PISA – Fin dalla fondazione, precisamente 150 anni fa, il Teatro Verdi ha rappresentato per tutta la città di Pisa, e non solo, un importante centro culturale e artistico. Sono stati molti gli artisti, tra cui attori, ma anche musicisti e cantanti, a calcarne le scene, come Luciano Pavarotti, Salvatore Fisichella, Gino Paoli e Ornella Vanoni, per citarne qualcuno. Il grande palco, carico di scenografie suggestive, di attori carismatici e di storie ipnotiche, la platea e i palchetti gremiti di persone rapite sono generalmente gli aspetti che più rimangono impressi, che regalano all’arte del teatro un fascino proprio e irripetibile.
Tuttavia il Teatro Verdi non è famoso solamente per la meritata fama dovutagli dalle varie stagioni teatrali, ma anche per un’iniziativa che negli anni è cresciuta, sviluppandosi e migliorandosi, e che ha permesso a molti di avvicinarsi e comprendere meglio il mondo del teatro, mondo che ha proprie regole e linguaggi: parliamo dei laboratori del corso Fare Teatro.
All’interno dei 15 diversi corsi proposti, rivolti ad un pubblico che parte dai 3 anni ed arriva all’età adulta, quello che risulta più strutturato e che può vantare una diffusa e duratura partecipazione è composto dai ragazzi delle scuole superiori, tra i 15 e i 18 anni circa.
«Ci si diverte. Si sta bene. Non c’è necessità di essere qualcuno che non si è. Il corso di recitazione è un posto dove non si deve recitare. Si incontrano persone simili a noi e ci si accorge che si può legare con persone diversissime. […] Il teatro è un posto caldo dove passare l’inverno». Questa è la spiegazione data da Federico Guerri, insegnante del Fare Teatro, nonché drammaturgo e scrittore, sul motivo per cui il corso sia così diffuso e apprezzato. Parole che spesso trovano conferma in quanto altri ragazzi e ragazze raccontano riguardo la propria esperienza: «Mi sono ritrovato in un ambiente che vedevo come casa” è il pensiero di Diego, a cui fa eco Sofia: “[…]per quanto riguarda gli anni della crescita e della scoperta individuale il teatro mi ha aiutato parecchio».
Ciò che emerge con maggior frequenza è il grande aiuto che il corso, e in generale il teatro, ha dato per superare problemi legati alla timidezza e all’insicurezza, visto che con il tempo all’interno del gruppo si inizia a fare conoscenza, la tensione si allenta e soprattutto, mediante gli esercizi, si diventa maggiormente consapevoli di sé stessi e delle proprie capacità. Le attività proposte hanno poi spesso, dietro al momento del gioco, del divertimento e dell’azione, un secondo fine: proporre con semplicità, ma mai in modo banale, una riflessione, un diverso modo di considerare chi e ciò che ci circonda.
Ogni esercizio svolto durante le lezioni porta i ragazzi a mettersi in gioco, a superare ansia, paura e vergogna per sperimentare qualcosa di nuovo, per imparare e migliorarsi. «L’esperienza teatrale […] fornisce ai ragazzi una passione per la cultura e per l’impegno non comune, dato che nella società viene spesso suggerito il modus vivendi del massimo risultato con il minimo sforzo» dice Giuseppe, parlando della propria esperienza al Fare Teatro. Ed effettivamente è così: si è invogliati a non accontentarsi, a non scegliere sempre la soluzione più facile, più congeniale a noi, ma a provare e riprovare, senza farsi scoraggiare dagli insuccessi.
«Mi hanno appassionato tantissimo gli esercizi che facevamo: insoliti, ti lasciavano un non so che dentro […]», sono le parole di Stefano, che ha iniziato Fare Teatro a 16 anni. Nel ridotto si corre, si salta, si urla, si impara a relazionarsi con il proprio corpo grazie a semplici esercizi di ginnastica e di rilassamento, talvolta grazie alla musica o solamente ascoltando la voce degli insegnanti, ma quasi sempre ad occhi chiusi. Si impara a muoversi in armonia, mantenendo al contempo una relazione con gli altri.
