Impegnato nella riscoperta dei capisaldi della civiltà occidentale, lo storico Ernesto De Martino (Napoli, 1° dicembre 1908 – Roma, 9 maggio 1965) ne coglie i momenti di crisi e di rottura, segnalandosi per la distanza dai propri stessi maestri: la scuola storico-religiosa di Adolfo Omodeo (1889-1946) e a quella filosofica di Benedetto Croce (1866-1952). La lettura crociana della storia, infatti, è quella di un «teatro di antagonismi perpetui»: scenario in continua evoluzione, sottoposto a fluttuazioni utili allo sviluppo dello Spirito dell’Uomo. L’utile contaminazione di De Martino con l’esistenzialismo e il materialismo marxista –con un percorso che giungerà alla maturazione del concetto di etnocentrismo critico in un periodo più tardo- rende lo storico molto più profondo nell’analisi dell’Occidente in via di disfacimento.
Il Mondo Magico è il prodotto di una serie di scritti sulla realtà dei poteri magici, sul problema della conoscenza, sul magismo, sui fenomeni paranormali che vanno dal 1941 al 1945 e sono pubblicati per la casa editrice Einaudi nel 1948. L’autore, oltre a tracciare un metodo di approccio alla questione del magismo, propone una visione della magia come intervento, favorito dall’uomo, utile a riscattare la fragile esistenza dell’individuo nel mondo. L’indagine si snoda nei meandri della psiche umana, nel suo rapporto con le rappresentazioni culturali collettive, nel dramma persistente della presenza nel mondo, nel ricorso ai poteri magici, «eventi inclusi nella decisione umana»: scandalosa constatazione per la cultura occidentale. La risposta non si farà attendere: Mircea Eliade (1907-1986), con Scienza, idealismo e fenomeni paranormali, muoverà a De Martino l’accusa di aver reso equivalenti i fenomeni magici, emblemi, a parer suo, della autenticità storica, a quelli paranormali, come la schizofrenia, che segnerebbe il distacco dell’individuo dalla comunità e dal suo determinato impianto storico-culturale.