I libri sognanti dell’autore tedesco, tra fiaba e alta letteratura
Se la grandezza di un libro per ragazzi risiede nel suo non essere un libro per ragazzi, ovvero nel congiungere le due sponde del tempo, proiettando un ragazzino nel futuro, attraverso le avventure che impegnano i personaggi del libro, e ricordando all’adulto che giocosità e maturità dovrebbero andare a braccetto, allora Walter Moers è un maestro del genere.
Nel maneggiarne i pesanti volumi editi da Salani, la prima cosa che si avverte è che Moers non ha bisogno di scrivere, ma di esplodere. Questo fumettista tedesco non sembra uno di quegli scrittori che passano la lima su ogni parola, perdendosi per ore su un passaggio alla ricerca della giusta combinazione. Sebbene armato di stravaganze grafiche (intere pagine occupate dalla stessa frase, oppure verniciate di nero, a indicare uno svenimento) e di una sapiente padronanza degli strumenti narrativi, la vera potenza di Moers non risiede nello stile, quanto nell’invenzione: orsi esploratori, gaglioffi delle spelonche, arpiri, megere, isole carnivore che fagocitano i propri abitanti… Moers dispone di un armamentario fiabesco che sfonda le porte della letteratura per scompigliarne le pagine. Il risultato? Un cocktail fra favola e fantasy che si muove con gli espedienti dell’azione, i brividi dell’horror e le atmosfere tombali del gotico, passando dal grottesco (non mancano arti divelti e teste sottolio) per approdare in terre di serenità e lieto fine, colorate come l’arcobaleno (si legga lo splendido finale di Le 13 vite e ½ del capitano Orso Blu).
Moers ha bisogno di esplodere, perché nel suo cervello vorticano tante di quelle invenzioni che solo un altro mondo poteva accogliere. Per questo ha creato Zamonia. Il lettore critico e diffidente, quello che, dopo aver letto il Signore degli anelli, ogniqualvolta incontri l’immancabile mappa in apertura abbia l’impressione di trovarsi di fronte l’ennesima imitazione del capolavoro, resterà sorpreso: Zamonia non è la Terra di Mezzo, è la Cartoonia dell’alta letteratura. Una Cartoonia impegnativa, talmente densa e popolata da stordire; e sufficientemente cupa – a volte – da impensierire. È il luogo dove Moers riversa gli oggetti innumerevoli della sua creatività eruttiva.
Moers è da diverso tempo un caso editoriale internazionale. In Italia lo si trova confinato nell’angolo delle storie per bambini, ma le sue trovate, ricamate su trame avvincenti, sono davvero un cocktail di generi. Lui stesso ci confessa il proprio credo ne La città dei libri sognanti: “Rubare a uno scrittore è furto, rubare a tanti scrittori è ricerca.” Per descrive l’atto creativo, nei suo saggi Montaigne parlava di miele e di api: Moers è un’ape iperattiva e il suo è un miele millefiori estremamente originale. Il suo amore per la letteratura è forse più evidente proprio nella Città dei libri sognanti, dove ne sonda anche (e soprattutto) il lato oscuro. Se volete fate gli scrittori, dovreste leggerlo. Se vi sentite grandi lettori, dovreste concedervi un salto nella grande città che gira unicamente intorno all’oggetto libro. Un luogo dove tutti sono letterati, lettori, editori, scrittori o aspiranti tali. Un luogo dove si aggirano squali del business e romantici idealisti, cacciatori di libri (non in senso metaforico: gente che ti taglia la gola) e dove il sottosuolo cela un labirinto-biblioteca più pericoloso delle miniere di Moria.
È probabile che, dopo aver letto Moers, un ragazzino sia indotto a ritenere scrittura e lettura attività grandiose e pericolose. Cosa che in effetti sono. Ma Moers impartisce la lezione con leggerezza, divertendo e meravigliando, perché i suoi sono anche romanzi di formazione. L’altra lezione, quella che tocca di più un aspirante, è la vecchia massima ripetuta da ogni scrittore navigato: per diventare bravi bisogna leggere con amore, essere schiacciati dal talento altrui, vivere le proprie avventure reali e attingervi attraverso l’immaginazione.
Per questi motivi, leggere Moers è vivamente consigliato.
Filippo Bernardeschi
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