Reportage del viaggio “Il Treno della Memoria 2019”

Due ragazze pisane, Caterina e Martina, appena rientrate dall’esperienza del Treno della Memoria ci hanno inviato un loro breve reportage

PISA – 20 gennaio 2019: siamo salite sul treno che ventidue ore dopo ci ha lasciate alla stazione di Oswiecim, nome della città precedentemente nota come Auschwitz. Il viaggio con il Treno della Memoria è appena iniziato.

21 gennaio: Alle 10:00 è iniziata la nostra visita al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. -8°C, umidità, neve, nebbia e nonostante gli strati di vestiti sentivamo freddo, un freddo pungente. Una volta varcato l’ingresso siamo state travolte dal vuoto, dal silenzio e dalla desolazione, non ne vedevamo la fine. Le baracche erano buie e gelide al loro interno, sia quelle in legno che quelle in mattoni. Queste sembravano scomparire nell’infinito.

È stato difficile immaginarsi che milioni di persone, proprio lì dove stavamo camminando, subirono la violenza più atroce che a un individuo possa essere inflitta:  è stata tolta loro l’identità, sono state trattate come bestie, sono state ridotte in numeri. È impossibile non indignarsi di fronte alla vista di tanta crudeltà, è uno scenario soffocante, noi dobbiamo riuscire a trovare il fiato per gridare al mondo intero di ricordare, di denunciare i fatti, perché quell’orrore non si ripeta.  

22 gennaio: la mattina siamo andate ad Auschwitz 1, sebbene ci fosse il sole, l’atmosfera era spettrale. Il motto “Arbeit Macht Frei” segna l’entrare del campo, all’interno del quale sono schierati in ordine blocchi di mattoni. I deportati venivano privati di ogni bene, materiale e non; nel blocco numero cinque sono raccolti parte di quegli oggetti. Teche grandi come aule piene di valigie, utensili, pettini, scarpe, scarpe di bambini, vestiti, capelli, fanno gelare il sangue. È stato orrribile vedere le cataste di latte di zyklon B vuote, e ancor più orrendo è sapere che quel gas ha causato la morte lenta e straziante di milioni di civili. Il blocco numero undici è quello della morte, esternamente si confonde con gli altri ma dentro la spietatezza nazista raggiungeva il suo apice: nei sotterranei gli ufficiali delle SS sperimentarono per la prima volta l’uccisione in massa nelle camere a gas. C’erano, inoltre, delle celle buie dove l’aria entrava a malapena, in cui alcuni prigionieri venivano lasciati morire di sete e di fame, la loro porta era dotata di uno spioncino dal quale le guardie guardavano lo straziante “spettacolo” della morte. Dopodiché siamo entrate nelle camere a gas e abbiamo visto un muro consumato, graffiato, rigonfio di disperazione. Nel blocco-memoriale dedicato agli ebrei, ciò che ci è rimasto più impresso è stato il grande libro dei nomi, in cui sono raccolti i dati anagrafici di gran parte degli ebrei deportati. Quelle pagine sono enormi e innumerevoli e hanno il compito di restituire almeno un briciolo di dignità alle vittime dell’Olocausto. “Ogni persona è un nome” sono le parole che presentano questo libro-monumento, e hanno lo stesso significato di ciò che la madre delle sorelle Andra e Tatiana Bucci li ripeteva le rare volte che riusciva a incontrarle durante la deportazione. Lei ricordava loro continuamente il loro nome e cognome, perché in quell’inferno non si dimenticassero che prima di essere numeri erano persone.

Treno della Memoria

Altri testimoni come Vera Vigevani Jarach, Marcello Martini, Shlomo Venezia, Antonio Cesari, Hugo Höllenreiner, Heinz F. e Livia Maksimovic ci hanno raccontato, dal vivo o attraverso una registrazione, le loro terrribili esperienze, affinché noi si possa tramandare la memoria della catastrofe nazista.

23 gennaio: all’Università Jagellonica di Cracovia, abbiamo partecipato a un dialogo interculturale tra studenti italiani, polacchi, il videcepresidente della commissione europea, Frans Timmermans, e il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi. Dalla discussione è emerso che noi, cittadini di un’Europa unita, dobbiamo conoscere la carte fondamentale dei diritti del nostro continente, che ha come principi fondanti uguaglianza, solidarietà, giustizia, dignità e cittadinanza; ma forse saperli non basta, dobbiamo quindi lottare affinché si diffondano e vengano compresi. Non possiamo accettare che lo spirito europeista venga sovrastato dai crescenti nazionalismi e populismi. Un ritorno al passato e alla perdominanza di regimi dispotici sarebbe un grande regresso, non possiamo permettere che migliai di migranti muoiano nel Mar Mediterraneo, che vengano discriminati e rifiutati. L’Europa deve cercare un’amministrazione comunque non solo in campo economico, ma anche e soprattutto culturale e sociale. L’Europa deve reagire, ricordare e accogliere, e questo lo si può fare acquisendo consapevolezza e memoria di quello che è stato, che, purtroppo al giorno d’oggi, si sta perdendo.

Concludiamo questo nostro reportage del viaggio effettuato con Il Treno della Memoria, con una citazione di Primo Levi, che dopo la liberazione di Auscwitz ha peregrinato per sette paesi europei prima di giungere nuovamente in Italia, “Da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo. Fa’ che il tuo viaggio non sia inutile, che non sia stata inutile la nostra morte”.

Caterina Di Pede 5F

Martina Grossi 4G

Liceo Scientifico Ulisse Dini, Pisai

 

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