Il sole anche di notte (Paolo e Vittorio Taviani, 1990)
Il sole anche di notte, girato dai fratelli Taviani nel 1990, è la storia di una ricerca. Ispirato dal racconto Padre Sergio di Tolstoj, racconta la vita di Sergio Giuramondo, un cadetto del re di umili origini, che viene scelto come suo aiutante. Promesso sposo a una nobildonna che in realtà è stata l’amante del re, Sergio, ferito nell’orgoglio e profondamente deluso, abbandona i suoi tentativi di scalata sociale e decide di farsi monaco. Inizia così un viaggio verso la ricerca di autenticità, un valore che sembra essere lontano dall’ambiente reale così come da quello religioso. La dimensione sacra è cercata inizialmente come rifugio: consolazione all’infelicità e speranza di libertà. Ma è una consolazione solo illusoria.
L’ambiente religioso sembra essere corrotto dalla vanità e dalla ricerca del prodigio. Sergio è infatti creduto un santo dai poteri miracolosi e finisce per cedere al piacere della fama. Decide allora di ritirarsi sul monte Petra e diventare un eremita, scelta che rende manifesta una sincera ricerca di fede: non più disperato tentativo di cura per un orgoglio ferito, ma intima necessità. La solitudine di Sergio però è disturbata continuamente: la tentazione della bellezza di Aurelia, cui Sergio, pur di non cedere, si taglia un dito in segno di totale asservimento al Divino. Poi, dalle folle di pellegrini che arrivano sin lassù per chiedere il miracolo e la grazia. Tra queste vi è Matilda (interpretata da una giovanissima Charlotte Gainsbourg), ragazzina affetta da una strana fobia per il sole: candida tentatrice cui Sergio non resiste e con cui passa la notte. Incapace di accettare la propria debolezza e umanità, abbandona l’eremo, si toglie il saio e torna al paese della sua infanzia, dove cerca una coppia di anziani che avevano chiesto la grazia di morire insieme alla fine della loro vita. Scopre che il miracolo è avvenuto e decide di restare lì per lavorare come contadino. Il viaggio alla ricerca dell’autentico sembra quindi trovare compimento e destinazione nei paesaggi della propria infanzia.
Il film si apre con un’immagine-chiave: il piccolo Sergio chiede una grazia a un albero di pesco in fiore. La mano tesa a ospitare un petalo che puntualmente cade giù. Questo desiderio, tanto infantile quanto ardente, è dettato dalla processione che si svolge in paese, quando, al passaggio dell’ostensorio, la strada viene ricoperta di petali colorati. È qui che Sergio matura la scelta ancora inconscia di dedicare la sua vita al servizio di Dio. Una devozione che nell’età adulta si indirizzerà prima verso il Re, divinità fittizia e mondana, e poi verso il sacro e l’autentico. L’albero, presenza continua nella storia di Sergio e perno attorno a cui ruota la sua fede e la sua certezza, è simbolo della verità e dell’autentico e che, alla presenza inopportuna dei pellegrini-sciacalli viene “travestito” da albero della cuccagna, immagine dell’avidità e della cupidigia dell’uomo. Il titolo allude alla necessità della presenza di una luce guida, che illumini sempre la strada giusta: «Tante giornate buone… col sole pure la notte.» è l’augurio che i due anziani rivolgono a Sergio quando lo vanno a trovare sull’eremo del monte Petra. Un augurio che parla del raggiungimento di uno stato di grazia, della condizione di pace e intima pienezza, in cui le debolezze e le atroci domande della vita siano sempre rischiarate dalla luce del sole, una luce così forte che è possibile soffrirne.
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