I piedi non sono l’unica cosa che si muove: durante gli esercizi di improvvisazione bisogna far galoppare l’immaginazione e l’inventiva, e se non viene in mente nulla, mai fermarsi, bisogna andare avanti comunque; vicino a te ci sono tante altre persone pronte ad aiutarti.
A fine lezione, dopo aver mimato, inventato, raccontato, i ragazzi mostrano un’energia, una reattività sorprendente; sono scattanti e sorridenti.
Un altro aspetto, che si unisce alla sicurezza e alla consapevolezza di sé acquisita durante il lavoro è il conseguente superamento delle inibizioni: «Il teatro usa la stupidità e annulla la vergogna» afferma Federico Guerri. A differenza di quanto avviene in altri contesti, come ad esempio la scuola, a teatro non ci si aspetta un comportamento standardizzato, prestabilito. «La cosa che mi appassionò di più è l’anarchia controllata che genera il teatro. Il sentirmi dire “fai come vuoi te” mi aprì un mondo, […] mi faceva sentire forte e sicura di me», racconta Sofia. E il rapporto che si crea fra insegnanti e ragazzi incentiva questo modo di lavorare: si instaura una fiducia reciproca, tra chi da una parte ha conoscenze e competenze e chi, dall’altra, arricchisce gli esercizi e le storie con elementi unici, personali.
Insomma, il teatro aiuta senza dubbio i ragazzi a crescere come persone, ma sviluppa in particolare anche la capacità di lavorare in gruppo. Le storie che si raccontano sul palco non sono mai monologhi, ma un lavoro portato avanti da tutti, a cui ognuno contribuisce con i propri sforzi. Si impara che intorno a noi ci sono altre persone, diverse e uniche, con cui poter creare legami. Possono nascere grandi amicizie, cosicché il gruppo diventi una seconda casa, in cui, di anno in anno, si è desiderosi di tornare, scoprendo costantemente qualcosa di nuovo. Ciò riguarda anche i testi che vengono proposti per essere rappresentati. «Il testo, a Fare Teatro, si sceglie in base al gruppo. Ci si conosce e poi si capisce che storia si può raccontare insieme […]», dice Federico Guerri, il quale si occupa in prima persona di scrivere la storia da mettere in scena. Le ambientazioni sono sempre diverse, così come i personaggi con cui devono cimentarsi i ragazzi. Comprendere la psicologia di ciascuno di essi è un lavoro difficile ma appassionante, perché porta anche a farsi domande su ciò che gli è collegato: società, periodo storico dell’opera e dell’autore, le influenze culturale che ha ricevuto quest’ultimo, senza però dimenticarsi della propria interpretazione del personaggio, di come noi lo vediamo e di come intendiamo farlo vivere. «Non sempre il personaggio che interpreti è vicino a te mentalmente, socialmente o temporalmente. Per immedesimarti appieno, devi capire la società nella quale il personaggio, ed anche il drammaturgo, viveva» è il pensiero di Sara, a cui si uniscono le parole di Sofia: «Il teatro riesce a darti una sensibilità disumana, quando cerchi di capire il personaggio […] tendi ad immedesimarti e ad astrarti nei loro pensieri. Fai dei processi cognitivi che riporti nella vita reale».
Per concludere, possiamo dire che il laboratorio proposto dal Teatro Verdi è un’esperienza fortemente emotiva, che coinvolge i ragazzi in modi inattesi, ma stimolanti e produttivi, facendo crescere in loro, non solo, in alcuni casi, l’interesse e la passione per il vastissimo mondo della drammaturgia, ma anche più semplicemente la voglia di mettersi alla prova, di osare. Perché alla fine di questo si tratta: tentare, vedere cosa succede, provare a fare e forse scoprire che si ha più fantasia di quanto si credeva, che la voce può uscire forte e sicura senza sforzo. Che dentro di noi esistono infiniti personaggi, che noi siamo infinite possibilità.
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