The Look of Silence un film di Joshua Oppenheimer
The Look of Silence è un film documentario, scritto e diretto dal regista statunitense Joshua Oppenheimer, vincitore del Premio speciale della Giura alla 71° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Si tratta di un Docu-film (102 min) ambientato in Indonesia. Una lucida visione per raccontare una pagina di storia dimenticata e a molti sconosciuta: la sanguinosa repressione che negli anni ’60 vide in Indonesia, a seguito dell’instaurazione di una dittatura militare, l’uccisione di oltre un milione di persone, tra nemici politici e minoranze etniche, accusate di comunismo o di essere semplicemente avverse al sistema di regime.
Si tratta di una delle più efferate e sanguinose stragi della storia del Novecento; strage che coinvolse tutti i livelli della gerarchia sociale e che fu appoggiata apertamente dalle forze militari del paese con l’obiettivo di eliminare ogni potenziale nemico.
Ad oggi i responsabili di tale epurazione non sono ancora stati condannati ufficialmente e si trovano tuttora ai vertici del potere.
Il film ruota attorno al fratello di una delle vittime, seguito da una troupe cinematografica, che interroga alcuni degli artefici di tale strage non per ottenere vendetta ma alla ricerca, se non del rimorso, almeno del pentimento per quanto accaduto.
Al termine di questo viaggio, Adi, che non ha mai conosciuto suo fratello, troverà il pentimento solo da parte di una delle figlie dei carnefici che chiederà scusa per ciò che ha commesso l’anziano padre.
The Look of silence è il secondo capitolo dedicato dal giovane Oppenheimer alla strage indonesiana.
Il film, in concorso A Venezia e poi al Toronto International film Festival (Canada), si presenta come una sorta di sequel del lavoro precedente: The Act of Killing (2012), docu-film salutato con plauso dalla critica e divenuto da subito un caso cinematografico.
In the Look of Silence il regista con la sua camera a spalla decide di raccontare quanto accaduto negli anni sessanta Indonesia non più attraverso le parole dei carnefici ma con gli occhi di un parente delle vittime alla ricerca di una verità raccontata dagli autori della strage con crudo realismo e senza pentimento alcuno.
Nessuno schieramento, nessuna presa di posizione da parte del regista che, seguendo Adi, fa si che sia la narrazione a lasciare lo spettatore incredulo davanti all’atrocità dei fatti, tanto più crudeli quanto più chiari diventano l’orgoglio e il sorriso con cui, ancora oggi, gli assassini li raccontano.
Nessuna colonna sonora ad accompagnare le immagini, ma i rumori ovattati della natura e le voci in presa diretta degli intervistati per restituire tutto il peso di una terra macchiata dal sangue di migliaia di vite umane.
Adi, che nella vita fa l’oculista, cerca di mettere sotto una lente di ingrandimento i fatti per trovarvi un senso. Ed ecco il contrasto tre le domande secche di lui e la paziente attesa di risposte e i silenzi dei suoi interlocutori che non vogliono ricordare o che, se lo fanno, lo fanno nella assoluta convinzione della loro buona fede.
Così le immagini, immerse in una natura lussureggiante e nei colori di una terra a noi lontana, fanno riviere dopo cinquant’anni l’orrore delle violenze commesse attraverso il sorriso dei loro autori.
Nessun indugio macabro sui dettagli, ma solo la viva voce di chi chiede e di chi risponde, arrivando a simulare con la stessa enfasi di un tempo la brutalità dei delitti commessi.
Il film, vincitore a Venezia del premio speciale della giuria, ha visto i giurati orgogliosi di assegnarlo, con il particolare apprezzamento di Tim Roth, che lo ha definito un capolavoro, vero cinema.
Il regista, che non ha potuto ritirare di persona il premio: bloccato da una tempesta in Indonesia, è intervenuto con un video clip salutando e ringraziando la platea di Venezia.
Molti hanno giudicato The Look of Silence un’opera più debole e fragile rispetto al precedente Act of Killing. Ma la levatura stilistica e narrativa del secondo lavoro di Oppenheimer è indubbia. Lavoro capace, ancora una volta, di restituire al pubblico un brano di storia da conoscere, mescolando atmosfere liriche alla crudeltà, la rassegnazione al bisogno di non dimenticare, la disperazione al desiderio di riscatto e verità.
Biancamaria Majorana
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