Il noto attore e comico Neri Marcorè ha portato in scena al Teatro Verdi di Pisa uno spettacolo di musica e parole, dal titolo Quello che non ho. Lo spettacolo è costruito sulle canzoni di De André (il titolo ne è un’evidente traccia) ed ispirato dai pensieri di Pier Paolo Pasolini (ritrovabili nel film La Rabbia).
Di Neri Marcoré saprete già molto: si è fatto conoscere fin da giovanissimo, partecipando a spettacoli teatrali e televisivi; nel 1990 si diplomò a Bologna come interprete parlamentare in Inglese e Tedesco; successivamente iniziò a recitare in numerosi film, tra cui Lezioni di cioccolato e The Tourist.
Senza togliere nulla a Marcoré vorrei dedicare due parole ai giovani, splendidi e talentuosi musicisti che lo hanno accompagnato sulla scena con chitarre e voce: Maria Pierantoni Giua, Pietro Guarracino e Vieri Sturlini.
Giua è una cantautrice italiana, il suo rapporto con la musica comincia da bambina. Nel 2003 si è aggiudicata il Premio Lunezia e ha vinto il festival di Castrocaro, nel 2008 ha partecipato al Festival di Sanremo con la canzone Tanto non vengo. In seguito si è proposta come compositrice, autrice ed interprete per altri spettacoli teatrali, come la commedia Un piccolo gioco senza conseguenze, andata in scena nel 2009 ad opera di The kitchen Company, con la regia di Eleonora D’Urso. Nel 2012 ha pubblicato l’album TrE con alcune collaborazioni importanti.
Anche Pietro Guarracino ha iniziato a suonare la chitarra in giovane età e si è diplomato alla scuola di musica Lizard di Fiesole in chitarra Rock/fusion e poi in chitarra acustica fingerstyle. Infine si è diplomato in chitarra jazz presso il conservatorio Martini di Bologna. L’amico Vieri Sturlini ha approfondito lo studio della musica jazz col maestro Mino Cavallo. Ha poi iniziato uno studio classico e ha proseguito sperimentando e lavorando su altri generi da autodidatta. Attualmente studia chitarra jazz al conservatorio Luigi Cherubini di Firenze. I due si sono conosciuti su di un forum di musica e dal 2010 hanno cominciato ad esibirsi in diversi locali dentro e fuori Firenze.
Non voglio sottrarre altro inchiostro alla recensione, che dovrebbe essere il fulcro di questo pezzo, ma penso che questi ragazzi si siano meritati le poche righe che ho scritto su di loro. Alla fine Quello che non ho è rivolto soprattutto a noi giovani.
Devo ammettere che sono partito prevenuto nei confronti di questo spettacolo: il mio difetto è di dubitare di qualunque cartellone che abbia scritto sopra “Tutto esaurito”. Fortunatamente, spesso mi sbaglio.
Quella sera il teatro traboccava di gente, ma non c’era soltanto il classico pubblico degli abbonati; la sala si era riempita di giovani. Dal loggione spuntavano centinaia di testoline che, come un puzzle, cercavano di trovare il loro incastro per sbirciare la scena: alcuni in piedi, altri comodamente seduti, altri in ginocchio. Poi la luce si spense e calò il silenzio, per un’ora e venti. Certo gli applausi ci sono stati tra una canzone e l’altra, ma il pubblico era rapito dal pizzichio delle corde delle chitarre e dal suono delle parole. Era come se nelle sala ci fosse solo la musica di De André e la voce di Marcorè a tracciare un sentiero guida tra i pensieri e le parole di Pasolini, con riflessioni sulle assurdità dell’Italia capitalistica e della società del consumo. Marcorè racconta ad esempio di quando Pasolini ha scritto che, agli inizi degli anni sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua, le lucciole sono scomparse. Le lucciole rappresentano una sorta di “vuoto di valori” secondo il poeta.
Con la forma del Teatro Canzone, con le musiche dell’album Le nuvole del 1990, in cui troviamo tra le altre Don Raffaè e Ottocento, il nostro cicerone racconta eventi accaduti in Italia e nel mondo: come la mitica scomparsa di Clarabella, Atlantide, le guerre civili.
La miniatura da collezione di un personaggio Disney, Clarabella appunto, sparì improvvisamente dal mercato. Fino a quel momento l’oggetto era un gadget delle cassette d’acqua minerale del supermercato. Il problema venne trascinato fino in Parlamento, dove se ne discusse per un anno intero, come se fosse uno dei problemi principali delle famiglie italiane, costrette a comprare casse su casse d’acqua alla disperata ricerca della mitica, quasi leggendaria, Clarabella.
Le assurdità tuttavia non finiscono qui. Marcorè ci racconta anche di un sesto continente, un’Atlantide che galleggia nelle acque: è un’isola di 2500 chilometri di diametro divisa in due parti, che si concentrano tra il Giappone e le Hawaii. Peccato che entrambe siano fatte interamente di rifiuti, per la maggior parte di materiale plastico, e che sia appunto un continente grande due volte e mezzo l’Italia. È il più grave atto d’inquinamento che la storia marina possa conoscere.
Le assurdità spesso si trasformano in tragedie e tra queste c’è anche la guerra del Coltan, il minerale usato per costruire telefonini e playstation.
Lo spettacolo viaggia tra eventi di satira e sconvolgimenti sociali e ambientali, con una ironia quasi tragica che si realizza al suono degli arrangiamenti delle canzoni del Faber.
Attraverso questi due poeti del passato Marcoré cerca di esplorare il nostro presente, ponendo domande, mostrando fatti e incertezze. E le lucciole? Fortunatamente su questa scomparsa Pasolini si sbagliava. Le lucciole sono tornate una notte, in campagna. Ed anche, quella sera a teatro sono ricomparse: il palcoscenico diventa per un istante una gigantesca finestra sul mondo, sulla campagna, di notte. E ognuno di noi può vedere e sentire il rumore di quelle lucciole che pochi anni fa sembravano sparite nel nulla.
Il pubblico, non uscì come era entrato… ma con una lacrima lungo il viso “come una specie di sorriso”.
Quello che non ho
drammaturgia e regia: Giorgio Gallione
collaborazione drammaturgia: Giulio Costa
arrangiamenti musicali: Paolo Silvestri
con: Neri Marcorè, Guia, Pietro Guarracino, Vieri Sturlini
durata: 1h 20′
Visto a Pisa, Teatro Verdi, il 24 gennaio 2016
Daniele Matronola
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