A Palazzo Lanfranchi una mostra che lascia il “segno”
“Una storia di segni”, o meglio, una storia che vive sotto il grande segno di Tullio Pericoli, grande ed eclettica personalità artistica marchigiana, è quella raccontata attraverso l’ultima mostra di Palazzo Lanfranchi, a Pisa.
Quando la magia del segno acquafortistico incontra la delicata vibrazione delle campiture d’acquatinta, Tullio Pericoli – classe 1936 e tutt’ora attivo sullo scenario artistico contemporaneo – ha già lasciato traccia di sé su un foglio che adesso sembra capace di grandi narrazioni, sviluppate tra scorci paesaggistici che, come scrive Salvatore Settis, “ci ricordano chi siamo e chi siamo stati, ci invitano a riflettere su chi vogliamo essere”. Ricorrono effettivamente, nell’opera di Pericoli, numerose analogie tra questo tipo di visione e la descrizione fisiognomica di volti tra i più evocativi del XX secolo; penso ai ritratti di Robert Louis Stevenson, Virginia Woolf, Franz Kafka, Italo Calvino, Eugenio Montale, Carlo Emilio Gadda, o ancora Beckett, che meglio di chiunque altro offre al grande acquafortista, l’opportunità di condurre una riflessione sulla profonda vicinanza tra paesaggio e vita vissuta: “La faccia di Beckett mi è apparsa come se affiorasse da un muro, un muro vecchio, muffito, screpolato, a pezzi. Un muro che con le sue macchie come le nuvole del cielo, suggerisce forme all’immagine, combinazioni, pensieri, paesaggi.”
Sono già trascorsi 12 anni dalla prima mostra di Palazzo Lanfranchi su Tullio Pericoli, intitolata “Nature” eppure, come sottolinea il Prof. Alessandro Tosi, direttore scientifico del Museo della Grafica, “Dopo tutto questo tempo, resta intatta la meraviglia, l’incanto e l’entusiasmo per la sua opera”.
È proprio l’entusiasmo a non mancare nella grande produzione artistica di Pericoli che ha, da sempre, messo a servizio della sua sensibilità poetica, strumenti tra i più diversi: dai pennelli e gli acquerelli del primo periodo, alle matite e alle scenografie e ai costumi firmate per l’opera L’Elisir d’Amore di Donizetti, passando per bulino, acquaforte ed acquatinta. È proprio pensando alle due esperienze teatrali – la prima del 1995 per Zurigo e l’ultima del 1998 per il Teatro della Scala di Milano – che Pericoli dà vita ad un’altra serie di acqueforti dedicate al mondo delle rappresentazioni, laddove il limite tra palco e platea fatica a sopravvivere, insieme a quello tra vita circense e produzione teatrale, con una sottigliezza capace soltanto del bulino che percorre la sua lastra. L’acre odore della morsura è già svanito, aprendo le porte di una ritrovata dimensione onirica.
“Per me lo spazio è qualcosa che ha a che fare con una rappresentazione teatrale. Sempre.”
T.Pericoli
Nel curare la mostra di Palazzo Lanfranchi, una nuova attenzione viene posta alla materialità del supporto, il foglio stampato emerge quasi dalle nuove e innovative cornici scelte per l’allestimento, per un effetto a giorno che, puntando sulla tridimensionalità del supporto cartaceo, lo eleva a indiscusso protagonista dell’esposizione, senza limitazioni alla funzione protettiva del vetro.
Un’interessante mostra, di grande raffinatezza e cura del dettaglio, dove i caldi colori dell’autunno sembrano incontrarsi con le febbrili atmosfere primaverili, fissate però nella profonda , decisa ed elegante concretezza del segno acquafortistico di Tullio Pericoli.
Giulia Buscemi
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