio al pittore, morto prematuramente all’età di trentuno anni. Inoltre l’escamotage dell’artista che si confronta col bianco della tela, in apertura e chiusura dello show, restituisce una riflessione sul concetto di Arte.
Sunday in The Park with George è un musical inusuale anche dal punto di vista della sua struttura. Ad esempio, prima che sia possibile udire un pezzo musicale, è il dialogo ad aprire il musical e inoltre non ci sono coreografie. L’orchestra, risponde alle voci dei cantanti, con un contrappunto ricco di dissonanze, come a voler replicare attraverso la musica quello che Seraut ha fatto con i pennelli e la pittura. Il quadro, e di conseguenza il musical, infatti è una somma di punti che osservati da una certa distanza restituiscono l’immagine allo spettatore.
Lo show apre a Broadway il 2 maggio 1984 al Booth Theatre e chiude il 13 Ottobre 1985 dopo 604 performance e 35 anteprime. Oltre a due Tony Awards, Sunday in the Park with George vince il premio Pulitzer per la drammaturgia.
INTO THE WOODS
Nel 1987 è la volta di Into the Woods, un musical su libretto di James Lapine, dove la trama intreccia i personaggi più famosi delle fiabe dei fratelli Grimm.
Ancora una volta Sondheim mette al centro del suo musical figure non tradizionali. Le creature delle fiabe come Cappuccetto Rosso, Jack e Rapunzel appaiono in Into The Woods come outsider, e ognuna di esse, con i suoi problemi personali, deve collaborare per risolvere problemi più grandi.
Il musical è tenuto insieme dalla storia di un panettiere e di sua moglie, sterile a causa dell’incantesimo di una strega lanciato su suo padre per aver rubato le sue verdure. La maledizione verrà dissolta se lei porterà alla strega quattro speciali ingredienti: una mucca bianca come il latte, una cappa rossa come il sangue, un capello biondo come il grano e una scarpetta pura come l’oro. Questi ingredienti sono l’escamotage per creare l’interazione tra la coppia e gli altri personaggi.
Le vicende dei personaggi delle fiabe sono amplificate dal trattamento drammatico e musicale di Sondheim. Ad emergere, in Into the Woods, sono i della vita, dell’amore e della perdita. A questi si aggiungono la fedeltà e la vendetta, particolarmente nel secondo atto, dove si esplora il dopo “vissero felici e contenti”. Ed è attraverso i personaggi delle fiabe che Sondheim racconta alcuni dei problemi che affliggono la società contemporanea.
Dopo la produzione pre-Broadway a San Diego, Into the Woods apre il 5 Novembre al Martin Beck Theatre totalizzando 765 performance. Lo show vince tre Tony Awards: miglior colonna sonora, miglior libretto e miglior attrice in un Musical.
PASSION
Passion è l’adattamento del film Passione d’Amore di Ettore Scola del 1981, a sua volta basato su Fosca, romanzo di Iginio Ugo Tarchetti del 1869. Il musical è inoltre uno dei pochi progetti, insieme a Sweeney Todd e Road Show, ad essere stati concepiti da Sondheim.
Ambientato durante il Risorgimento italiano, la trama ruota intorno a Giorgio, un giovane soldato, che ha una tresca con Clara, una donna sposata. Quando Giorgio viene trasferito, conosce Fosca, una donna volubile, oscura e che soffre di epilessia. Passion racconta i cambiamenti che avvengono in lui a causa dell’amore ossessivo di Fosca.
Temi centrali di Passion sono l’amore, il sesso, l’ossessione, la malattia, la passione, la bellezza, il potere e la manipolazione.
Il musical, scritto come atto unico, ha una partitura che raggiunge vette operistiche. Passion non segue infatti la struttura strofa-ritornello delle canzoni di 32 battute ma, grazie ad esempio ai finali lasciati aperti, sviluppa un qualcosa che è a metà tra aria e recitativo.
Tra le particolarità da segnalare c’è quella di essere un musical epistolare, dove la trama è rivelata attraverso le lettere di Giorgio, Fosca, Clare e il dottor Tambourri.
Passion riguarda, in ultima analisi, l’amore sconvolgente di una donna malata e fisicamente non attraente, un outsider in tutti i sensi, per via del suo isolamento dalla società da un punto di vista sia fisico che psicologico.
Dopo 52 anteprime, Passion apre a Broadway al Plymouth Theatre il 9 maggio 1994 e chiude il 7 gennaio 1995, per un totale di 280 performance. Vince inoltre i Tony Award per miglior musical, miglior colonna sonora originale e miglior libretto di un musical.
ROAD SHOW
Road Show, su libretto di John Weidman, è l’ultimo musical di Sondheim. Benché il più recente, è basato su una delle sue idee più vecchie, con appunti che risalgono al 1952.
Racconta le disavventure dei fratelli Addison e Wilson Mizner dall’inizio del Ventesimo secolo durante la corsa all’oro del Klondike fino al boom edilizio nella Florida degli anni Venti. Il musical si prende grosse libertà sulle vicende realmente accadute nella vita dei due fratelli.
Ancora una volta, attraverso la difficoltosa relazione tra i due fratelli imprenditori, che trovano impossibile sostentarsi all’interno dei confini della società, Sondheim porta in scena degli outsider. I loro alti e bassi riflettono quelli della società americana del periodo. Il contrasto tra Addison, il rispettabile artista, e Wilson, l’imbroglione, rappresentano due archetipi del successo all’americana, e per estensione dell’energia americana: il creatore e lo scialacquatore, il visionario e l’impresario, il conformista e l’anticonformista, il pianificatore idealista e il cinico irrequieto.
La storia e l’evoluzione dello spettacolo è piuttosto travagliata, con versioni e registrazioni differenti. Dopo un workshop tenuto nel 1999 a New York intitolato Wise Guys, il musical viene prodotto a Chicago e Washington D.C. con il titolo Bounce nel 2003, ma non ottiene molto successo. Una versione modificata, con il titolo Road Show, va in scena Off-Broadway nell’ottobre 2008.
Ma i cambiamenti più importanti sono legati al tono dello show: inizialmente pensato come una commedia “on the road” dal sapore vaudeville, diventa un anti-romantico atto unico ascrivibile al musical da camera. Questa ultima versione restituisce al pubblico uno spettacolo dal forte impatto emotivo che si distacca dai suoi musical più cervellotici come Sunday in The Park with George. Offre inoltre, all’interno di una partitura che si riavvicina a uno stile Broadway più tradizionale, uno spaccato aspro e disincantato del materialismo dell’American Dream.
CONCLUSIONI
Uno sguardo ai musical di Sondheim, oltre ai famosi Company, Sweeney Todd e Assassins, è importante per comprendere l’eclettismo di uno dei compositori più importanti della storia del Musical. Piegando le strutture preesistenti al servizio dei suoi personaggi, Sondheim non solo restituisce uno spaccato della società americana, in continua evoluzione, ma umanizza anche personaggi di solito visti come scomodi o cattivi. Attraverso le sue scelte compositive inoltre guida lo spettatore attraverso temi complessi e sofisticati. Tutto questo rende Sondheim anche uno degli autori più amati, come dimostrano non solo i revival dei suoi show ma anche i molti concerti dedicati ai suoi lavori.
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