“Il film di e con Sabina Guzzanti, presentato alla Mostra di Venezia, pone interrogativi sui rapporti Stato-mafia. E segna un punto: è crollato il muro dell’omertà mafiosa ma non è mai crollato il muro dell’omertà di Stato”. La Repubblica
La Trattativa è l’ultimo film diretto e sceneggiato da Sabina Guzzanti, presentato fuori concorso all’ultima Mostra Internazionale del cinema di Venezia.
Film che ho avuto modo di vedere personalmente in anteprima proprio a Venezia: sala gremita, pubblico interessato e lungo applauso finale a segnalare l’apprezzamento. Ma una volta uscito al grande pubblico, l’accoglienza è stata decisamente più tiepida. E molte, fin da subito, le polemiche sollevate dal mondo della politica.Ma di cosa si parla, quando si parla di Trattativa? Per Trattativa si intende l’ipotesi dell’esistenza di un accordo tra Stato italiano e Mafia, a seguito degli attentati che colpirono duramente il nostro paese tra il 1992 e 1993.
Lo Stato italiano, secondo tale ipotesi investigativa, per porre fine alle stragi ordite da Cosa Nostra (tra le quali ricordiamo gli attentati a Falcone e Borsellino), sarebbe giunto a patti con la Mafia, concedendole alcuni favori, primo fra tutti l’attenuazione del regime di carcere duro imposto dall’articolo 41bis (norma che prevede un trattamento penitenziario particolarmente duro per reati connessi a terrorismo e criminalità organizzata).Sabina Guzzanti porta sullo schermo un lavoro a metà tra film e documentario e cerca di ripercorrere le tappe salienti della presunta Trattativa, con l’intento di mettere ordine e fare chiarezza su una delle pagine più scure e complesse della storia recente del nostro Paese.Per farlo, alterna immagini e filmati di repertorio a ricostruzioni recitate. Così, accanto a filmati inediti di processi, ecco comparire sulla scena un attore nelle vesti del discusso collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza. La stessa Guzzanti non ha resistito alla tentazione di assumere le vesti di Silvio Berlusconi, del quale racconta i rapporti intercorsi con Cosa Nostra tramite la figura quanto mai dubbia di Marcello dell’Utri.La Guzzanti ricostruisce in un puzzle tutta una serie di eventi solo apparentemente slegati, ma in realtà profondamente interconnessi tra loro, rete di eventi in cui ogni pedina si unisce alle altre, in un gioco a scacchiera, in cui nomi, fatti, delitti e mistificazioni sono espressione di una società corrotta e di in uno Stato colluso e impotente.
Sabina Guzzanti ci propone il suo personale punto di vista sui fatti, secondo quelle che sono le sue convinzioni, delle quali, peraltro, non ha mai fatto segreto. Preso atto di questo, considerate le altre possibili interpretazione dei fatti narrati, appare indubbio che sulla questione Trattativa siano ancora molte le risposte che lo Stato deve fornirci.Merito del film è l’aver riacceso il dibattito rispetto a un tema purtroppo più attuale che mai per offrirci nuovi e inediti spunti di riflessione. Non possiamo pensare di guardare al futuro in un paese che non sia in grado di porsi come potere costituito in grado di garantire legalità e giustizia.E qualora lo Stato fosse veramente giunto a compromessi con l’Antistato, credo che ogni tentativo di informare e rendere consapevole l’opinione pubblica sia non solo legittimo, ma doveroso.Allora al film della Guzzanti il merito, nella sua chiarezza ricostruttiva, di aver gettato nuova luce su un enigma reale, tristemente assurdo, rispetto al quale il lavoro delle istituzioni dovrebbe essere continuo e inarrestabile, per debellare un cancro che rischia di mutilare irrimediabilmente il nostro Paese.
Biancamaria Majorana
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